Fiabe e leggende sarde
Come si racconta, a chi la guarda da fuori senza averla mai conosciuta, una terra remota e misteriosa come la Sardegna?
Nel caso di Grazia Deledda e dei suoi racconti, riuniti nel libro Fiabe e leggende sarde pubblicato da Indibooks, si tratta di intessere sapientemente un ricco arazzo fatto delle trame più diverse e affascinanti.
Si tratta di una raccolta di storie della tradizione sarda che la scrittrice pubblicò in diversi periodi della sua vita e per diverse redazioni. La prima parte di questi racconti fu pubblicata nel 1894 sulla rivista romana Natura ed Arte, mentre le tre leggende successive furono prodotte rispettivamente per Roma Letteraria, Rivista ligure e per la casa editrice Sandron, a Palermo.
Vengono poi inseriti degli estratti dai suoi due libri più celebri, Canne al vento e Cosima quasi Grazia, dove la Deledda racconta tre fiabe in cui la presenza della religione e quella del mito si intrecciano in perfetto equilibrio. Chiudono la raccolta altri tre racconti che ci portano nel mondo delle domus de Janas (ovvero le case delle fate), tra i boschi ai piedi delle montagne, dove al calare del sole gli spiriti irrequieti si animano insieme ai giganti e i folletti e infine presso un villaggio sconosciuto, dove una serva seduta davanti al fuoco racconta ad una bambina la storia di un muflone magico.
Una breve presentazione della stessa Deledda ci introduce da subito al mondo dei cosiddetti contos di fuchile, i racconti comunemente narrati intorno al fuoco in presenza di amici e familiari alla fine del giorno.
Si tratta di una delicata descrizione che l’autrice fa della sua amata terra mentre parla delle sue leggende, che prende il lettore per mano e lo accompagna per quei boschi e quelle valli ricche di fate e giganti, per i tanti castelli in rovina dove, si dice, ancora dimorino spiriti inquieti ma non sempre maligni. Perfino quando mette in guardia dal diavolo che si annida sui monti e crea discordia tra le famiglie dei pastori, la Deledda descrive i luoghi dove dimora il male non infondendo paura e sgomento ma piuttosto un timore reverenziale.
Per lei questa è la Sardegna, una terra di spiriti maligni e benigni, di persone semplici e sempre umane in cui tutto è sempre stato così dall’inizio dei tempi, in un perfetto equilibrio tra il mortale e il soprannaturale.
Quando inizia a raccontare, la Deledda si presenta da subito come una rispettosa ricercatrice il cui desiderio è di riportare nei suoi scritti le storie e le leggende del folklore sardo.
Ogni racconto che imprimerà con la penna sarà frutto di un dialogo avuto con la vecchia di un paese tra le montagne della Barbagia, oppure sarà tratto da altri racconti frutto di una tradizione orale ben più ampia e altrettanto antica.
I suoi racconti da focolare non hanno la pretesa di essere minuziosamente accurati, particolarmente lunghi o collocati precisamente nel tempo, tuttavia molti di questi ci portano nei paesi dell’entroterra sardo alla scoperta dell’origine di numerose chiese e castelli locali, tra le case delle Janas, le fate che abitano i monti dell’isola o, ancora, nelle foreste dove il diavolo aspetta che i mortali gli chiedano favori in cambio della loro anima.
Tra le mani della Deledda un paesaggio che ricorda quasi quello delle leggende irlandesi prende vita per spiegare anche gli avvenimenti che fanno parte della realtà. Scopriamo così che ad Aggius, in Gallura, il diavolo si annida fra le montagne ed è lui che dissemina la disamistade (ovvero la discordia) tra le famiglie del paese spingendole a degli scontri violenti. Ecco poi quel familiare concetto del tesoro nascosto conosciuto in tutta la Sardegna e che vorrebbe il territorio dell’isola disseminato di ricchi forzieri sotterrati al riparo da occhi indiscreti, come quello nei sotterranei del castello di Galtellì o Pontes, dove il fantasma del suo barone è ancora oggi visibile mentre passeggia benevolmente sulle mura.
Infine, l’elemento religioso che non manca mai nei racconti della Deledda, inserito quasi con dolcezza dalla scrittrice per dimostrare che il popolo sardo non ha abbandonato la religione cristiana in favore di miti e leggende ma che piuttosto ha imparato, nel tempo, a inglobare nella tradizione entrambi i mondi e a rispettarli.
Benedetta Piras