I ragazzi che hanno fatto la radio
La difficoltà è quella di mettere insieme un racconto il più possibile completo in cui i drammatici documenti attestano il ruolo di testimone che questo mezzo ottiene nel corso degli anni.
Cerca di farlo Daniele Biacchessi nel libro Radio On - I ragazzi che fecero l\'impresa delle radio libere, edito Jaca Book, ed è una narrazione straordinaria e inedita dei ragazzi che fecero la grande impresa: trasformare le prime radio libere in aziende vere e proprie.
Purtroppo, non esiste un archivio messo a sistema ma esistono piccoli registri settoriali come quello di Radio Radicale, dove si raccolgono per esempio tutti i dialoghi parlamentari dal ‘76 a oggi. Davanti ai microfoni di tutt’Italia alcuni ragazzi avevano iniziato a raccontare una storia, quella che dal ‘68 in poi spezza un monopolio, scalzando quel modo benpensante e ingessato di fare informazione.
«La radio era quell’avamposto - sostiene Daniele Biacchessi - in cui si poteva ascoltare, nel programma Per voi giovani, per la prima volta in Italia, il pezzo d’esordio dei King Crimson: esce nel ‘69 e viene trasmesso alla radio ufficiale solo intorno al ‘72, ’73.»
Il programma Per voi Giovani reca fra le altre la firma di Renzo Arbore che dalle emittenti Rai stabilisce con la radio nuove frontiera e sposta linee di confine. Luisella Berrino si presenta a Radio Montecarlo convincendo l’allora direttore Noel Coutisson ad assumerla sostituendo ai microfoni Walter Chiari allora coinvolto in una vicenda di droga.
Le dirette radio dalla stazione di Bologna, il giorno della strage, furono le primissime informazioni che sono riuscite a rendere realisticamente l’idea di “attentato”, molto prima che lo facesse la televisione, inquadrando la situazione già dalla mattina. Un importante evento che segna ancora una volta un buon motivo per definire come avanguardia la piattaforma delle radio libere.
In Friuli Venezia Giulia è una radio libera che il 6 maggio del ‘76 per prima riporta la notizia e l’intensità del sisma, una magnitudo che si rintraccia ancora oggi, come in un documento storico, nei sussulti della trasposizione su cassetta del brano Wish you were here, in corso di registrazione proprio in quel momento.
Rossella Traversa che dal ‘77 all’80 entra nella redazione di Radio Regione, ripercorre l’Irpinia con una Fiat 127 mentre, incerta e agguerrita, con Biacchessi in collegamento, anticipa le presenze di quegli Angeli del fango che scavano a mani nude, mostrando al mondo i primi esempi di una solidarietà ancora oggi presa a modello. Nel dicembre del ‘76 negli scontri di piazza della Scala, è Radio Canale 96 ad arrivare con grande anticipo nella formula di quello che oggi chiamiamo all news, inviando manciate di corrispondenti sul posto, muniti di gettoni telefonici e di registratori Geloso che, creando documenti straordinari, colgono gli attimi in cui gli autonomi sparano contro la polizia uccidendo Antonio Custrà.
Sono gli anni in cui su Radio Alice si abbatte una potenza spaventosa che la costringerà a chiudere, mettendo drammaticamente a tacere una voce importante che dalla Lombardia farà scuola all’intera penisola. «Quei simpaticissimi cazzoni che erano i ragazzi di Radio Alice - secondo Daniele Biacchessi - per lo più provenienti dal Dams di Bologna e allievi di Umberto Eco, sono stati dei veri e propri precursori di linguaggi, il punto è che si sono trovati casualmente in mezzo a una strage, strattonati tra il caos e Cossiga che aveva l’urgenza di chiudere una partita di comunicazioni fuori controllo.»
Così come a Genova nel corso del G8 accadde a Radio Gap, un gruppo radio di movimento, la polizia ha dovuto più o meno fare la stessa scelta di rottura e, in assenza di esperienze simili, interrompe le trasmissioni creando, accanto agli attivisti, i pericolosi e noti precedenti in un binomio tra legalità e illegalità.
Biagio Longo, per lungo tempo direttore di Radio Popolare e poi di Tele Lombardia, parla di rinnovamento della radiofonia come movimento politico. Ricorda Piero Scaramucci, elaboratore del progetto politico-editoriale che ha dato origine a Radio Popolare che, mancato di recente, è stato forse il primo uomo dall’onore democratico milanese, iniziando indagini che ancora oggi sono in corso. «La radio è stata la prima occasione in grado di alimentare la crescita di un movimento - asserisce Biagio Longo - non dico di sovversione ma una sorta di partecipazione diffusa, la radio è anche stato lo strumento con cui si è affermato il nazismo e il fascismo. Un mezzo innovativo dalla straordinaria portata simile a quella dei social nelle primavere arabe, un mezzo di diffusione di conoscenza.»
Marina Terragni conferma che nessuna donna è mai stata direttrice di radio e, anche se vi è stata in radio l’espressione di una professionalità femminile, cosa che in quegli anni era già di per sé complicata, in una società misogina come quella che ancora oggi per certi versi si rivela nella cultura di sinistra, aggiunge che non esistevano i nomi. «Si era un unico corpo senza nome in una comunità che per forza di cose era endogamica - ricorda Marina Terragni - per alcuni aspetti io la ritengo un’esperienza formativa anche per i nostri ragazzi.»
È Sergio Ferrentino che diventa direttore di Radio Radicale e che deve inventare da zero le programmazioni, approda così all’invenzione di Caffè Sport, trasmissione che durerà 5 anni in cui elegge a inviati gli stessi ascoltatori. Diventeranno poi degli esterni non professionisti via via inglobati nell’emittente in base alle loro attitudini. A Radio Olona Popolare, da dove è partito, raccoglie la notizia che a New York si continua a trasmettere ininterrottamente, in un all night long in cui, da questa parte dell’oceano, sembra impossibile parlare dalla sera alla mattina, ma il punto è che questo riduce sensibilmente il numero dei suicidi. «Cominciai a parlare la notte di Natale scoprendo lo straordinario numero di solitudini disposte ad ascoltarmi. Diventò un mio bisogno: quello di continuare a trasmettere nelle notti delle festività solenni, trasmettemmo anche a capodanno, lanciando party in cui si invitavano gli ascoltatori a portare il cibo in radio. Divenne una consuetudine.»
Rossella Traversa conduceva Saluteremo il signor padrone negli anni dei consigli di fabbrica dove Icmesa e Seveso, Falck e Pirelli rendevano le emittenti delle importanti fonti di divulgazione di diritti dei lavoratori. Mentre nelle notti condotte da Mario Luzzato Fegiz, nel suo programma Godurian in due, si concentrava un’incredibile selezione di personaggi curiosi, improbabili e divertenti, a Radio Regione si annuncia il terremoto dell’Irpinia con delle notizie Ansa rubate fortunosamente. Sarà un ingegnere di Sesto San Giovanni, un radio amatore, uno di quelli che allora si definivano CB, a mettersi in contatto con un CB tra i terremotati e quella mattina, da via Moscova, parte la prima vera diretta improvvisata che da Milano all’Irpinia misura anche le pulsazioni cardiache di un inviato davvero speciale.
Alberto Pugnetti, storico conduttore radiofonico ora direttore di Radio Francigena, ricorda che Battisti veniva considerato fascista e non veniva mandato in onda, le bollette delle sedi radio si pagavano a fatica e tramite collette, ricorda inoltre che Bruno Lauzi promette un contributo di 50mila lire e, dichiarandosi liberale, racconta di sé ai microfoni di una comunità che lo accoglie diventando la sua seconda casa.
Passando attraverso papere che annunciano un bombardamento a Bergamo, perché un giovane redattore si sbaglia nel leggere “Beirut”, è Giorgio Maimone a raccontare che, il giorno in cui viene uccisa Giorgiana Masi a Roma, la radio si collega con piazza Navona e sarà la prima a individuare tra i manifestanti i tipi sospetti dotati di pistola, costringendo l’intero Parlamento a prendere immediate posizioni tramite l’allora ministro dell’interno Francesco Cossiga.
Mario Giusti il giornalista autore con una vera e propria debolezza per la poesia, organizzatore del festival internazionale Milano poesia, racconta di far parte di quella sussistenza che per raccoglier soldi utilizzava la musica, unico mezzo per farsi realmente ascoltare dagli sponsor, la politica non era più drammatica di quanto non lo sia oggi ma è oggi a mancare quel concetto di partecipazione. «Non vedo ai nostri giorni una realtà simile a quella; nella radio di quegli anni, in cui noi eravamo come dei cavalieri a disposizione di tutti, c’erano anche i musicisti a nostra completa disposizione, eravamo tutti e sempre fianco a fianco.»
E infatti ricorda quando uno sbigottito Bob Marley, venendo in Italia, gli domanda: «Ma davvero le radio qui organizzano concerti?»
«La voglia è di prendere questi giovani per le orecchie - continua Mario Giusti - e svelare loro un altro modo di divertirsi: il nostro.»
Oggi esistono le web radio che sono imparzialmente finanziate dalle università e sono quelle più vicine al concetto di radio libera, ma nel dibattito tra antico e nuovo è quella suggestione il segnale che continua a trasmettere.
Anna Maria Turra