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La parola a Giacomo Cao, presidente del Dass
15 Luglio 2020

La parola a Giacomo Cao, presidente del Dass


A parlare è Giacomo Cao presidente del Dass, Distretto aerospaziale della Sardegna, dal 98 si occupa di studi di materiali in assenza di gravità per progetti dell’Esa «del resto è più facile sfruttare le risorse marziane piuttosto che quelle lunari, su Marte c’è un’atmosfera che per il 96% è fatta di anidride carbonica il che fornisce discreti margini di azione. Mentre la Luna, satellite terrestre, non possiede atmosfera propria».


Il Distretto ha l’obiettivo di attrarre risorse e ad oggi siamo a ben 58 milioni di euro, quasi il 60% proviene da finanziamenti privati e il restante dalle istituzioni: 11milioni dalla Regione e 13 dal Ministero dello sviluppo economico.



L’importanza dell’aerospazio in Sardegna è nodale, dal 2013 fino ad oggi la strategia tra distretto e ministero della difesa declina in linguaggi concreti il miraggio dei voli suborbitali, mettendo a sistema uno spazioporto in cui si utilizzano infrastrutture militari per scopi civili. I test previsti quest’anno in America potranno aver luogo in Italia l’anno prossimo. In un’economia che si basa su infrastrutture come il radio telescopio di San Basilio, uno dei maggiori d’Europa, i due aeroporti minori civili di Fenosu e Tortolì, l’aerosuperficie dell’associazione Aliquirra, l\'Aeroporto di Decimomannu-Villasor e il Poligono interforze di Salto di Quirra, l’elemento di rilevanza è il patrimonio tecnologico fruibile in un sistema paese quando la ricerca di tipo civile può contare su infrastrutture militari con apporti di altissimo livello tecnologico.



«Luglio prossimo sembra restare per gli americani il termine fisso per la missione programmata su Marte - dichiara Giacomo Cao - mentre il programma europeo Exomars, previsto per quest’anno, ha avuto uno slittamento di due anni, in quanto vi è un allineamento dei pianeti favorevole al lungo viaggio, che si verifica con scadenza biennale».



Ma il 17 febbraio è stato presentato a Napoli un progetto tutto italiano per andare su Marte nel 2027. Il progetto SMS, Small Mission to Mars, di cui Giacomo Cao è responsabile scientifico, è di grande rilevanza per il nostro paese perché costa un quarto rispetto al programma europeo Exomars. L’Italia sarà in grado di realizzare interamente l’impresa con un suo lanciatore, il razzo vettore Vega, prodotto da Avio Spa.


Protocolli e statuto del distretto parlano di crescita dell’aerospazio e della volontà di costruire insieme percorsi, di rendere sinergiche le competenze e prendono in considerazione performance nel mercato mondiale.



Qui non si escludono corsi abilitanti all’utilizzo di velivoli senza pilota, oggi il mondo dei droni informa di importanti applicazioni già in essere non solo riferite allo sviluppo. Da tempo si provvede a monitorare impianti produttivi dove la presenza dell’uomo è interdetta sia da un punto di vista strettamente logistico che da quello fisico-atmosferico. I progetti riguardano la protezione ambientale e civile, l’agricoltura di precisione con informazioni satellitari e la piattaforma italiana di test per aerei a pilotaggio remoto. Riduttivo parlare solo di droni per un distretto il cui socio Avio Spa è impegnato nella realizzazione della piattaforma di test per motori a propellente liquido e solido dei mezzi che ci porteranno lontano: i lanciatori.



Già nel 2010 con la Corem, azienda sarda a responsabilità limitata di costruzioni meccaniche, si è costruito, su commessa e su supervisione del gruppo coordinato dal professor Cao, un’apparecchiatura che aggiunge tecnologia a progetti di sopravvivenza nello spazio. Tecnicamente si tratta di sviluppare applicazioni che prendano in considerazione le fasi, tra il breve e il lungo termine, per l’individuazione di nuove sostanze da sfruttare sul pianeta, il satellite o addirittura l’asteroide su cui si approda. Del resto molte delle scoperte del nostro quotidiano, dai tessuti ignifughi alle termografie a colori, nascono storicamente in ambito aerospaziale. Elon Musk e la sua azienda Space X, che ha costruito lo Shuttle, teorizzava che potrebbe esser necessario per la specie umana dover sopravvivere nello spazio. Non precisava se Luna o Marte ma sosteneva, e in tempi lontanissimi da ogni sospetto, che per importanti motivi, come un disastro nucleare o un’epidemia, si sarebbe potuta realizzare la condizione potenzialmente distruttiva dell’umanità. Dello stesso avviso è Giacomo Cao che teorizza che da qualche parte debba esserci la possibilità di continuare la specie umana «Non è poi così futuribile, - dice Giacomo Cao - l’uomo lavora da tempo per porre in essere tutte quelle operazioni di largo respiro che garantiscano un avamposto per la sua sopravvivenza».



Chiarito questo le esplorazioni dello spazio si arricchiscono dei programmi di Russia, Cina e India, ogni presidente degli Stati Uniti una volta eletto punta a suo modo agli obiettivi scanditi dai finanziamenti Nasa, Obama dalla Casa Bianca punterà a Marte nel 2030, i cinesi non si fanno intimorire e immediatamente ipotizzano una sonda robotica per le esplorazioni su Marte ma più cautamente indicano il 2040-2060 per l’esplorazione umana del pianeta rosso. L’agenzia spaziale europea Esa, che lavora con i fondi di tutti gli stati, insieme alla Nasa si prefigge di creare sonde automatiche per l’esplorazione di Giove tra il 2015 e il 2025.


Indipendentemente dalle scadenze che si pongono le diverse agenzie planetarie, gli obiettivi per una missione umana su un altro suolo spaziale, sono sempre gli stessi: tecnologia per trasportare gli astronauti, processi per farli sopravvivere e il reperimento obbligatorio delle risorse nel luogo raggiunto. Non si può prescindere dalla possibilità di sfruttare le materie del corpo celeste che si vuole colonizzare. Si sviluppano così tutte quelle tecnologie per estrarre ossigeno, acqua e azoto; l’altro paradigma è certamente quello minimizzare i materiali da portare dalla terra. In tutto il mondo è proprio questo a determinare il costo di ogni impresa spaziale. Ed è così che per questa sfida viene depositata una domanda di brevetto nel 2011 che fa seguito ad un altro depositato nel 2010. Invenzioni realistiche e comprovate, ora di proprietà integrale del Dass, a cui hanno partecipato Università di Cagliari, Agenzia Spaziale Italiana e CRS4, il Centro di ricerca, sviluppo e studi superiori in Sardegna, che intendono sfruttare il suolo lunare o marziano.



«Se siamo sulla luna il suolo deve essere arricchito con ilmenite ossia ossido misto di ferro e titanio, presente sulla luna al 15% e occorre portarlo oltre al 60. - precisa Cao - Mentre se siamo su Marte occorre arricchire il suolo in ematite cioè in ossido di ferro». Tutto questo si testa su dei terreni lunari o marziani così detti simulanti, polveri prodotte ad un livello di ingegneria industriale che rispetta la composizione media dei due suoli e, attraverso l’utilizzo di sostanze che reagiscono, si procede alla produzione di elementi per la realizzazione di strutture, che simbolicamente evocano le pietre delle caverne della preistoria o le mattonelle del Lego o, ancora, l’insieme di fronde e rami con cui, con ogni probabilità, si ripararono i primi abitanti del pianeta.



L’apparecchiatura che è il cuore pulsante del progetto consta di 12 piccoli reattori, è stata interamente realizzata in Sardegna dalla Corem, precisamente a Sestu. E’ una macchina ad altissima tecnologia, completa di tutte quelle specifiche e maniacali misure di sicurezza imposte dall’Esa a tutti i paesi  sperimentatori. Ma come si realizza l’elemento strutturale con la certezza che il processo sia valido anche in assenza di gravità? Si deve traslocare il tutto su di un grosso aereo e fare un volo parabolico. Dentro l’aereo si verificano non più di 20 secondi di assenza di gravità per ciascuna delle 30 parabole che generalmente si effettuano in un viaggio. La reazione si chiama “di sintesi auto propagante ad alta temperatura” che viene provocata da un filamento da cui si innesca consentendo la realizzazione del pezzo in 4 o 5 secondi. Infatti sulla Luna o su Marte il processo non può che avvenire in tempi brevissimi e, soprattutto, con bassi consumi in termini di quella che da qui chiamiamo energia.


Testato il processo ideato per funzionare in assenza di gravità, e dimostrato che funziona, una volta creato il materiale, si declina ovviamente nella possibilità di costruire con questo delle abitazioni adatte all’uomo che, nel progetto, finiscono per assomigliare a degli igloo. Sono strutture abitative e industriali destinate a suoli tanto distanti da quello terrestre, costruite con elementi strutturali da laboratorio che, a loro volta, vengono sottoposti a test di sforzi a compressione con standard davvero elevati.


L’altro brevetto, ora di proprietà del Dass, contempla anche i sistemi Eclss, già esistenti, che consentono di riciclare le sostanze prodotte dall’uomo. Tecnologie che oggi funzionano e operano egregiamente sulla stazione spaziale orbitante, per viaggi che durano solo 6 mesi. Il brevetto contempla l’implementazione di nuovi impianti che prevedono, oltre a strutture destinate allo sfruttamento delle radiazioni solari, processi che si possono suddividere in due sezioni: una biologica e una chimico fisica. Quest’ultima fa produrre acido nitrico necessario per la creazione di fertilizzanti. Dalle coltivazioni generate, previste in serre, si ha la possibilità di ottenere biomassa edibile per la sopravvivenza degli astronauti. Missioni robotiche e umane nello spazio non solo passano dall’allocazione di risorse che consentono a nuove tecnologie di nascere, svilupparsi e proseguire ma anche da politiche governative strategicamente illuminate.


E nei progetti a breve termine partono le iniziative dettate dai nuovi protocolli emergenziali a cui fa riferimento Lello Perra, responsabile di uno dei sindacati FLP Difesa «Nei nuovi progetti Dass c’è il progresso e il sogno che si avvera, oggi è importante pensare non solo alle ricadute occupazionali, che certamente si avranno e che consentiranno di rafforzare la presenza dell\'isola nella space economy nazionale e internazionale, ma a un’innovazione che è misura di mediazione, di ricerca e di svolta».



Anna Maria Turra


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