Happy Village, il progetto che guarda avanti
Borghi che si spopolano e un’importante disponibilità di abitazioni vuote, inutilizzate: scenario su cui è nato, a Fluminimaggiore nell’Iglesiente, Happy Village un progetto che investe un’intera comunità.
Un progetto che si muove nell’ambito della Silver Economy, basato sui consumi dei senior, la parte più anziana della popolazione. Basato su uno studio del 2018, voluto dalla Commissione Europea, realizzato dal Gruppo Technopolis e da Oxford Economics, ha preso in considerazione la popolazione europea di età superiore ai 50 anni, fino agli ultracentenari, indicando che 199 milioni di europei, vale a dire il 39% dell’intera popolazione, sono oggi i protagonisti di una nuova economia: popolazione che nel 2025 aumenterà fino a 222 milioni, arrivando al 43% del totale.
Le opportunità di una nuova economia
«Si è pensato di poter recuperare quel patrimonio edilizio, che non essendo utilizzato rischiava di andare perso senza una valida ragione – spiega Pierluigi Aru, presidente e legale rappresentante della Cooperativa di Comunità di Fluminimaggiore – cercando di attivare un circolo virtuoso che, sfruttando le opportunità della Silver Economy, creasse un ripopolamento del paese tramite il progetto Happy Village auspicando la ripartenza dell’economia e dell’occupazione.»
Una cooperativa di comunità è l’organo che, oltre agli scopi mutualistici tipici delle coop, si impegna a reinvestire nella comunità l’intero utile generato. L’obiettivo è quindi portare a Fluminimaggiore anziani autosufficienti che abbiano voglia di vivere in un luogo tranquillo, tra mare e montagna, con i necessari servizi assistenziali, in case appena ristrutturate, in compagnia di persone della stessa età e con interessi analoghi. E a fare da cassaforte a questo progetto sarà, da un lato, la disponibilità economica data dalle pensioni degli utenti e, dall’altro la possibilità di accedere a finanziamenti e bonus per la ristrutturazione delle abitazioni e l’attivazione dei servizi necessari ai nuovi abitanti di Fluminimaggiore.
Happy Village è il core business
Happy Village è il core business della Cooperativa di Comunità, legata a LegaCoop – fortemente voluta da Marco Corrias ancor prima di diventare sindaco del Comune dell’Iglesiente – che si occupa anche di altri progetti e costituisce la prima esperienza del genere in Sardegna.
«La comunità di Flumini si è mostrata interessata al progetto – prosegue Pierluigi Aru – Attualmente stiamo lavorando con LegaCoop per sfruttare le opportunità date dal 110% per la riconversione delle abitazioni. Diamo alle persone tutta l’assistenza necessaria per gli accessi al bonus e alle ristrutturazioni senza dispersioni di tempo ed energie: ricerca delle imprese, dei tecnici presentazione documentazioni.»
250 richieste da parte di singoli, coppie e gruppi di amiche
Attualmente sono un centinaio i proprietari che vorrebbero poter accedere al bonus del 110%; di cui 16 le abitazioni già messe a disposizione del progetto Happy Village. «Si tratta di case, alcune delle quali molto grandi, che potranno essere frazionate in più appartamenti e messe a disposizione degli utenti interessati al massimo a trilocali» dice il presidente.
Sono state 250 le richieste fin qui ricevute: il 90% da parte di over 55 di cui l’80% è over 65. «Numero che va quantomeno raddoppiato pensando che la maggior parte di domande proviene da coppie»
precisa Pierluigi Aru. Per il rimanente si tratta di gruppi di amici, o amiche, sono state prevalentemente le donne a valutare una convivenza comune, di 3 o 4 amiche, nel villaggio felice. La maggioranza di prenotazioni è arrivato da fuori della Sardegna, prevalentemente dal nord Italia, ma molte adesioni arrivano anche dal nord e dall’est Europa.
Un pacchetto a 360 gradi con casa e assistenza sanitaria per anziani autosufficienti
Oltre all’aspetto abitativo il progetto prevede una solida rete «L’idea è quella di creare pacchetti che siano il più possibile omnicomprensivi – spiega Pierluigi Aru – Nella proposta base forniremo assistenza h24, trasporti gratuiti, personale in grado di svolgere sia lavori di pulizia sia funzioni burocratiche. In questo percorreremo due strade parallele e contemporanee, da un lato utilizzando e rafforzando il poliambulatorio già presente a Flumini, dall’altro riattivando quella che è stata una casa famiglia presso la quale lavorano professionalità dell’ambito sanitario e realizzando una pista per l’elisoccorso in modo da collegare il paese all’ospedale Brotzu di Cagliari. Chi decide di vivere qui deve poter contare sull’utilizzo di strutture di assistenza, se ne esiste la necessità. Vorremmo chiarire però che non abbiamo in mente di creare un ospizio, bensì una formula di progetto rivolto a una fascia autosufficiente che punta a una qualità di vita in cui serenità e sicurezza, condivisione e protezione siano nodali.»
Non solo sanità, ma un progetto globale che prevede anche uno sviluppo in digitalizzazione che porterà la fibra realizzando l’ultimo miglio che manca perché tutte le abitazioni possano fruire di una connessione efficiente.
Il villaggio felice è dunque il futuro? Pare proprio di sì anche perché, se la formula di Fluminimaggiore è certamente innovativa, non è nuova la tendenza della popolazione anziana di andare a vivere in luoghi dove, sia da un punto di vista economico sia sociale, la vita sembra essere migliore. Portogallo, Romania, Canarie, Marocco, per non andare Oltreoceano, sono paesi che assistono alla fuga dei nostri “cervelli d’argento”. Sono molti gli italiani che hanno deciso di trasferirsi in luoghi nei quali le loro pensioni hanno un maggior potere d’acquisto. Precisa, infine, Pierluigi Aru che la maggior parte delle persone preferisce rimanere in Italia; non si tratta di campanilismo ma di un insieme di motivi che spaziano dalla lingua alla vicinanza con la famiglia, dalle affinità culturali, al clima, al cibo e, non ultimo, al senso di comunità.
Un paio d’anni al “via”
Saranno necessari due anni prima che i primi ospiti possano approdare a Fluminimaggiore dando vita a un progetto pilota replicabile in altri contesti nazionali dove i borghi, che rischiano di morire di uno spopolamento che appare inesorabile, possano tornare ad essere protagonisti.
Anna Maria Turra