Il Dark Code di Chiara Smaldino
Chiara Smaldino, la stilista della laguna di Venezia, ha una sola passione: disegnare abiti e dal nulla ha creato una linea moda, Dark Code che dal 2013 ad oggi viene distribuita in più di quaranta negozi. Ed è proprio alla Fashion Week di Milano che Chiara si appassiona alle creazioni degli stilisti sardi riconoscendosi in quel loro elemento distintivo per cui vestire non è solo lasciarsi scoprire ma lasciare uno spazio. Fa spazio con un “Niente ci appartiene davvero” che diventa il suo slogan e, quando a 22 anni lascia la famiglia, suo padre è appena morto e lei si impegna nel disegno. Ne nasce un insieme di schizzi in cui gli abiti hanno i colori neutri della sabbia accanto agli scogli, quelli saturi della terra arsa che si affida alla roccia e quelli freddi come il cielo appoggiato ai ghiacciai. Questi disegni diventano posti dell’immaginazione, punti d’incontro, incanti dal nulla perché disegnare è un modo per stare in ascolto e precisamente in ascolto di suo padre. Rappresentare abiti è creare uno spazio dove lasciarsi e dove a questo fatto segue un progetto: l’individuazione della misura che si rivela in ogni addio. Lasciarsi diventa interpretare, una cifra stilistica distintiva tra lei e i designers di moda del nord est produttivo.
Il padre, Armando Smaldino, insegnava all’accademia di Adria, Istituto Giuseppe Cipriani oggi riconosciuto nella veste di Istituto professionale di Stato per i servizi enogastronomici e l’ospitalità alberghiera. Lei ricorda perfettamente quando tornando a casa il padre le raccontava la passione di alcuni suoi studenti, negli anni Settanta diventare chef era un’impresa titanica e il paradigma dell’alta cucina veniva considerato universalmente francese. Ma lui è il genio che anticipa quella che sarebbe diventata La prova del cuoco, mandando in onda sulla rete televisiva rodigina ATR e su Telestense, Lo chef Smaldino propone per domani: un appuntamento quotidiano in cui il successo di ricette semplici e veloci rivoluziona la programmazione dei palinsesti. Le aule dell’accademia di Adria, nella vecchia sede, si trasformano in set televisivi. Armando Smaldino si fa affiancare dai suoi migliori studenti, ogni puntata diventerà una vera e propria lezione di stile che rompe con il provincialismo italiano, spiegando un nuovo binomio in cui all’alta cucina coincide l’alto fatturato nel turismo e al semplice si accosta il sontuoso. Un nuovo modo di entrare in cucina e a scuola, due ambienti che diventano spazi dove apprendere è un fatto complesso come costruire. Armando Smaldino insegna, modifica, riduce e, colpo di scena, regala.
La più prestigiosa delle scuole di cucina europee, la Zeugnis di Losanna, lo ha introdotto all’arte del creare e le sue sculture nel burro, che raffigurano cigni e scenografie floreali, dettano nuove suggestioni per la presentazione del cibo, sono l’opera d’arte che affianca i sapori: l’arte appoggiata ad altra arte. La difficoltà consiste nel fare della semplificazione una pratica incredibilmente seria perché se il pomodoro in insalata si deve sbucciare per essere accostato alla polpa del pesce cotto al vapore, ne nasce un’equazione per cui cucinare non è solo presentare e nutrire ma indagare, togliere, mettere e anticipare: poche regole precise, inderogabili.
Il padre le ripeteva “Quello che non hai lo devi dare” e del fatto incomprensibile di donare quel che non si ha, oggi Chiara Smaldino ne ha fatto un marchio che la rappresenta: “Quei disegni sono stati regalati a un produttore, sentivo che non mi appartenevano pur essendo miei.”
Forse l’idea di aver copiato sabbia e cielo la porta a considerare i bozzetti di proprietà di tutti ed è così che la linea parte: per caso, o almeno così appare. Il marchio Dark Code, distribuito dapprima esclusivamente a Venezia nel concept store di Stra, Le Marais, oggi si vede raggiunto da richieste sempre più numerose, mettendo in difficoltà il comparto produttivo.
La linea Dark Code risulta così essere il prodotto della cocciuta ossessione di una ragazza che nel lato in ombra delle situazioni incontra la forza. “Mi piace partire dall’essenza di ciascuno, quella che ci portiamo dentro, il nostro codice genetico, è qualcosa che non abbiamo scelto ma che ci informa, è la chiave che può limitarci o liberarci, la mia voglia di creare stracci - Chiara ride - parte proprio da qui. Dai tratti distintivi fisici che in me vedo e che sono di mia madre, porto in me quelli di mia nonna e di sua madre compreso il patrimonio dell’intero del ramo genealogico paterno. Un materiale immenso, un magazzino insondabile, praticamente io da sola sono un esercito citando Sarah Stride, cantautrice indie che adoro.”
L’abito come abitazione quindi e, mentre le linee saranno solo di chi le abita, disegnare un abito per Chiara Smaldino è regalare un modo per far sapere di sé: noi siamo sempre vestiti anche quando siamo nudi, l’organo della nostra pelle non rivela affatto la nostra essenza.
“Per mio padre un arrosto non era mai solo un piatto di portata - precisa Chiara - era una sfoglia di pane caldo attorno a un regalo, arrosto in crosta era la nostra festa nel giorno di festa e su tutto metteva il suo tratto elegante a mediare emozioni e frizioni che certo non mancavano intorno a un tavolo di personalità complesse come quelle che abitano la mia famiglia.”
Forse anche per questo imprinting per lei creare non è solo un’attitudine, per Chiara l’abito è un mondo da abitare. Non è un caso che nella maggior parte delle sue creazioni la taglia non esista. Per i capi Dark Code il volume viene attribuito ad ogni corpo in modo diverso. Le linee si distribuiscono fluide in uno spazio tanto astratto da risultare casuale, per lasciar interpretare quel luogo a ogni donna che deciderà di abitare proprio in quel preciso spazio. Un presidio più che un capo d’abbigliamento e non soltanto per coprire il corpo ma per svelarne un tratto. Chiara si appoggia alla vetrina esternamente al negozio per un nuovo scatto da postare su Instagram, accanto a lei una nuova cliente che Chiara considera già un’opera con una sua destinazione netta.
“Credo nel lavoro come fonte di ispirazione di ognuno, lo vedo nelle donne che frequentano Le Marais. Mi appare chiaro ogni volta, ogni giorno su ogni cliente. In qualche modo ognuno di noi ha davvero solo bisogno di esprimere la propria essenza, di avere il potere di condurre una vita autentica. Si è ciò che si fa e viceversa. Ma non basta, bisogna anche poter sentire che questo messaggio arriva chiaro, privo di fraintendimenti o equivoci. Il mondo deve sapere che il mio prodotto sono io e io sono il prodotto del mio mondo. Ecco io credo che nei miei abiti questa possibilità sia lì, a portata di mano.”
Ospite a Radio Internazionale Costa Smeralda nel format Progetto moda condotto da Giovanna Campisi, per descrivere le fasi di lavorazione, storia e processi di produzione del prodotto Dark Code, Chiara lancerà il suo nuovo contest che si propone con l’hashtag abita un abito. Il progetto prevede la raccolta di immagini di donne che in comune hanno un codice scuro che in Dark Code ha trovato l’espressione. Dai punti vendita Dark Code verranno lanciate sui canali social foto di tutte quelle donne che avranno voglia di mettersi in gioco tra loro, in cui le caratteristiche rintracciabili di ciascuna non dovranno necessariamente essere somiglianza o parentela. Donne che si succedono nell’albero genealogico o che si saltano, nonna e nipote, sorelle, madri, figlie, cugine, zie o semplicemente amiche. Oppure donne sconosciute che si somigliano o donne che non si somigliano affatto ma sentono di riconoscersi. Insomma testimonial accomunate da una similitudine, comunque in grado di decriptare un codice genetico fatto di innesti e chiaroscuri, in una linea diretta verso la libertà di essere identiche e anche contrarie ai propri avi.
E in una giuria intesa come tavolo di esperti della sperimentazione ci saranno proprio gli stilisti della moda della Sardegna, quelli del progetto INSULA e Isole Faber voluto dal Cipnes, la piattaforma istituzionale permanente di sviluppo e marketing territoriale per l’aggregazione, la crescita e l’innovazione di filiere produttive identitarie. Vi è un nuovo esercito di imprenditori In uno scambio di concezioni e intenti per un modo di fare impresa del tutto nuovo che si espone a contaminazioni, generando avanguardie con una comune volontà di internazionalizzare un sapere fortemente locale, addetti ai lavori dall’ispirazione futuribile e avveniristica, in una parola: globale.
Improprio forse definire collezione moda una linea di abbigliamento che è in sintesi una ricerca di combinazioni numeriche perché, come dadi lanciati in aria che rimbalzano tra inconscio e storia, in realtà il brand si scrive D4rk Cod3.
Anna Maria Turra