Assouline omaggia i sessant’anni del Cala di Volpe
Un mito che ha compiuto sessant’anni senza perdere un grammo del proprio fascino. Destinazione nella destinazione, l’hotel icona di Porto Cervo. Il Cala di Volpe. A ripercorrerne la storia è il libro Cala di Volpe, edito da Assouline New York e presentato al Waterfront del borgo smeraldino. Presenti all’incontro il Ceo di Smeralda Holding, Mario Ferraro, i proprietari di Assouline Luxury Publishing, Martine e Prosper Assouline, gli architetti Bruno Moinard e Claire Bétaille dello studio di architettura 4BI & Associés, Nicky Swallow, l’autrice del libro, Claudia Giagoni, assessore al Turismo del Comune di Arzachena e il giornalista e scrittore Cesare Cunaccia. Il volume di 176 pagine raccoglie oltre 150 foto che ripercorrono la storia dell’Hotel Cala di Volpe. «Siamo entrati in un luogo che fa parte del nostro immaginario e del quale abbiamo ancora molto da scoprire – hanno detto Martine e Prosper Assouline -. La foto di Marisa Berenson, per esempio, nostra amica e autrice, rappresenta il glamour di questo luogo, nel quale noi ci nutriamo della sua bellezza». Poi un aneddoto legato al principe Karim Aga Khan. «Abbiamo inviato il libro al Principe, che ci ha risposto con una lettera – raccontano gli Assouline – un messaggio davvero toccante, scrivendo che questa bellezza ancora immutata ci nutre ogni giorno». La coppia composta da Bruno Moinard e Claire Bétaille ha quindi raccontato la genesi di quest’opera compiuta da due progettisti tra i più eclettici in circolazione. «Negli anni Ottanta ebbi la fortuna di incontrare madame Couëlle, che per me fu quasi un’apparizione, ed ebbi così l’occasione di entrare in questo mondo prima di arrivare qui – ha raccontato Moinard -. Sono entrato nell’Hotel Cala di Volpe come Couëlle entrava a suo tempo, si sdraiava per terra per captare le onde telluriche e noi abbiamo fatto lo stesso, cogliendo l’intensità del luogo. Noi abbiamo cercato di assecondare la dolcezza della costruzione nella compenetrazione tra esterno e interno, risvegliando e mettendo in luce il Cala di Volpe, con quell’approccio morbido che era una delle caratteristiche dell’opera di Jacques Couëlle».
Giandomenico Mele