Gavino Gabriel: cronaca di una registrazione sonora dei canti popolari
Uno tra i più brillanti etnomusicologi e compositori italiani. Nel corso di una carriera brillante fu il pioniere tra gli etnomusicologi e fu il direttore della Discoteca di Stato, molta della sua vita si svolse in Eritrea.
Nativo di Tempio Pausania nel 1881 da Salvatore e Narcisa Piccoi, laurea in lettere nel 1905 a Pisa, nel 1906 resterà a Firenze fino al 1910 collaborando alla Voce di G. Prezzolini con lo pseudonimo A.B. Salu che in dialetto gallurese significa \"indovinalo\". Poi, nella collana \"Scrittori nostri\" diretta da G. Papini, cura l\'edizione per Carabba, de “I ragguagli di Parnaso” di T. Boccalini. Presentato dal compositore, musicologo e critico musicale Ildebrando Pizzetti, da D\'Annunzio soprannominato \"Ildebrando da Parma\", scrive varie opere strumentali, pubblica sulla Rivista musicale italiana il suo primo lavoro di carattere etnomusicologico, “Canti e cantadori della Gallura”.
È l’intellettuale innamorato delle tradizioni musicali e del folklore, studioso di musica gallurese e sarda e autore di numerosi saggi. A lui si devono le prime incisioni su 78 giri di musica popolare tra il 1922 e il 1929.
Dopo la Grande Guerra firma la nota produzione \"I canti di Gallura, dell\'Anglona, del Marghine e della Barbagia”, un manifesto della tradizione sarda. Nel 1932, nominato direttore della Discoteca di Stato, si prodiga nella ricerca e catalogazione di canti dialettali di tutte le regioni. Nel 1936 si trasferirà in Eritrea dove continua lo studio e, nel ruolo di bibliotecario, mostra uno straordinario interesse per la cultura locale. Tornerà in Italia nel ‘54 pubblicando \"Voci e canne d\'armonia in Sardegna” seguito dal volume \"La Sardegna di sempre” del 1971 che riporta un\'affettuosa prefazione di G. Prezzolini.
Nel 1921 presenta al teatro Quirino di Roma, con vastissima eco di stampa, il gruppo vocale “I cinque tasgiadori di Aggius”. Sono cinque cantori, risale a questo periodo l\'amicizia con Gabriele D\'Annunzio, testimoniata da una fitta corrispondenza andata sfortunatamente perduta. Il D\'Annunzio, con ogni probabilità ospitò Gavino Gabriel al Vittoriale, con l\'intento di preparare una collaborazione sui canti di Sardegna da cui avrebbe dovuto nascere un libro.
Ma è l’opera lirica \"La Jura” a sancire abilità nella composizione pari o forse superiori a quelle del ricercatore: il suo esordio nel 1928 con l’opera poi messa in scena al Politeama Regina Margherita di Cagliari, fu trionfo indiscusso. Eppure la sua partitura d\'orchestra de La Jura, nonostante il successo, non fu mai pubblicata.
Scrisse i versi per l’aria da camera \"È l\' april che torna a me” e per \"L\' inno del decennale”, entrambi pubblicati nel 1932. Gavino Gabriel manifesta vitalità ed energia anche in età molto avanzata morendo a Roma, quasi centenario, nel 1980.
Sebbene gli ultimi anni della sua permanenza in Eritrea lo videro ancora appassionato promotore di molteplici attività culturali, con esecuzioni composizioni musicali tipo quartetti per archi, composizioni per pianoforte e romanze per canto e pianoforte, l’idea di tornare in Italia non lo abbandona e nel 1953 riprende l\'attività saggistica e divulgativa in patria, promuovendo, per incarico del ministero della Pubblica Istruzione, una raccolta di documenti etnografici italiani inauguratasi proprio con la sua pubblicazione sui canti popolari del ‘54. Poi, nel 1957, ricevuto l\'incarico dalla direzione del conservatorio di Cagliari di stilare un programma per l\'istituzione di una cattedra di etnofonia musicale sarda, affidatagli per meriti nonostante i limiti di età, nel 61 accoglie un ulteriore incarico del ministero della Pubblica Istruzione e produce il suo “Corso di educazione musicale in disco”, supporto didattico che verrà adottato nelle scuole medie obbligatorie.
È stato uno dei più intraprendenti pionieri della scienza etnomusicologica in Italia, dedito alla necessità di un\'indagine diretta, ed è certamente tra gli autori dei più moderni sistemi di ricerca. Ha sostenuto con determinazione la registrazione sonora dei canti popolari, intesa come problema metodologico e non puramente tecnico, a lui si devono gli unici tentativi concreti dinanzi alla paralizzante incertezza metodologica dei primi studi sul folklore musicale. Alcune tra le sue composizioni musicali inedite sono attualmente conservate presso gli eredi: “Fantasie musicali dai canti sardi” una raccolta di sette romanze per canto e pianoforte, “Rapsodia gallurese” per pianoforte a quattro mani e i quattro quartetti per archi: “Cagliari”, “Ricercare a quattro”, “Chimera” e “Gallura”.
Anna Maria Turra