Giovanni Scapagnini: «La genetica? Non basta. La longevità si conquista con lo stile di vita»
È tutto pronto per la seconda edizione del Longevity Fest, fondato da Pietro Mereu e organizzato dal Consorzio Costa Smeralda e Ilex Production. Una giornata ricca di spunti in un contesto spettacolare come quello di Porto Cervo. Il 31 agosto esperti di livello internazionale si confronteranno su temi di stretta rilevanza scientifica come l’alta concentrazione di centenari in alcune zone del mondo. Si tratta in verità di un fenomeno molto complesso ma che non ha fermato diversi studiosi in questa lunga ricerca dei segreti della longevità. Tra questi c’è anche il professore Giovanni Scapagnini, docente ordinario di Nutrizione Clinica dell’Università degli Studi del Molise che ha scelto di affrontare l’argomento delle zone blu sotto ogni punto di vista.
Quali sono dunque le caratteristiche che rendono Blue zones come l\'Ogliastra e Okinawa così incredibilmente vicine?
«I punti in comune sono molteplici. Se compariamo le zone blu, in particolar modo Okinawa e la Sardegna, esistono degli aspetti comuni legati all’attività fisica che nulla a che vedere con lo sport. Le persone durante tutta la vita mantengono uno stile di vita molto attivo e all\'aria aperta. Da un punto di vista alimentare sono inoltre delle realtà poco contaminate dalla globalizzazione dato che vivono quasi esclusivamente dei prodotti della raccolta, e si sviluppano grazie a delle relazioni sociali molto forti e rassicuranti. La vita in questo caso non viene inquinata dai ritmi e dallo stress delle grandi città».
É possibile secondo lei \"misurare\" la salute di un individuo?
«Esistono moltissimi biomarcatori della salute utili a definire l\'età biologica del nostro organismo che può per altro discostarsi da quella della nostra carta d’identità. Tra i vari biomarcatori uno dei più interessanti è senza dubbio il telomero, ovvero delle specie di cappucci che si trovano sopra i nostri cromosomi e che possono essere paragonati a delle clessidre. Mano a mano che invecchiamo questi elementi si accorciano sempre di più. Ci sono anche dei geni che si chiamano clock genes e altrettanti parametri legati alla biochimica che sono anch\'essi utilizzabili per comprendere se stiamo invecchiando bene o male. Per non parlare delle tante tecniche di imaging che ci danno informazioni utilissime sullo stato dell\'invecchiamento cerebrale e del nostro sistema osteoarticolare e muscolare».
Alla luce degli studi compiuti fino ad oggi la spettanza di vita è legata più ai fattori genetici o è semplicemente una questione di una corretta alimentazione?
«Sappiamo che la genetica incide per circa il 25% sulla longevità. Il che ci fa ben sperare sulle nostre capacità di intervenire sulla qualità del nostro invecchiamento. L’ambiente ha ancora un ruolo importantissimo. E se pensiamo allo stile di vita abbiamo a disposizione una variabile fondamentale: l’alimentazione».
Lei ha più volte parlato di «nutraceutica», che studia i principi attivi nei cibi e nelle piante. Dunque è davvero possibile intervenire sul processo dell\'invecchiamento con una dieta ben precisa?
«Prima di tutto è importante tenere a mente che la nutrizione è in grado di apportare benefici al nostro organismo. Quando pensiamo a una dieta sana la nostra cultura tende sempre a immaginare una dieta deprivativa, cioè basata sull’eliminazione di sostanze che ci fanno male. In realtà tutti gli studi ci portano a riconsiderare un po\' questo concetto perché i risultati mostrano quanto sia necessario aggiungere elementi che fanno bene in termini di qualità dell\'invecchiamento, dato che sostanze a un dosaggio corretto sembrano realmente attivare processi all\'interno del nostro organismo che favoriscono in qualche modo la longevità. Lo dimostrano i casi delle zone blu. Sappiamo ad esempio che a Okinawa, così anche come in Sardegna, una dieta non particolarmente ricca in calorie va a incidere in maniera positiva sul benessere e la salute dell’individuo.
Quali sono gli ingredienti e le sostanze necessarie per una corretta alimentazione?
«Se prendiamo come esempio le due zone blu ci sono alcune sostanze contenute nei cibi che sono simili anche se derivano da alimenti molto diversi. Okinawa vive molto di pesca e addirittura utilizza molto anche le alghe marine nell\'alimentazione. Ma sono sostanze particolarmente ricche di grassi buoni come gli omega 3. Lo stesso di può dire della Sardegna con i prodotti del latte di ovini (sia di pecora che di capra) che sono particolarmente ricchi di grassi molto simili alla omega 3 e sono coniugati dell\'acido linoleico che hanno un\'azione molto simile in termini di longevità .
Infine non vanno scordate le sostanze vegetali che sono altrettanto rilevanti per allenare le nostre cellule a mantenere un equilibrio riducendo i fenomeni dell\'invecchiamento. Composti organici prodotti in natura come i polifenoli sono presenti nella nostra dieta mediterranea. Basti pensare all\'olio extravergine d\'oliva che contengono straordinarie molecole di tipo fitochimico come l\'idrossitirosolo e l\'oleuropeina che influiscono sulla salute del cuore e sull’intero organismo».
Riccardo Lo Re