Kirk Douglas, la vera leggenda del cinema
Kirk Douglas è stato uno dei grandi divi di Hollywood. Una carriera straordinaria e una vita che gli ha regalato grandi soddisfazioni, non solo sul grande schermo. Come il suo legame con l’Italia. Esiste un’immagine indelebile che lo ritrae in Sardegna. Nel 1967, cinque anni dopo la nascita del Consorzio voluto dal principe Karim Aga Khan IV, l’attore fu uno dei primi grandi ospiti di spicco a raggiungere la Costa Smeralda. Una foto in bianco e nero lo ritrae nel momento più alto della sua carriera, culminata con un Oscar alla carriera nel 1996, quando era ancora ancora un ragazzino. Sarebbe stato interessante entrare nella sua mente, e conoscere i suoi pensieri quando si è trovato davanti al fascino della Costa Smeralda, una natura incontaminata che viene preservata ancora oggi. Stupore, senza dubbio. Ma c’è qualcosa di più che ha convinto anche il figlio Michael, che non solo ha condiviso la strada della recitazione come il padre, ma anche le stesse emozioni, come quando nel 2013 giunse in Gallura in compagnia della moglie Catherine Zeta Jones.
Pensando a Kirk Douglas viene subito in mente una fascia temporale di grande impatto della storia del cinema. Dopoguerra. Gli Stati Uniti, dopo un lungo periodo di conflitti nel vecchio continente, torna a casa felice di aver portato a casa un risultato straordinario. Ha appena vinto la guerra, per giunta contro un nemico di nome Adolf Hitler. L’euforia del trionfo passa inevitabilmente anche su celluloide, e non solo in termini narrativi. Siamo nell’età d\'oro di Hollywood, e in un’epoca di grande splendore per il cinema americano ci sono figure che, dal nulla, emergono con tutto il carisma che hanno in corpo. Uno di essi ha il nome di Issur Danielovitch, figlio di immigrati di origine ebraica provenienti dalla Bielorussia. Quest’uomo nasce ad Amsterdam nel 1916, ma ben presto si trasferisce negli Stati Uniti, frequentando il St. Lawrence University. Si laurea, ma non gli basta. Il suo desiderio è di diventare un attore professionista. Lo notano subito i membri dell’American Academy of Dramatic Arts di New York City e, dopo aver conseguito il diploma, presta servizio nella Marina militare durante la Seconda Guerra Mondiale.
Tornato in America, è giunto il momento di avverare i propri sogni, ma c’è un problema: il nome. Isadore Demsky, il primo cambio d’identità che rimanda al cognome dello zio usato negli States, non convince affatto Guthrie Mc Clintic. Se vuoi davvero calcare i palchi importante, c’è bisogno di qualcosa che rimanga davvero impresso nella mente del pubblico. E allora ecco che, tra l’omaggio e lo stile, decide di chiamarsi Kirk Douglas. Il primo è legato alla passione per un celebre personaggio dei fumetti dell’epoca; il secondo è invece preso in prestito (si fa per dire) dalla docente di dizione dell’Accademia dove ha studiato.
Kirk Douglas a quel punto ha davvero tutto. Il talento, unito a un nome persuasivo, lo porta subito a farsi riconoscere all’interno dello studio system a stelle e strisce. Indossa i guanti ne Il grande campione, e nel decennio tra gli anni ’50 e ’60, è al centro di alcune pellicole davvero imponenti. Usando le parole del critico Roy Menarini, “un capolavoro tira l’altro”: L\'asso nella manica di Billy Wilder (1951), Il bruto e la bella (1952) e Brama di vivere (1956) di Vincente Minnelli, Il grande cielo di Howard Hawks (1952), 20.000 leghe sotto i mari di Richard Fleischer (1954), Orizzonti di gloria (1957) e Spartacus (1960) di Stanley Kubrick. E sono solo alcuni di una lista infinita.
Su quest’ultimo bisogna soffermarsi un momento. Tutti più o meno sanno di cosa tratta questo straordinario film. La sfida del gladiatore Spartaco contro la Repubblica romana rappresenta il simbolo di libertà contro chi ha cercato di opprimerli con la forza in loro potere. Ma dietro a questo racconto, si cela un’altra vicenda della medesima importanza. Se si prende una qualsiasi locandina di quel film, noterete che nella voce “sceneggiatura” compare la dicitura di un certo Dalton Trumbo. Dove sta l’anomalia? Quel nome non doveva inizialmente comparire nel manifesto ufficiale, per via di quell’ignobile lista nera dove venivano inizialmente inseriti gli autori sospettati di essere filocomunisti. La commissione McCarthy colpì nel segno additando figure come Charlie Chaplin e Elia Kazan. Alcuni come Humphrey Bogart e John Ford si ribellarono a quelle politiche repressive che andavano a minare la libertà d’espressione degli autori di Hollywood.
Tra questi, c’era anche lui, Kirk Douglas, che compie un gesto coraggioso ponendo fine a quel periodo buio della storia americana.
Nel conferire autorevolezza (e giustizia) a Dalton Trumbo in quella locandina, Douglas ricorda quel momento in occasione dell’uscita del film che racconta proprio la storia di Trumbo. Una sceneggiatura praticamente già scritta.
«Come attore è facile fare l’eroe; lottiamo contro i cattivi e ci battiamo per la giustizia. Nella vita reale le scelte non sono sempre così semplici. Le liste nere di Hollywood, che sono state ricreate in maniera potente nel film, fanno parte di un’epoca che ricordo molto bene. Le scelte erano difficili, le conseguenze dolorose e molto reali. Nel periodo delle liste nere ho avuto amici che sono stati costretti ad andare in esilio, perché nessuno li faceva lavorare; attori che si sono suicidati per disperazione. Lee Grant, mia giovane co-protagonista nel film Detective Story (1951), non ha potuto lavorare per quasi dodici anni, dopo essersi rifiutata di testimoniare contro il marito di fronte al Comitato per le Attività Antiamericane. Fui minacciato di essere additato come comunista rovinando la mia carriera, se avessi fatto lavorare in Spartacus, il mio amico Dalton Trumbo, sceneggiatore inserito nelle liste nere. Ci sono momenti in cui bisogna lottare per i propri principi. Sono davvero orgoglioso dei miei colleghi attori che usano la loro influenza pubblica per lottare contro le ingiustizie. A 98 anni ho imparato una lezione dalla storia: spesso si ripete. Spero che “L’ultima parola - La vera storia di Dalton Trumbo\" ricordi a tutti noi che le liste nere sono state un periodo terribile per la nostra nazione, ma che possiamo trarne insegnamento in modo che fatti del genere non si ripetano mai più».
Questa è la storia di Kirk Douglas, l’ultimo divo del cinema classico hollywoodiano particolarmente legato anche al nostro Paese, dalla presenza in Costa Smeralda, alle partecipazioni ai festival internazionali come Venezia, e a film come Ulisse di Mario Camerini e Un uomo da rispettare di Michele Lupo.
Riccardo Lo ReFonte: IMDB