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Antica Apicoltura Gallurese: la dolcezza del territorio
19 Marzo 2020

Antica Apicoltura Gallurese: la dolcezza del territorio


Il settore agroalimentare sardo non ha davvero confini. Del resto, il clima mite permette a chiunque di realizzare qualunque cosa, dalla produzione vitivinicola a quella casearia, per fare alcuni esempi. E per “chiunque”, non s’intende solo l’essere umano.



In primavera, con il sole battente a scaldare l’intero territorio della Sardegna, anche dei piccoli insetti striati si mettono in moto. Le api sono fondamentali per diversi motivi. Il primo è l’impollinazione dei fiori, un processo che vede proprio loro (insieme ad altri insetti) tra i principali agenti in grado di trasportare il polline. Il secondo è la produzione del miele, una sostanza dolce e viscosa di origine naturale.


È l’unica che non necessita di un intervento umano nella prima fase (a vostro rischio e pericolo). Anche perché il nettare degli dei è buono così com’è. L’uomo agisce in un secondo momento, quando il miele è pronto per essere estratto dai melari, i contenitori nei quali si vengono a formare delle celle esagonali (favi) utili alle api per la formazione di questa sostanza nutriente.



È da questo processo che inizia la storia dell’Antica Apicoltura Gallurese. E comincia in una maniera davvero inconsueta. È il 1981, una data che trasformerà una visita medica nel paese di Berchiddeddu in una occasione produttiva di grande successo. Un dottore (Pietro Paolo Porcu) riceve dal suo paziente (Domenico Bazzu), una famiglia di api. Il Dr. Porcu presta notevole attenzione a questo sciame, e si convince immediatamente del loro grande valore dopo aver osservato la loro incredibile capacità di moltiplicarsi.



Grazie al sostegno e all’amicizia con Antonio Maludrottu, che ha già avuto modo di perfezionare le proprie conoscenze da apicoltore, riesce non solo a mantenere intatto il numero di api, ma anche a incrementare gli alveari presenti. Il periodo non era certo dei migliori, con la varroa, un parassita letale per le api, che ha colpito la Sardegna negli anni che vanno dal 1982 al 1983. 



Da lì in poi, mattone su mattone, l’azienda è cresciuta, instaurando un forte legame con il territorio. Il logo, creato proprio in quegli anni, raffigura la Chiesa di S. Tommaso, costruita attorno al 500-600 e circondata da una natura incontrastata. Una scelta ideale per l’Antica Apicoltura Gallurese, che decide di instaurarsi attorno alle colline di Berchiddeddu. Il terreno accompagna perfettamente questo genere di prodotti, essendo lontano da aree densamente abitate e da industrie che possano influire sulla produzione di un miele pregiato. Anche qui, l’intervento umano è stato minimo e ininfluente, lasciando il grosso del lavoro alle api, libere di svolazzare attorno a un’area che sfrutta un clima temperato e una presenza abituale dei venti.     




Il risultato è vincente, un miele incontaminato che, come la natura, si presenta nelle sue forme più svariate: il Miele Amaro di Corbezzolo, di Lavanda, di Eucaliptus, il Millefiori e, infine, l’abbamele, uno dei prodotti agroalimentari più antichi della Sardegna.




Non poteva andare diversamente, prendendo a prestito la frase in latino riportato nel logo dell’Antica Apicoltura Gallurese. \"Semper prima tene\" (sii sempre primo). Ad affermarlo era il padre di Pietro Paolo, Giuseppe Porcu, medico veterinario che era noto in paese per essere un allevatore di cavalli. Se prendi parte a qualcosa, un evento o una competizione sportiva, conta prima di tutto vincerla, se si vuole essere in qualche modo ricordati. Ed è proprio ciò che è avvenuto nel 2018, con il primo posto al premio Roberto Franci”, assegnato dall’A.S.G.A. durante la Settimana del Miele. Un concorso che vede la partecipazione di aziende nazionali e internazionali, e che ha lo scopo di incentivare una produzione di qualità e un consumo consapevole da parte del pubblico.



Riccardo Lo Re


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