La Bella di Sanluri, la leggenda rievocata ogni due anni
La Bella di Sanluri è la leggenda che attribuisce alla conturbante donna senza nome la sconfitta di Martino I, l\'erede al trono aragonese catalano nel 1409. Alcuni ritengono che alla Bella sull\'Isola sia ancora dovuta una statua. Al centro della Marmilla, subregione sarda, le donne sono precedute da una fama che le vuole straordinariamente seducenti e, mentre si sprecano i detti popolari, le attuali ragazze sanluresi se la ridono e tirano dritto. Secondo la vulgata un uomo che entra in quest’area centromeridionale dell’isola non ne uscirà se non con una bella sposa, restando ostaggio di una terra dove non ci si può che perdere per amore. Quindi per gli scapoli impenitenti, l’augurio di un matrimonio felice passa proprio da queste parti.
La leggenda della Bella di Sanluri
Le donne di Sanluri, piccolo centro del Sud Sardegna di poco più di 8mila abitanti, sono le discendenti di quella Bella che fece capitolare con le sue pratiche d’amore il giovane re di Sicilia, Martino I D’Aragona.
Era il 30 giugno del 1409 e gli Aragonesi battevano gli Arborensi che, sotto la guida di Guglielmo III di Narbona, registrano l’amara sconfitta a Sanluri segnando la fine dell’indipendenza della Sardegna. È solo il culmine di una rappresaglia sanguinaria avvenuta sul vicino promontorio in località Su Bruncu, per questo ancora oggi chiamato Bruncu de Sa Battalla, cioè della battaglia.
La battaglia rievocata dal Comune di Sanluri
La carneficina, che vede l’esercito sardo trucidato, fissa un importante momento di riflessione sul medioevo. Ogni due anni il Comune di Sanluri e la cittadinanza organizzano la rievocazione storica della battaglia campale e dell’assalto al castello che, dopo essere stato occupato, vide il monarca pretendere la cieca dedizione della Bella di Sanluri, figlia del popolo represso.
Il terreno della nuova battaglia di resistenza divenne così, secondo la leggenda, la camera da letto; la donna nient’affatto innamorata, finse di cedere alle lusinghe del re portandolo, con le armi di un erotismo febbrile, ad amplessi che lo condussero ad una fatale crisi cardiaca.
La Bella senza nome
Divenne l’eroina senza nome che sconfisse Martino, detto il Giovane. Oggi per alcuni goliardici la Bella risulta essere addirittura in credito di una statua. E scorrendo tra le testimonianze scritte da Giuseppe Bargigli, ufficiale dei bersaglieri e professore di letteratura, appassionato folklorista di fine Ottocento, conosciuto e stimato anche da molti scrittori e intellettuali tra cui Enrico Costa, scopriamo che la ragazza poteva chiamarsi Giovanna.
Le ultime ricerche
Altre tracce si riscontrano tra le ricerche del 1954, quando l’ispanista cagliaritano Alberto Boscolo, nei suoi studi approfonditi, riporta la cifra di circa 600 uomini e 300 donne che, rinchiusi nel castello, cercarono di resistere alle milizie aragonesi. Mentre gli uomini furono tutti uccisi, le donne vennero messe in condizione di schiavitù. Tutte tranne la Bella di Sanluri. Ma le fonti storiche attribuiscono la morte del giovane monarca alla puntura di una zanzara infetta che, a seguito delle battaglie nelle campagne tra Samassi e Strovina non ancora bonificate, consegna il re direttamente tra le braccia della malaria.
Dalla storia al teatro, la rappresentazione di Rosalba Piras
Quel che resta tutto ancora da scoprire è perché il fatto storico continua ad esistere, seppure in una narrazione pop, appoggiandosi a riferimenti culturali pericolosamente in bilico tra anacronismo e sessismo. E un’intrigante risposta viene da Rosalba Piras che, alla direzione artistica del Teatro Sanluri con Tiziano Polese, mette in luce quanto le rappresentazioni della Bella siano dominate dallo spirito di una comunità consapevole e lucida che respinge stereotipi di genere e qualsiasi idea di violenza. Una popolazione, quella sanlurese, che oltre i luoghi comuni, non smette di interrogarsi. «La compagnia teatrale Abaco ha laboratori frequentati da allievi, - precisa Rosalba Piras - alcuni ultranovantenni sono uomini e donne ironici, colti e arrembanti. Insieme somigliano in tutto a una milizia che mette in scena il vero potere: trasformare la distanza, tra sé e la storia del proprio popolo, in un linguaggio di nuova bellezza».
Anna Maria Turra
Credits
- Foto delle rievocazioni storiche della battaglia di Franco Vinci
- Foto di scene in teatro di Paola Congia