Diva Perversa di Biagio Arixi
La carriera di Biagio Arixi è una saga dell’emozione ma, a renderlo amato in un modo pop e insieme straordinariamente di nicchia, è quel suo potere di sondare il pianeta donna. Ha scelto la Costa Smeralda per il finale dell’ultimo libro di questo straordinario conoscitore dell’animo femminile. Il titolo, Diva perversa, è la sintesi di una scrittura che esplode autonomamente per andare in tutte le direzioni in cui può andare un femminile ancestrale. Sembra essere la protagonista a servirsi dell’autore per una storia vera di erotismo che sa raccontare risarcimenti e logiche di mille altre storie intrecciate in quello oggi si trova a deflagrare nel movimento #MeToo. E nelle sue controverse precisazioni.
I romanzi di Arixi
Biagio Arixi, prima del suo ultimo libro, si era già addentrato da fine alchimista nelle stratificazioni dell’universo onirico del desiderio, attingendo dalla Sardegna tradizione, maleficio e tutto il soprannaturale che appare in Strega plebea e Strega borghese, i suoi due romanzi in cui la carnalità, avvinghiata alla stregoneria, crea una narrazione inquieta, credibile e stupefacente. Così come nella trilogia scarlatta, Figlio di Vescovo, Peccati scarlatti e Il riflesso gli scottanti temi della trama sono un’anticipazione temporale del clamore che la cronaca poi porterà in luce. Biagio Arixi cavalca una preveggenza, sui gravi fatti commessi da alcuni membri della chiesa, con la stessa levità con cui racconta Il mago innamorato, la fortunata fiaba del secolo scorso ancora oggi di sorprendente attualità.
Il senior della letteratura, che oggi vanta 35 opere al suo attivo, col prestigio di essere sancito come poeta da Dario Bellezza, che lo definisce il nuovo Sandro Penna, entra nel favore di una comunità letteraria che la critica severa tende a rendere un ristretto, inaccessibile circolo. Sarà proprio Sandra Milo ad innamorarsi della sua prima fiaba che Arixi dedica al rampollo della famiglia reale che fatica a rientrare in Italia, mentre le avanguardie editoriali gli daranno credito pubblicando sia poesie che favole che la sua trilogia sul clero, in seguito definita Del sangue.
Il successo del libro Diva Perversa
Raggiungendo vette di vendita, ristampato e tradotto in molte lingue, il suo lavoro sarà sostenuto da grandi come Alberto Moravia, Alberto Bevilacqua e Maria Luisa Spaziani. Un autore difficile da inquadrare: l’uomo e il poeta coincidono in una scrittura che appare ambizione incredibilmente sperimentale. Come se da una parte la cifra fosse marchiata col sangue e dall’altra da una straordinaria indulgenza che gli permette di entrare a far luce sempre su quello che si rivela il nervo scoperto della società contemporanea. Centro esatto in cui, letteralmente, osa immergersi come fa in questo libro entrando nelle profondità più oscure dell’essere, di una donna, sempre doppia; una femmina che qui è diva e principessa ma altrove è madre e figlia e, insieme a se stessa, è sempre un’infinità ambivalente di ruoli. Specchi imperdibili nella struttura articolata della protagonista del romanzo, rimandano il complesso e avvincente esercizio di un’indagine che porta a un finale scioccante. E ancora una volta tutto il clamore intorno al suo lavoro conferma in Biagio Arixi un singolare distacco dal successo che per lui, dichiara, non è altro che “quel che succede”.
Le parole dell\'autore
«Sono sorpreso esattamente come lo ero a 30 anni dal pubblico che mi sa appartenere con così tanta grazia e affetto: è un dono incredibile. - dice Arixi - Quel che so è di aver scritto un libro inattaccabile dal punto di vista della storia, i personaggi arabi della Costa Smeralda sono riconducibili e perfetti nella loro sontuosità. Del resto, quello è un mondo che conosco bene perché mi ha cullato negli anni migliori della mia giovinezza, quando con Gil Cagné gestivamo l’iconico locale Il Covo».
Inutile negare l’incanto di un’amicizia come quella con il make-up artist che, negli anni Settanta, aveva strappato le sopracciglia a Mina, personaggio in grado di dettare una moda intorno a un’onda di pensiero, nella Roma della Dolce vita. Gli intellettuali e il jet set adoravano Gil e Biagio facendo a gara per appartenere a quel loro sguardo, dove gravitava Rocco Barocco e Andy Warhol, in cui la mediocrità veniva contrastata da una poesia altamente modernista. Gill e Biagio, al centro di un’energia carismatica che attraeva consensi trasversali, vivevano la loro amicizia sodale in un’Italia che non esiste più e che potrebbe benissimo non essere mai esistita se non ne rimanessero, schiaccianti e patinate, le prove negli archivi.
Anna Maria Turra