Giuseppe Melis Giordano, l’attivista per la conservazione della cultura sarda
Giuseppe Melis Giordano è il professore di marketing e marketing turistico in economia e gestione delle imprese, presso l’Università degli Studi di Cagliari nella quale svolge la sua attività didattica e di ricerca all’interno del Dipartimento di scienze economiche ed aziendali presso la facoltà di scienze economiche, giuridiche e politiche.
Tra le sue aree di studio e di ricerca vi è il marketing, tourist marketing, destination marketing, brand destination management, poi il business management, value co-creation processes e il project management. Tutto questo tanto per connotare i contesti e, in termine di comunicazione, domandarsi gli elementi di unicità e verità, che lo conducono alla battaglia sul cambio della toponomastica sulle vie e sui luoghi dedicati ai Savoia: «Cambia il mio pensiero laddove la toponomastica è una simbologia – sostiene il professore - Il problema non è la casa Savoia di cui i due eredi viventi, Umberto e Emanuele Filiberto, ancora oggi continuano ad avere una posizione sulle leggi raziali che collude con quella dei loro avi, posizioni che non ritengo ammissibile visto che non hanno mai chiesto scusa, ma il fatto è che hanno cambiato tanti nomi di luoghi in Sardegna, nel corso della loro dominazione, che avrebbero avuto oggi ancora molto senso. Golfo Aranci in origine era Golfo de li ranci che, in gallurese, significa dei granchi. Oppure a Oristano l’isola di Mal di Ventre poco centra con l’originaria denominazione isola de Malu entu, o bentu, cioè isola del vento forte che faceva capire chiaramente ai naviganti una condizione meteorologica. L’isola dei Cavoli vicino a Villa Simius era definita l’isola Des cavorus, ancora una volta un termine usato per definire i granchi. Questo accadde anche nelle città dove le strade, prima dei Savoia, avevano un fortissimo potere identificativo delle attività sul territorio. Se si ritorna alle denominazioni originali si ha chiarissima la sensazione di riuscire a identificare un passato ancora attuale. Per esempio, il quartiere Villanova di Cagliari è ancora pieno di giardini e orti anche tra i privati. Solo le guide turistiche oggi ne parlano nelle loro visite guidate, si ricordano così nomi che prima appartenevano alle vie, i nomi di quelle piante antiche che vengono messe ancora oggi a dimora col senso di costruire una narrazione che il visitatore può conoscere.»
«Come in ogni fatto di mercato – chiosa il professor Melis Giordano - anche il turismo non fa eccezione: se non hai una storia da raccontare sei senza radici e identità. Il lavoro da fare è proprio questo, siamo troppo spesso riconosciuti solo per il mare e le spiagge. L’imperativo è intercettare segmenti di domande e di cose da dire in risposta ne abbiamo. Non tutto ciò che si rimprovera a quella dominazione si è esaurito con loro. Anche il governo seguente ha cancellato gran parte della nostra identità, per esempio quella linguistica. Oggi le neuroscienze ci dicono che più lingue si parlano maggiori sono le vivacità intellettuali di un popolo. Prima il 100% della popolazione era in grado di parlare il sardo, si è condotta un’operazione di sostituzione della lingua, tra i Savoia e i governi successivi, e lo si è fatto talmente bene che oggi molti sardi si vergognano di parlare la loro lingua. La contaminazione è un elemento di arricchimento e, come nel marketing, la forza di allestire delle unicità di elementi è un grosso motore, così la lingua è certamente un elemento di peculiarità importante.»
Anche dal punto di vista urbanistico sono state apportate modifiche con operazioni che il professore definisce inadeguate.
«Gli stazzi galluresi e le case campidanesi, con i loro campi e cortili esterni, con le stanze che affacciavano direttamente sulla corte, son stati negli anni abbattuti, sostituiti ed eliminati. Case di famiglie numerose e di piccole comunità rurali che i nuovi architetti oggi stanno riscoprendo nella loro straordinariamente attuale valenza abitativa. Su questi modelli si basano i nuovi principi di co-working che si stanno via via profilando, così come il concetto di coabitazione sociale.
Ecco, in Sardegna esistevano già comunità che applicavano il principio di vivere bene in luoghi non corrotti dal tempo, oggi lo chiamiamo heritage ma sull’isola era già un modello funzionante che, anche senza disporre delle tecnologie attuali, utilizzava per costruire materiali che oggi chiameremmo sostenibili come il làdiri cioè fango, argilla, paglia e acqua compattati a formare dei mattoni, elemento dal forte potere isolante che si è cercato di riprodurre con grande difficoltà anche ai nostri giorni. Snaturare distruggendo è stata una pratica troppo diffusa.»
Secondo il professore laddove si sono conservate le vecchie strutture abitative queste mantengono un fascino straordinario e un potere evocativo, diventando un magnete turistico: a Gergei, per esempio, si trova la Domu Antiga, a Orroli la Omu Axiu, traduzione di casa dei Vargiu, cognome molto diffuso in Sardegna, è un vecchio palazzo con arredi del tempo compresi gli attrezzi agricoli; un posto incantevole dove la titolare, novantenne, fa ancora la pasta a mano per gli ospiti.
Alberghiero e extralberghiero, secondo il docente universitario, possono tranquillamente convivere mentre è l’uomo a dichiarare di avere un debole per la Costa Smeralda.
«Tra i tanti modelli che arrivano da fuori quello della Costa Smeralda è sicuramente quello che preferisco, straordinario come l’intuizione di fare qualcosa che si sposasse al paesaggio, allora non c’erano ancora le sensibilità che sono sopraggiunte, molti ragionamenti che si fanno oggi in quegli anni erano lontanissimi, quegli investimenti immobiliari fatti all’epoca avevano una ragione precisa e hanno creato uno spaccato in grado di parlare di Sardegna in una lingua internazionale. La visione dell’Aga Khan, che ha trovato soluzioni e si è affidato ad architetti di primordine, è stata quella di promuovere Alisarda come strumento di connessione col mondo. Insomma, un modello che ancora oggi va studiato e ci permette di imparare, con suggerimenti dalla straordinaria contemporaneità che dobbiamo saper cogliere. Non replicherei in maniera acritica certi modelli ma sono convinto che, quelli che lamentano una vivacità del segmento smeraldino per i soli tre mesi estivi, forse perdono di vista l’elemento di merito che, dal mio punto di vista, è quello di una Costa Smeralda mai intesa come destinazione ma come porta che apre all’intera isola. Da sardo mi piacerebbe attuare il modello della costiera Amalfitana che è vitale nel corso di tutto l’anno, modello alla portata di tutti noi oggi se, mettendoci a sistema, ci accorgeremmo di quanto si stia già muovendo in Sardegna con i mercati che sono europei o di prossimità internazionale. L’obbligo per ciascuno resta quello di connettersi, globalizzarsi ma localizzarsi, cioè da dove si è creare relazioni più proficue di quanto non siano state fin qui. Relazioni win win, sane che pensano ai benefici, che possono arrivare a tutti i portatori di interesse. Mettere in piedi relazioni interconnesse e trasversali, progettarsi e aggregarsi facendo quello che da solo forse non sarei mai in grado di realizzare.»
«Criticare il passato non serve, - aggiunge Melis Giordano - serve reiventarsi e allora scopriremmo che in Costa Smeralda quelli che oggi sono dei villaggi turistici possono trasformarsi in villaggi: villaggi e basta, come gli antichi borghi dove la vita continuava e si innestava alle stagioni, oggi col telelavoro è una possibilità a portata di tutti e un’alternativa reale che genera qualità di vita migliore, con la possibilità di godere di un clima stupendo. Alghero in realtà è nata così, nonostante una certa stagionalità, Alghero sta lavorando da tempo in questa direzione. L’amministrazione di Bosa ha avuto il merito di favorire un significativo recupero del centro storico da lì in poi alcuni turisti in villeggiatura, prevalentemente inglesi, si sono innamorati e hanno acquistato costruendo le loro case nel rispetto dell’architettura esistente, ne nasce un borgo godibilissimo oltre che un esempio di nuove possibili sinergie. È un cambio di visione importante, attraverso il monitoraggio delle tasse comunali, delle disposizioni del comune, che ha l’obbligo di verificare la pericolosità degli edifici, si può favorire un passo avanti decisivo. Il turismo non è un fatto isolato e quanto più le amministrazioni saranno pronte, tanto più il risultato sarà eclatante, trascinando tutto l’esistente in un circolo di economia virtuosa.
Trasformare il turista in residente temporaneo: è una differenza lessicale che sottende una ricaduta sociale e un arricchimento reciproco. Il turismo non vive se dietro non ci sono le attività ferventi di un territorio: agricoltura e allevamento. L’agroindustria con tutte le sue connessioni col territorio permette di presentarsi al mondo per ciò si ha, valori, simboli che hanno indotti di millenni di storia.»
Dal suo osservatorio universitario il professor Giuseppe Melis Giordano utilizza tutti gli strumenti tecnici che è in grado di fornire e, essendo responsabile di numerosi progetti strategici, cerca di lavorare con i suoi studenti sull’orgoglio del riscatto di chi, attraverso la conoscenza, arriva alla libertà. E ancora una volta il discorso torna sulla monarchia: il suddito che cerca di accontentare il re è un’idea non coerente con il futuro, più sai più decidi e più sei indipendente e lui decide di lavorare coi suoi ragazzi su un’idea di libertà che passa dalla conoscenza. Sia quella che si basa sulla storia sia quella che fornisce le ali, aprirsi alla tecnologia e avviarsi al futuro. Radici e ali, partiamo dalle radici.
Anna Maria Turra
- *Queste le parole di Francesco Casula, studioso sardo che definisce Carlo Felice (nella foto della copertina) “Ottuso e famelico, sia da principe vice re che da re, sarà il più crudele persecutore dei Sardi, che letteralmente odiava e contro cui si scagliò con tribunali speciali, procedure sommarie e misure di polizia, naturalmente con il pretesto di assicurare all’Isola l’ordine pubblico e il rispetto dell’Autorità.”