Il fascino antico del Carnevale barbaricino
Legno, lana e campanacci. Maschere inquietanti che affondano le loro radici nei millenni. Nel cuore della Sardegna il Carnevale ha una identità ben precisa. È in Barbagia che le comunità locali, nei secoli meno soggette a contaminazioni esterne, preservano e rinnovano gli antichi riti che si rifanno alle tradizioni e alle culture agropastorali, in certi casi anche antecedenti al cristianesimo. Il Carnevale barbaricino è così un simbolo della Sardegna. I paesi delle zone centrali sono ogni anno presi d\'assalto da chi desidera fare un tuffo nel passato e scoprire gli elementi fondanti di una festa che, da sempre, sovverte le convenzioni sociali e scandisce i cicli della vita e il ritmo delle stagioni.
In Barbagia il Carnevale più famoso è quello di Mamoiada, il piccolo centro della provincia di Nuoro reso celebre dalle sue due maschere: Mamuthones e Issohadores. I Mamuthones sono uomini con il corpo ricoperto di lana scura e con dei pesanti campanacci appesi alla schiena, mentre il volto è nascosto da una maschera di legno dai lineamenti rozzi. La loro processione per le vie del paese è uno spettacolo cupo e ritmato che richiama puntualmente numerosi turisti, non solo dal resto della Sardegna.
Poi ci sono gli Issohadores, che indossano una maschera bianca, un corpetto rosso e una berritta, cioè il copricapo. Gli Issohadores scortano i Mamuthones lungo la processione e con delle funi catturano soprattutto autorità e giovani donne, in segno di buon auspicio.
Il Carnevale di Mamoiada è sicuramente il più noto, ma sono tanti i paesi della Barbagia a vantare riti e tradizioni che si rinnovano nei mesi di gennaio e febbraio. La maschera di Orotelli si chiama Sos Thurpos, cioè gli storpi: hanno il viso annerito dalla fuliggine e indossano un cappuccio nero, un abito in velluto, una paio di scarponi e gambali di cuoio.
Si avventano sulla folla, in coppia, mentre un terzo Thurpu, che rappresenta il contadino, cerca in qualche modo di guidarli. Le principali maschere tradizionali di Ottana sono invece i Boes e i Merdules.
I primi rappresentano l\'animale, con lana, campanacci e maschera bovina, mentre i secondi, anche loro con una maschera in volto ma stavolta antropomorfa, rappresentano il contadino. Pure in questo caso i Merdules cercano di governare i Boes, che a loro volta, lungo il percorso, tentano di ribellarsi aggrappandosi alla gente schierata a bordo strada.
Piuttosto inquietante è il Carnevale di Lula, all\'ombra del Mont\'Albo. Qui il protagonista è Su Battileddu, la vittima sacrificale, una creatura mostruosa rivestita di pelli e sporca in volto di fuliggine e sangue. Tra le campane nasconde anche uno stomaco di bue gonfio di acqua e sangue, che durante la processione viene pian piano pungolato. Poi c\'è il Carnevale di Fonni, il paese più alto della Sardegna, dove l\'animale è rappresentato da S\'Urthu, tenuto a bada, con una certa fatica, dai Sos Battudos. Tre le maschere simbolo del Carnevale di Olzai: Sos Murronarzos, Sos Irtinos e Sos Maimones. A Ovodda, altro antico centro barbaricino, il personaggio principale è Don Conte, un fantoccio antopomorfe di sesso maschile.
I festeggiamenti del Carnevale, in Barbagia, non si svolgono soltanto tra i giorni di giovedì e martedì grasso, che quest\'anno ricadono il 20 e il 25 febbraio. Le prime maschere, infatti, fanno la loro comparsa già nel mese di gennaio, in occasione della festa di Sant\'Antonio Abate.
Dario Budroni