Healing Gardens
“Un healing garden è uno spazio esterno (e talvolta un’area verde interna) appositamente progettato per promuovere e migliorare la salute e il benessere delle persone, dove per salute intendiamo uno stato di complessivo benessere fisico, mentale e sociale e non solo assenza di malattia o infermità” (Organizzazione Mondiale della Sanità, 1948).
L’Healing Garden è un giardino che coniuga il benessere psicofisico dell’uomo con una specifica progettazione del verde.
Si è osservato che il verde associato alle terapie farmacologiche porta benefici là dove la medicina non riesce ad arrivare, negli anfratti dell’anima che sono così collegati al nostro corpo. Quando si parla di healing garden si intende un giardino specificamente progettato per essere curativo. In questo luogo si può avere un’esperienza di tipo passivo (osservare o sostare godendo di colori, aromi, profumi, suoni, ecc.) o un coinvolgimento attivo (dedicarsi al giardinaggio, all’ortoterapia, effettuare terapie riabilitative e altre attività).
Ph Ruben Ferraresi
Gli studi condotti dal Prof. Giulio Senes, Direttore del corso di perfezionamento in Healing Gardens: progettazione del verde nelle strutture di cura presso la Facoltà di Agraria di Milano e fondatore dell’Associazione Italiana Healing Gardens, sottolineano che gli healing garden devono essere progettati tenendo in considerazione tutti i potenziali utenti, cioè i pazienti delle strutture di cura, ma anche i loro familiari e amici, il personale medico e di assistenza.
All’incirca 20 anni fa sono nate le prime pioneristiche intuizioni che confermavano la valenza e l’efficacia terapeutica di giardini dove le persone affette da demenza di Alzheimer potessero muoversi in “massima libertà nel massimo controllo” (F.M. Antonini). Lo spazio doveva essere in grado di ridurre lo stress, essere libero ma protetto, non troppo vasto, ma sufficientemente delimitato e rilassante. Fondamentale pertanto è la progettazione: vanno valutati gli elementi compositivi, la vegetazione, gli spazi vuoti e la presenza di potenziali fonti di pericolo.
È provato che il giardino sia in grado di “curare” lo spirito, grazie alle sue valenze simboliche e psicologiche e ad altri aspetti legati all’esperienza fisica diretta. Nel giardino è possibile ritirarsi in solitudine e silenzio collegandoci col nostro io più autentico, e creando le condizioni ottimali per la meditazione e la riflessione. Ma il giardino è anche il luogo della condivisione e della collaborazione, lì si possono abbandonare le emozioni più negative, spesso intensificate dalle malattie.
Nei primi anni ‘80 Roger S. Ulrich osservò come le necessità psicologiche e sociali dei pazienti venissero spesso trascurate durante la progettazione delle strutture sanitarie, e attraverso uno studio pubblicato sulla rivista Science esaminò le diversità di recupero di alcuni pazienti di un ospedale texano, tutti operati di cistifellea ma ospitati in camere le cui finestre possedevano differenti visuali. Alcune stanze si affacciavano su un gruppo di alberi nel cortile dell’ospedale, altre invece su un muro in cemento.
Risultò che i pazienti con la visuale sul giardino rimasero meno giorni in ospedale, necessitarono di una quantità inferiore di antidolorifici, ebbero minori complicazioni e migliori relazioni con il personale medico.
Le componenti che andranno a costituire un giardino terapeutico cambiano a seconda del tipo di paziente che deve accogliere. Equilibrando gli aspetti energetici, spirituali e psichici si può intervenire a più livelli, sia in pazienti affetti da patologie fisiche che in persone disturbate da depressione, tensioni di vario genere e burnout lavorativo.
Gli elementi che si utilizzano nella progettazione di un giardino terapeutico sono strettamente correlati alle terapia dei sensi: profumi (aromaterapia), colori (cromoterapia), suoni e forme (simbologie).
Si deve sempre verificare che questi spazi verdi siano protetti e poco esposti alle interferenze esterne, grazie ad esempio a recinzioni e bordure con piante schermanti. È importante evitare l’utilizzo di piante tossiche o pericolose e prediligere forme semplici e ordinate anziché un numero eccessivo di elementi che potrebbero causare iperstimolazione e senso di smarrimento nei pazienti. Le aree, chiare e definite, devono prevedere sentieri ampi tali da permettere agevolmente la fruizione di carrozzine o di altri strumenti di supporto, e bisogna prevedere la presenza di sedute per la sosta e il riposo. Una visuale aperta e priva di ostacoli sarà necessaria al personale medico per controllare l’area senza essere invadente. Molto utili risultano infine le aree che possono favorire l’incontro e la socievolezza, essenziali per condividere esperienze, dolori ma anche speranze.
Nathalie Anne DoddPh Tiberio Frascari