2021: la felicità possibile
Il nuovo anno è iniziato in sordina. Ci aspettavamo di scrollarci di dosso con un colpo d’ala i mesi di clausura e di emergenza sanitaria, ma sembra che i conti ancora non tornino, ed è difficile intravvedere la luce in fondo al tunnel. Tutto ciò che abbiamo passato e che ancora stiamo sperimentando è da cancellare, o forse, più o meno consapevolmente, stiamo assistendo ad alcuni grandi cambiamenti nel mondo e in noi stessi? Una parte di noi aspetta solo di ritrovare il proprio abituale stile di vita, di riprendere il tran tran e le sue certezze, ma siamo sicuri che fossero fonte di reale gioia o non piuttosto dei rifugi in cui nascondere la nostra sofferenza più intima e i nostri disagi? Dove si può andare a ricercare una felicità più autentica e come possiamo iniziare a coltivarla fin da ora?
Per rispondere a questi e ad altri questi quesiti ci siamo rivolti a Lucia Giovannini, esperta di psicologia, fondatrice del metodo Tutta un’altra vita e formatrice del metodo Louise Hay per l’Italia, che in trent’anni di esperienza ha messo a punto un metodo per ritrovare la nostra espressione più autentica e vivere una vita piena e realizzata all’insegna della felicità.
In tanti anni di insegnamento lei ha sviluppato varie tecniche per aiutare le persone ad essere più libere, più autentiche, più consapevoli e quindi più felici. Come pensa che questo periodo storico abbia inciso sulle nostre paure e quanto ritiene possano insegnarci l’isolamento, la restrizione dei contatti personali o il fallimento di un progetto lavorativo?
«Credo che la presenza del virus sia un grande amplificatore, nel bene e nel male, di ciò che già eravamo. Il Covid-19 ha intensificato paure e ansie, trasformando pensieri saltuari in ossessioni, ma anche facendo emergere ciò che più di importante c’è nella nostra vita: le relazioni personali e l’ambiente che ci circonda. Le restrizioni conseguenti alla pandemia ci possono insegnare a focalizzarci sulle relazioni davvero importanti e su noi stessi, aiutandoci a rivedere il nostro stile di vita e le nostre priorità. Il fallimento di un progetto lavorativo ci porta a farci nuove domande, a smettere di correre insensatamente e decidere quale direzione vogliamo imboccare, chi vogliamo essere veramente. Anche le paure possono essere emozioni utili, ci insegnano a cercare nuove direzioni, a decidere chi vogliamo essere. Spesso ci portano a voler tenere tutto sotto controllo e a programmare ogni secondo della nostra vita, ma possono essere anche uno stimolo a cercare il nostro vero centro».
Quali sono le pratiche che possiamo mettere in atto per trovare nuove forze, nuovi equilibri e progettare una vita più affine alla nostra essenza, portandoci verso un’autentica felicità interiore?
«Esistono pratiche molto utili, che inserite nella routine delle nostre giornate ci aiutano a ricontattare il centro di noi stessi, aldilà di ogni tempesta. La prima che consiglio è senz’altro la meditazione; su questo tema c’è molta confusione e superficialità, non si tratta di applicare i suoi insegnamenti come sono stati pensati 2000 anni fa, oggi non è pensabile avere a disposizione 2/3 ore al giorno per praticarla, ma bastano anche solo 5 minuti, in assoluta pace, per concentrarci sulla respirazione e osservarla nelle sue fasi per calmarci e ottenere enormi benefici. Un’altra pratica che consiglio vivamente è il diario della gratitudine. Anziché focalizzarci su cosa non va nella nostra vita, focalizziamoci su ciò che c’è di buono; un esercizio semplice è scrivere ogni sera su un quaderno tre cose della giornata di cui siamo grati. Piccole o grandi che siano. Dobbiamo, infine, aggiungere la routine fisica, basta una passeggiata, un po’ di stretching o di yoga, l’importante è far muovere il corpo affinché l’energia psichica non diventi troppo ingombrante e ci faccia perdere l’equilibrio».
Lei è autrice di molti volumi di successo che affrontano i temi essenziali della vita, dai più piccoli a quelli più importanti. Nel suo ultimo libro Il permesso di essere felice , in 12 passi guida il lettore a ritrovare la felicità in ogni cosa nonostante le difficoltà. Può accennare ad alcuni di essi?
«Il primo passo, fondamentale, è diventare consapevoli di noi stessi, dei nostri stati d’animo, delle nostre emozioni e paure. Possiamo farlo con un semplice escamotage, puntare la sveglia del cellulare tre volte al giorno, e ogni volta che suona domandarci “Come mi sento? Cosa sto provando? Di cosa ho bisogno?” Spesso mettiamo in atto reazioni automatiche per assecondare i nostri bisogni interiori, ad esempio mangiando troppo quando in realtà abbiamo fame di gesti d’affetto. Dobbiamo cercare di capire cosa stiamo provando davvero e cosa dobbiamo soddisfare, individuare le nostre reali necessità.
Un secondo passo è sfatare il mito del successo. Come misuriamo la nostra vita, cos’è il successo per noi e quando ci sentiamo gratificati? Cerchiamo di capire quando è il momento di fermarci per assaporare la soddisfazione e i traguardi raggiunti, senza cadere nella trappola del “non è mai abbastanza”. Bisogna inoltre trovare un equilibrio tra l’essere e il fare. Ci sentiamo in colpa se non facciamo abbastanza, ma se viviamo in velocità anziché in profondità, ne va del nostro essere. Comprereste mai un’auto senza freni? Trovare un equilibrio tra il fare e l’essere, non significa non fare più niente, ma riprendere il controllo del tapis roulant su cui ci affanniamo tutto il giorno. Avere successo non è solo lavorare duro, ma anche godersi la vita e ritrovare la nostra tribù. Siamo animali sociali e questo virus rischia di amplificare la paura dell’altro, ma mai come ora è necessario creare gruppi di supporto, siano essi in famiglia, o con i vicini di casa, gli amici o i colleghi, per ritrovare un senso di appartenenza. E poi il potere della gentilezza. È immenso e non costa nulla. Anziché trascorrere ore a fissare il cellulare apriamoci agli altri, siamo disponibili, diamo il nostro contributo, farà stare meglio anche noi. Cerchiamo di essere presenti nel momento e smettiamo di vivere nel passato cercando di dare una risposta a ciò che è andato male, perché ciò continuerà a farci soffrire. E ancora ricerchiamo il coraggio dell’autenticità, la fedeltà a noi stessi, a volte anche attuando scelte non facili: accettiamo la nostra vulnerabilità e optiamo per ciò che è più giusto e doveroso, a costo di non piacere a tutti. Mettendo in pratica queste azioni attiveremo i neurotrasmettitori e gli ormoni responsabili della nostra felicità, come la dopamina, responsabile del desiderio e della motivazione, l’ossitocina, l’ormone dell’amore e dell’empatia, la serotonina, che fa aumentare il buonumore, e le endorfine, che regolano il benessere fisico e la vitalità. Queste “droghe della felicità” ci vengono in aiuto per attraversare i momenti difficili, sono già presenti nel nostro corpo e possiamo modularle secondo le nostre necessità utilizzando una o più delle pratiche di cui ho parlato sopra».
Quale messaggio vuole trasmettere a chi sta affrontando il nuovo anno e vorrebbe dare una svolta concreta al suo modo di stare al mondo?
«Aprirsi alla gioia fino in fondo, il che significa allenarla con ciò che abbiamo di più prezioso, i nostri sensi. Usiamo gli occhi per osservare un tramonto, un fiore o entrare in sintonia con una persona vicina, apriamo le orecchie per godere della musica, del rumore del vento o della pioggia, della melodia degli uccelli. Utilizziamo le papille gustative per imparare ad assaporare ciò che ci tiene in vita e rompere le catene della dipendenza, usiamo il tatto per accarezzare persone e animali, annusiamo la natura e i profumi che nascono nelle nostre case. E ricordiamoci di mantenere questa apertura mentale e spirituale anche quando questo ciclone ci avrà lasciati, presentandoci al mondo rinnovati. Usiamo questo momento per trovare la nostra felicità».
Nathalie Anne Dodd
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