Il Sardinia Radio Telescope nella puntata di Freedom
Scienza e fantascienza. Il confine è ormai ridotto a una linea invisibile. Tanto che non si riesce più a sorprendersi davanti a un kolossal ambientato nello spazio, o a un nuovo immaginario raccontato in un libro. Freedom di Roberto Giacobbo ha deciso di mettersi proprio in mezzo a questo confine, che, per chi non lo sapesse, si trova al Sardinia Radio Telescope, a 40 km dalla città di Cagliari. È una struttura realizzata dall’Istituto Nazionale di Astrofisica. Un impianto solido (si parla di 3000 tonnellate) che riesce però a cogliere i segnali più sottili provenienti dallo spazio. La parabola, con un diametro di 64 metri, si serve dei suoi 100 specchi che possono essere orientati autonomamente in modo da catturare in maniera precisa le frequenze nell’universo.
La storia
Il primo tassello è datato 2003. Ecco, non proprio un tassello. Un intero basamento. Ma di fronte alla grandezza del Sardinia Radio Telescope, non è poi così errato. L’inaugurazione, avvenuta dieci anni più tardi, nel 2013, avvia un lungo processo di ascolto, dove il suono in questo caso non proviene dalle note musicali, ma da quelle stellari. Osservare l’universo non è più lo stesso rispetto a qualche anno fa. Con i classici telescopi si possono catturare con lo sguardo le sorgenti luminose, ma i radiotelescopi come quello in Sardegna permettono invece di raccogliere più informazioni. È proprio grazie a questo che si conoscono i dettagli sui buchi neri, o gli attimi prima che una stella scompaia nel nulla.
Fast Radio Burst, i lampi di luce ripresi dalla Terra
Una delle ultime novità dal fronte scientifico è il Fast Radio Burst, che tradotto vuol dire lampi radio veloci. A parlarne ai microfoni di Freedom è la dott.sa Maura Pilia, ricercatrice dell’INAF. Secondo la studiosa gli FRB «sono uno dei misteri più giovani del cosmo». Dal 2007 la comunità di astrofisica internazionale si è spinta alla ricerca di una risposta alle tante questioni che ruotano attorno all’universo. Una delle recenti scoperte, continua Pilia, riguarda «un FRB che si ripete. Questo ci ha portato a immaginare che all’origine di questi fenomeni ci siano delle stelle di neutroni con campi magnetici elevatissimi, che sono gli oggetti più estremi nell’universo dopo i buchi neri». Per dare un’idea della sua energia, basti pensare che per produrre un solo lampo è necessario la potenza di tutte le nostre sorgenti nell’arco di un anno.
L’incontro con il direttore Emilio Molinari
Tutte queste conquiste stanno portando l’umanità «verso una nuova idea. Dalla fantascienza alla scienza», come afferma il Dott. Emilio Molinari, il direttore del Sardinia Radio Telescope. Questo viaggio al centro dell’universo passa da questo grande radiotelescopio, che per l’occasione ha aperto le proprie porte alle telecamere di Freedom fino ad arrivare all’interno della parabola. Il Sardinia Radio Telescope, sostiene Emilio Molinari, si confronta con i centri di tutto il mondo, come il SETI Institute. Conoscere i segreti del cielo e ascoltare le stelle con questa struttura all’avanguardia è ora possibile. I confini si assottigliano. E le risposte delle nuove ricerche scientifiche dimostrano il grande passo avanti della scienza, frutto della sinergia tra saperi.
I pianeti oltre la Via Lattea
I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Tutti hanno immaginato la presenza di pianeta fuori dalla Via Lattea, sfruttando l’immaginario dei grandi film o romanzi di fantascienza. Ma è nel momento delle scoperte che tutto questo diventa reale. Il primo è stato trovato nel 1992, ma solo negli ultimi anni si sono raffinate le tecniche in grado di individuarli. Al momento, sono stati scoperti 4300 esopianeti in oltre 3000 sistemi extrasolari, citando la trasmissione di Freedom. Di questi, 60 sono abitabili, la metà a circa 50 anni luce dal Pianeta Terra.
Da qui, sono cominciati i progetti. I primi sono concentrati in tre parole, Plato, Cheops e Ariel, i satelliti che verranno mandati nello spazio per studiare questi nuovi pianeti. Uno, il Cheops, è già in orbita, ma nel giro di una decina d’anni, afferma Molinari a Giacobbo, si potrà analizzare la loro composizione atmosferica. L’altro, più impegnativo, riguarda lo studio dei segnali radio che provengono da ogni parte dell’universo. La sfida, conclude il direttore dell’INAF, è di trovare un sistema in grado di distinguere i segnali naturali dello spazio da quelli che potrebbero essere “artificiali”, sfruttando la collaborazione con l’istituto SETI, gli strumenti di calcolo e le conoscenze dei ricercatori del polo astronomico sardo. Il futuro che non è più così lontano. Basta puntarlo.
Riccardo Lo Re
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