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9 Settembre 2019

Alice Guy Blaché – Be Natural


Alice Guy Blaché. Vi viene in mente qualcosa? No? Non siete gli unici. E che dite di Charlie Chaplin, Buster Keaton, George Méliès, David W. Griffith, Fritz Lang, Alfred Hitchcock, Sergei M. Eisenstein, e, non per ultimi, Stan Laurel and Oliver Hardy, il duo irriverente del muto conosciuto con il nome di Stanlio e Ollio? Probabilmente qualche ricordo comincia a riemergere.



Sono solo alcuni esempi di grandi autori che hanno impresso la prima grande epoca del cinema con i propri lavori. L’immagine ancora non era accompagnata dal sonoro, eseguito fino alla fine degli anni ’20 da un pianista, o, meglio ancora, da un’orchestra.



Eppure il loro contributo è riconosciuto praticamente da tutti, anche da chi non ha avuto modo di approfondire questa fase importante della storia del cinema. Alcuni di essi sono diventati i pionieri di un mondo che proprio in quegli anni si stava strutturando. Da semplice arte diventa anche un’industria, con la nascita dello studio system e dello star system delle prime stelle del cinema. Da pura rappresentazione analogica della realtà, si passerà a una narrazione più complessa che porterà alla creazione dei generi cinematografici (horror, thriller, western, crime, commedia…). Tutto questo nel giro di pochissimi anni dalla presentazione del cinematografo dei fratelli Lumière, e dalla proiezione del primo corto La Sortie de l\'usine Lumière à Lyon.



In quella sala, e soprattutto in quel preciso istante, è presente una giovane donna, Alice Guy. È la segretaria di un altro grande protagonista del cinema, Léon Gaumont. In verità, non da subito. La Gaumont, divenuta una delle case di produzione più popolari in Francia, sino a quel momento si concentra solo sulla creazione di apparecchi fotografici, un altro settore in evoluzione.



Con l’invenzione del cinematografo l’azienda inizia a sviluppare nuovi brevetti, e a produrre nuovi cortometraggi. Su quest’ultimo punto, il merito va tutto ad Alice, che, colpita da quelle prime immagini proiettate dai Lumiere, si convince delle grandi potenzialità di questo nuovo mezzo che diventerà in seguito il cinema. Non è del suo stesso parere Gaumont, come ricorda Alice Guy Blaché in un’intervista trasmessa in televisione e riportata nell’articolo del New York Times. \"Sembra una sciocchezza, un’idea tipica di una ragazza, ma puoi provare se vuoi. A una condizione: che non influisca sul tuo lavoro d\'ufficio\". Al di là del concetto poco rispettoso e stereotipato rivolto ad Alice Guy, verso la fine dell’800 ancora non è chiara la direzione che prenderà il cinema.



Benissimo la macchina da presa, simbolo d’innovazione e di progresso, ma fare il cinema è davvero considerato un valore, o un lavoro, se visto con una prospettiva più ampia? Alice è tra le prime a crederci, come dimostra il suo primo film La Fée aux Choux (The Cabbage Fairy). Di punto in bianco, la favola secondo cui i bambini nascono sotto i cavoli diventa improvvisamente realtà grazie alla magia di una graziosa fata. A influire è stato certamente il suo passato ricco di (dis)avventure, cominciate sin da bambina quando, insieme alla sua famiglia, partì per in Cile. Mentre ripercorreva lo stretto di Magellano, Alice Guy Blaché ricorda di aver immaginato delle bestie e fate presentarsi su dei blocchi di ghiaccio.



La fantasia dunque non le è mai mancata, ma a emergere nel corso degli anni è la sua determinazione e il suo coraggio. Con il tempo, Alice Guy supervisiona centinaia di film per la Gaumont, alcuni dei quali colorati fotogramma per fotogramma, o accompagnati da suoni preregistrati grazie a dei cilindri.



Nel 1907, a seguito del matrimonio con il collega Herbert Blaché, decide di stabilirsi negli Stati Uniti fondando The Solax Company, una casa di produzione situata a Fort Lee, nel New Jersey.


Lo studio ha permesso alla prima regista di sviluppare diversi filoni narrativi (come il western in Two Little Rangers). Non di meno, nei suoi film la regista non ha mai rinunciato di trasmettere un pensiero preciso sul ruolo della donna, ancora privata dei diritti civili e politici ma che nei suoi film viene ritratta attraverso delle figure forti e decise.


I personaggi sono infatti i punti di forza dei suoi racconti, rispecchiando aspetti profondi che avvicinano il pubblico alla storia. “Il successo arriva solo a coloro che danno al pubblico ciò che vuole, oltre a qualcos\'altro. Quel qualcos\'altro è la nostra individualità”. Blaché al The Clipper espone una visione già moderna del cinema, incentrata sulla psicologia dei personaggi.



Ciò che non è riuscita a intercettare è purtroppo il mutamento che porterà le grosse major americane ad avere un monopolio nella distribuzione dei film nelle sale, lasciando ad altre realtà uno spazio marginale. La lenta discesa di Alice Guy Blaché verso gli anni ’20 sarà fatale per la sua carriera cinematografica, e non si riprenderà nemmeno durante il suo ritorno in patria.


La sua rinascita è avvenuta però l’anno scorso, grazie alla presentazione al festival di Cannes del documentario Be Natural: The Untold Story of Alice Guy-Blaché di Pamela B. Green. Attraverso la voce dell’attrice Jodie Foster e le parole di alcuni colleghi di spicco come Evan Rachel Wood, Ben Kingsley, e Geena Davis, il film è un omaggio doveroso alla sua figura e al suo contributo verso questo mestiere. Un mestiere che offre allo spettatore un’esperienza nuova e lontana dalla realtà, ma che allo stesso tempo concede al suo autore uno spazio dove poter esprimersi ed essere se stessi. “Siate naturali” (“Be Natural”). Un consiglio verso i suoi attori ma che, una volta partito il film, si rivolge anche a noi spettatori.


Riccardo Lo Re

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