Le Zone Blu si evolvono e si spostano
Se oggi si parla di Blue Zone in tutto il mondo il merito è sicuramente suo e delle sue preziose ricerche condotte sui centenari. Il professor Gianni Pes, medico-ricercatore dell’Università di Sassari, sarà uno dei protagonisti della tavola rotonda che animerà l’incontro del Longevity Fest di Porto Cervo di giovedì 31 agosto.
Il progetto Longevity Fest, ideato e prodotto dal regista Pietro Mereu e dalla Ilex Production, stasera alle ore 19 in Piazzetta verrà sviluppato e coordinato nella sua seconda edizione dal Consorzio Costa Smeralda e dalla divisione Agrifood e Marketing Territoriale del CIPNES, attraverso un talk di approfondimento che avrà come tema portante l’analisi antropologica e culturale della longevità, ponendo a confronto due tra le più importanti Blue Zone del mondo, l’isola di Okinawa e la Sardegna, alla presenza di ricercatori e specialisti in materia.
Un progetto che si inserisce all’interno del programma di marketing regionale “Insula – Sardinia Quality World” promosso dall’Assessorato al Turismo Artigianato e Commercio della Regione Sardegna e dal Cipnes, per presentare i valori di unicità della destinazione Sardegna. «Quando sono stato invitato dal Consorzio Costa Smeralda, sono stato molto contento -ha commentato il professore - per l’altissimo livello degli altri relatori, a partire dalla stella internazionale Craig Willcox che ho incontrato proprio a maggio a Okinawa e chi mi aveva preannunciato già allora che sarebbe venuto in Sardegna per prendere parte a questo evento e dal professor Giovanni Scapagnini che conosco e stimo». Il professor Gianni Pes è stato l’unico rappresentante europeo delle zone blu invitato in Giappone prendere parte ad un incontro mondiale sulla longevità.
Ma come nascono e quando nascono le zone Blu?
«Tutto è nato più di venticinque anni fa perché io mi occupavo di mortalità, ero un epidemiologo e avevo scoperto che c’era una bassa mortalità in Ogliastra e in Barbagia, diciamo intorno al Gennargentu e quindi mi son detto “se la mortalità è bassa le persone dovrebbero campare più a lungo andiamo a vedere se il numero dei centenari è più alto”. Quindi ho cominciato a collezionare dapprima i trafiletti dei giornali sui compleanni dei centenari e poi ho girato tutti gli uffici di stato civile e anagrafe dei 367 comuni della Sardegna e quindi ho verificato la presenza dei centenari viventi, ma soprattutto di quelli deceduti raccogliendo vent’anni di dati demografici. Uno studio che presentai in Francia nel 199. Allora non mi credette nessuno tranne uno, il demografo belga Michel Pulain che decise di venire in Sardegna per vedere da vicino quello che per gli altri sembrava impossibile».
Perché si chiamano Blue Zone?
«Con Pulain cominciammo a girare per la Sardegna nei primi anni del 2000 non avevamo un computer, ma una mappa cartacea della Sardegna e ogni qualvolta trovavamo un comune longevo lo segnavamo con un pennarello di colore blu e dopo migliaia di chilometri macinati con la mia vecchia panda abbiamo notato che questa nuvola di punti blu era totalmente concentrata nell’area dell’alta Ogliastra, come Talana, Villagrande, Baunei, Urzulei, Arzana. Poi nel 2004 nel corso di questi lunghi viaggi a furia di parlare di zona blu,riferito ai territori particolarmente ricchi di centenari, questo termine è finito anche nel primo articolo scientifico che pubblicammo insieme a Poulain».
Sempre nello stesso anno la prestigiosa rivista National Geographic decise di sostenere le ricerche del professore e del demografo Pulain per andare alla ricerca di altre possibili zone blu nel mondo oltre l’Ogliastra. Fino a scoprire altre tre zone blu: Nicoya in Costa Rica, l’Isola di Ikaria in Grecia e Okinawa in Giappone.
Ma quali sono le cause di questa longevità?
«Abbiamo escluso l’importanza centrale della genetica portando delle evidenze scientifiche e in questi 25 anni ho avuto la possibilità di constatare partecipando a diversi convegni scientifici che progressivamente la proporzione di longevità spiegata dai geni è andata sempre decrescendo. Siamo partiti dal 30percento, poi il 25, poi il dieci, alcuni ritengono sia il 5 percento. Per noi è una buona notizia perché se la longevità dipende da percentuali così basse di una genetica che non possiamo modificare al momento attuale vuol dire che il 95 percento dipende da fattori che possiamo modificare. L’attività fisica, come ci alimentiamo, se abbiamo buoni rapporti familiari e la comunità. Per noi questi fattori non genetici che chiamiamo in maniera generica stile di vita sono più importanti della genetica e noi abbiamo scritto articoli in tal senso che sono stati citati a livello internazionale».
A che punto è arrivata la ricerca in Sardegna?
«A mio parere c’è stata una modifica della geografia, perché mentre 25 anni fa questa longevità era concentrata nell’area montuosa, ultimamente invece sono emersi altri comuni insospettabili come Teulada o Mores. E’ probabile quindi che questi territori venuti alla ribalta della longevità in epoca recente stiano ripercorrendo il percorso che hanno fatto i comuni storici cioè quelli dell’Ogliastra e questo è molto interessante perché sottolinea ancora di più, qualora ce ne fosse bisogno, che si tratta di fattori modificabili legati all’evoluzione e al cambio di abitudini della popolazione».
Davide Mosca