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15 Novembre 2019

Francesco Casula e il malgoverno dei Savoia


Francesco Casula, storico e professore, sostiene da tempo che i Savoia con la loro politica abbiano impresso una direzione che ha condizionato negativamente la storia della Sardegna e propone una riflessione che crea un movimento di pensiero per cambiare i nomi delle vie delle piazze a loro dedicate. Nel suo libro Carlo Felice e i tiranni sabaudi, documenta in modo rigoroso la politica dei Savoia, sia come sovrani del regno di Sardegna, dal 1726 al 1861, sia come re d’Italia in carica dal 1861 al 1946.



Il libro vuole essere uno strumento di informazione nelle mani di tutti ma le numerose richieste di presentazione provenienti dalle comunità sarde, da pro loco e scuole superiori, da parroci e pubbliche amministrazioni, dimostrano che l’interesse è, oltre che trasversale, prevalentemente femminile e di molti giovani. Il professore si accorge che, dalle domande e dalle obiezioni del pubblico, vi è una diffusa volontà di esortare la decisione di rivedere la toponomastica ancora abbondantemente popolata dai Savoia i quali campeggiano, omaggiati in statue, piazze e vie a dispetto delle loro malefatte e persino delle infamie da loro commesse. Una per tutte: le leggi razziali.



Il volume, rivolto in modo specifico agli studenti, ha un carattere divulgativo per fare conoscere una storia o, come ama definirla il professor Casula, una contro storia poco conosciuta, una versione dei fatti secondo lui carente, a tratti assente se non addirittura mistificata dalla storiografia ufficiale. Basti pensare al Risorgimento e all’Unità d’Italia che vengono presentati come espressione delle magnifiche e progressive sorti nazionali. Mentre vengono dimenticati i drammi e le tragedie che hanno fortemente caratterizzato questi anni, un esempio ne è la creazione della Questione Meridionale ancora oggi più che mai scottante.
Per quanto riguarda nel dettaglio la Sardegna, la presenza dei sovrani sabaudi, secondo il professore, con le loro funeste scelte in campo economico, politico, culturale, ritardò lo sviluppo di quasi cinquant\'anni con conseguenze non ancora compiutamente pagate. E a condividere questo convincimento è anche lo storico Girolamo Sotgiu, uno tra i più grandi conoscitori della Sardegna sabauda.
Storici, scrittori e intellettuali, di cui si riportano nel testo valutazioni e giudizi nei confronti dei re sabaudi, spesso sono filomonarchici e filosabaudi, come per esempio Pietro Martini. Dunque, non solo loro avversari, come Mazzini o Giovanni Maria Angioy, eppure tutti convergono in un severissimo giudizio. In particolare, convengono sulla qualità discutibile del regnante Carlo Felice sostenendo che fu certamente il peggiore fra i sovrani sabaudi. Egli infatti da viceré, come da re, fu crudele, feroce e sanguinario, per dirla in lingua sarda incainadu, famelico, gaudente e ottuso cioè tostorrudu. E ancora fu, secondo le definizioni dello storico sardo Raimondo Carta Raspi, più ottuso e reazionario d’ogni altro principe, oltre che uomo dappoco, parassita, gretto come la cifra della sua amministrazione.



Questo brano è tratto da Buongiorno Sardegna: da dove veniamo, per la collana del 2013 dell’Unione Sarda, La Biblioteca dell’Identità e dà uno spaccato intenso della realtà del tempo.



“Partito il re e lasciata l\'Isola nelle mani del viceré Carlo Felice, i feudatari continuarono imperterriti a dissanguare i vassalli con l’esosità delle loro gabelle mentre il viceré oziava nella sua villa di Orri, gaudentemente intrattenuto dai cortigiani locali e d\'importazione, in conflitto permanente con tutto ciò che poteva affaticarlo non solo fisicamente ma anche intellettualmente, essendo uomo di scarsa cultura che rifuggiva dagli esercizi mentali troppo impegnativi. Il bilancio dello Stato era disastroso ma non quello suo personale, ovviamente, così che poteva permettersi di ostentare elargizioni in beneficenza con ciò che aveva riservato per sé. Fu, il suo, il governo poliziesco, sostenuto efficacemente da quelle anime nere dei feudatari, a formare un sistema di potere dispotico e predatore in danno della popolazione locale, la cui autorità si manifestava delle forche erette per impiccare i trasgressori delle sue leggi, lì imposte con la forza. 



E quegli ingenui abitanti di quello sfortunato luogo innalzarono invece per lui non una forca ma una statua, in una bella città capoluogo.”



La penna è quella di Giuseppi Dei Nur, pseudonimo che cela un rigoroso saggista e un efficace narratore; il professor Francesco Casula giura di non aver niente a che vedere con lui intanto che, sorridendo, conta la centoventicinquesima presentazione di novembre a Carbonia della sua ultima fatica e insiste col precisare: «A partire dalla scuola, la storia della Sardegna è stata interrata se non addirittura mistificata. Dobbiamo iniziare a raccontare la verità, dire quello che è stato il dominio dei Savoia e, come sostiene Vincenzo Pillai, se c’è un atto sovversivo è proprio questo: raccontare una nuova e più veritiera versione della storia. Non che gli altri sovrani fossero teneri, ma i Savoia furono i peggiori in assoluto, basti pensare che prenderanno possesso della Sardegna nel 1720 ma non si faranno mai vedere per poi comparire, Carlo Felice e il fratello da viceré, solo quando Napoleone li estrometterà dal Piemonte in esilio: staranno sull’isola, due corpi a peso morto, parassiti a carico della popolazione sarda e non si faranno scrupolo di applicare nuove gabelle. Senza alcun pudore infatti infliggeranno ai sardi nuove tasse e solo per poter permettere alla regina di acquisire nuovi gioielli, chiariamo alle giovani generazioni questa verità storica.»



Francesco Casula è inoltre autore di una collana che si chiama Uomini e donne illustri le contro storie, in cui si delineano personalità famose della Sardegna: Grazia Deledda che è dell’area nuorese viene tratteggiata nella variante logudorese o Sigismondo Arquer, una sorta di Giordano Bruno, considerato eretico dall’inquisizione, il cui reato maggiore fu quello di rivendicare la libertà di pensiero e di coscienza e che fu poi bruciato martire a Toledo, siccome è nato a Cagliari viene descritto nella variante campidanese.


La collana poi riversa tutte le monografie in un unico volume già pubblicato che le raccoglie tutte.



La ferocia dei Savoia viene documentata e descritta con numerosi particolari. Esercitarono una violentissima repressione di tipo militare, venivano impiccati i nemici, cioè i filoangioini che organizzavano le sommosse, il corpo veniva sezionato in quattro parti poi bruciato spargendo le ceneri al vento perché non rimanesse niente. Le teste venivano messe in una gabbia di ferro ed esposte alle porte della città perché fossero da monito a tutta la popolazione. Il regno viene loro regalato dalle potenze vincitrici nella guerra di secessione spagnola mentre i Savoia, invece di essere riconoscenti poiché essendo duchi non avrebbero mai avuto diritto a regnare, ciecamente praticarono efferatezze inaudite.
Tutto questo viene dettagliato nel libro che conta 7mila copie vendute e una ristampa prevista dalla Casa editrice Grafica del Parteolla. Cura la prefazione Giuseppe Melis Giordano docente marketing all’università di Cagliari.
Il professor Casula sostiene: «Hanno fatto cose buone come la strada 131, che Carlo Felice ha dedicato a se stesso ma in realtà l’idea è del fratello Vittorio Emanuele I, ed è pagata con il sangue dei sardi.» Esortando i suoi studenti a guardare la foresta, non il singolo albero.


Anna Maria Turra

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