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Gli architetti che hanno modellato il mito della Costa Smeralda
13 Agosto 2022

Gli architetti che hanno modellato il mito della Costa Smeralda


Nomi scolpiti nella storia della Costa Smeralda. Gli architetti fondatori del Comitato furono: Jacques Couëlle, Michele e Giancarlo Busiri Vici, Luigi Vietti, Antonio Simon Mossa e Raymond Martin, cui negli anni si affiancarono altri professionisti. Il Cala di Volpe fu realizzato da Jascques Couëlle e terminato dal figlio Savin. Vietti, esponente del razionalismo architettonico, con il Pitrizza mantenne le sue geometrie ben definite ma instaurando sempre un dialogo con la natura. Una fusione presente anche nell’Hotel Romazzino di Michele Busiri Vici, grazie a uno studio attento dei materiali presenti in Gallura.


Dal primo giorno di inizio costruzione della Costa Smeralda e fino a due anni fa quando è scoppiata la pandemia: Giancarlo Busiri Vici ha trascorso la maggior parte della sua vita - ora di anni ne ha compiuti novanta - in Costa. Conosce ogni angolo, ogni villa, hotel e costruzione, e su ognuno di questi edifici potrebbe narrare aneddoti e progetti. Perché lui, architetto figlio d’arte di Michele Busiri Vici, la Costa Smeralda ha contribuito a crearla. «Conosco quel territorio, l’ho vissuto per anni ed è proprio con il territorio che noi architetti abbiamo dialogato. - afferma Busiri Vici - Questa idea di rispetto dell’ambiente circostante è stata portata avanti negli anni attraverso il Comitato di Architettura della Costa Smeralda di cui sono stato il presidente e attraverso il quale abbiamo applicato la clausola obbligatoria che i progetti di qualsiasi natura dovessero essere vagliati prima che dal Comune di Arzachena e dalla Soprintendenza di Sassari, dal comitato stesso, che talvolta è stato più severo degli altri enti».



Rispetto del territorio, armonia con l’ambiente circostante, salvaguardia del paesaggio e dei suoi scorci mozzafiato: sono le linee guida tracciate dai padri della Costa Smeralda, direttive che continuano a sessant’anni di distanza a essere seguite e rispettate, e che hanno reso Porto Cervo e la Costa Smeralda un unicum. «Eravamo un gruppo di architetti, costruttori e ingegneri, ognuno con la propria cultura e il proprio bagaglio di esperienze personali, - commenta Busiri Vici - che sono riusciti a unirsi, rispettando le proprie individualità, ma mescolandosi perfettamente, per dar vita alla meraviglia della Costa Smeralda». E tra gli artefici della Costa Smeralda c’è Giuseppe Polese. A seguire le sue orme, il figlio Simone, anch’egli architetto e anche lui impegnato, anni dopo, nel contribuire a creare la magia della Costa.


Simone Polese ha seguito le orme di suo padre che dal 1962 si trasferì con moglie e figlio prima a Olbia e poi ad Abbiadori per contribuire a dare alla luce alcune tra le ville e gli hotel più celebri e rinomati, nessuno dei suoi familiari lasciò più l’isola e la Costa Smeralda. «Ho visto la nascita e l’evolversi della Costa Smeralda, - racconta Simone Polese che per anni ha lavorato al fianco del padre nel loro studio - e se c’è una cosa che seguiva con assoluta rigidità, era la volontà di portare avanti uno discorso estetico che si rifacesse alla tradizione dello stazzu. Evolvere la tradizione locale aveva un senso per lui, ma senza mai stravolgerla».



Ed è questa la cifra stilistica, che Polese ha lasciato nei suoi lavori. «Se la Costa Smeralda, ancora adesso, dopo sessant’anni, ha un fascino e un richiamo internazionale, sicuramente è anche merito del suo primo nucleo costruttivo. Il Cala di Volpe, il Pitrizza e il Romazzino sono opere che non hanno tempo». Attraversa le mode e le tendenze costruttive, conservando intatto il suo fascino: la Costa Smeralda per Simone Polese è una casa che non passa mai di moda, ma che ad ogni compleanno acquisisce un allure maggiore.


«Ricordo quando vivevamo nella nostra villa a Pantogia - racconta Simone Polese - La strada era bianca e la sera era facile incontrare il principe Aga Khan che faceva jogging. in pantaloncini e maglietta dell’Ovomaltina! E ricordo mio padre che gli offriva per scherno un passaggio in auto!».



Antonella Brianda


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