Cosa metti nel tuo piatto?
È l’atto prioritario e più istintivo della nostra vita, quello che combina esigenze primarie e valenze simboliche. Da quell’atto ancestrale di nutrirsi col latte del seno materno fino alle sofisticazioni più ardite dei cibi contemporanei, il lungo cammino del cibo è stata denso di innovazioni, sperimentazioni e frodi.
La più elementare delle nostre necessità sembra essersi persa nei meandri delle sterminate offerte di alimenti provenienti da ogni parte del mondo e contenenti un interminabile elenco di sostanze e additivi che spesso interferiscono con la nostra salute. Oggi i cibi che portiamo sulle nostre tavole sono spesso di origine misteriosa e la loro composizione è difficile da decifrare.
Oltre un terzo della superficie della terra è dedicata all’agricoltura che produce circa il 30% delle emissioni globali di gas serra, preleva circa il 70% delle risorse idriche e incide all’80% sulla desertificazione del Pianeta. Le organizzazioni internazionali da tempo attuano politiche alimentari su larga scala, ma c’è ancora tanto da fare, soprattutto in termini di informazione, in una società schizofrenica che da un lato vede crescere a dismisura le patologie legate all’alimentazione e dall’altro non riesce a sfamare una grande porzione degli abitanti del Terzo mondo (secondo i dati del World Food Programme sono 795 milioni di persone).
I disturbi alimentari sono diventati le nuove malattie del secolo, si è innalzato esponenzialmente il numero di persone obese nel mondo, e aumentano le persone affette da disturbi come bulimia e anoressia. Al di là di ciò che possono (e vogliono) fare le politiche ambientali dei singoli paesi, anche noi possiamo sviluppare un’attenzione maggiore alla qualità dei cibi che portiamo sulle nostre tavole e al loro impatto sulla nostra salute, adottando norme di comportamento semplici, intelligenti e sostenibili.
Il rispetto per le tradizioni alimentari del proprio Paese è importante non solo da un punto di vista culturale, ma anche per individuare stili di vita alimentari corretti e attenti alla sostenibilità.
La scelta di un cibo parte innanzitutto dalle nostre preferenze in termini di gusto o dalle indicazioni dietetiche collegate a patologie o disturbi. In entrambi i casi preferire un’alimentazione variata sembra essere un’arma vincente, e i vegetali si collocano al primo posto come fonte di vitamine, oligoelementi e nutrienti. Ma è essenziale che frutta e ortaggi siano coltivati in modo più naturale possibile, provengano da produttori vicini al luogo dove si vive (il cosiddetto chilometro zero), e che subiscano pochi processi di lavorazione, oltre a una controllata o assente presenza di pesticidi e sostanze chimiche. Gli orti urbani sono un fenomeno in crescita che sta riscuotendo un nuovo e interessante successo.
Per quanto riguarda i prodotti di origine animale, è opportuno privilegiare quelli che provengono da allevamenti a terra e non intensivi, che la pesca sia effettuata con metodi sostenibili, e che le condizioni di vita e di salute degli animali siano rispettati. Se acquistiamo alimenti principalmente nei negozi o nei supermercati è molto importante prestare attenzione alle etichette, in modo da verificare cosa metteremo nel nostri piatti e cosa introdurremo nel nostro corpo. I cibi dovrebbero essere più semplici possibili e contenere pochi o nessun conservante o additivo; è auspicabile che siano freschi e lontani dalla data di scadenza – la filiera di distribuzione è spesso lunga, un’arancia acquistata dalla grande produzione può essere in giro da settimane – e altrettanto importante è che acquistiamo le quantità che siamo certi di consumare, sia per evitare sprechi sia perché un alimento lasciato in frigorifero per lungo tempo perderà buona parte dei suoi principi nutrizionali. Un’attenzione particolare va prestata alla cottura, che dovrebbe essere quanto più rapida possibile, anche per non disperdere le vitamine e i nutrienti, privilegiando cibi di stagione e locali che non essendo stati forzati alla maturazione mantengono più a lungo la loro freschezza.
Nell’ambito di un’attenzione generale al problema dello spreco alimentare e all’allarmante sovraproduzione di rifiuti, anche gli imballaggi salgono sul banco degli imputati.
Possiamo fare la nostra parte acquistando alimenti sfusi da riporre in contenitori o shopper bag riutilizzabili più volte, in materiali biodegradabili come stoffa, carta o cartone. E non dimentichiamoci delle acque minerali contenute in bottiglie di plastica, che spesso rimangono esposte al sole e ad altri agenti tossici.
Per concludere, la dieta mediterranea, di cui siamo orgogliosi ambasciatori, si rivela ancora oggi, nel mare magnum di regimi dietetici spericolati, essere la migliore e più equilibrata per il nostro organismo. In cima alla piramide alimentare si trovano ortaggi e frutta, da consumare in modo variato, a seconda della disponibilità stagionale, nella misura di almeno 5 porzioni al giorno (variate i colori, varierete i nutrienti). Non dovrebbero poi mancare pasta e cereali integrali (farro, miglio, riso, segale, orzo, avena, kamut, ecc.), e i legumi (fagioli, ceci, lenticchie, piselli, soia, fave, ecc.) per il loro apporto di fibre; tra l’altro sono un’ottima fonte di proteine alternative alla carne e al pesce. Fra questi ultimi diamo la preferenza a carni bianche e pesci azzurri, da alternare nell’arco della settimana. Principe dei condimenti è l’insuperabile olio extravergine d’oliva, orgoglio italiano, la cui composizione però va verificata attentamente viste le frodi alimentari di cui spesso è protagonista. È preferibile un olio di provenienza nazionale e non miscele di oli europei, così come è importante verificare i marchi di formaggi formaggi e latte di cui il nostro Paese è ricco.
L’atto più ripetitivo, più elementare e più gioioso della nostra giornata può essere anche un atto di responsabilità se prevede cibo sano e naturale, dal basso impatto ambientale (in termini di suolo e risorse idriche impiegate) e con basse emissioni di carbonio e azoto. La conservazione della biodiversità e degli ecosistemi, l’accessibilità al cibo per tutte le popolazioni dipendono anche da noi, non dimentichiamocelo…
Nathalie Anne DoddCredits
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