La bottarga sarda e le nuove tecnologie
Gli allevatori della bottarga sarda hanno ora uno strumento in più. Lo si deve soprattutto alla ricerca, che usando le proprie competenze scientifiche ha trovato un metodo concreto per accrescere la sua produzione in Sardegna. Ma oltre alla ricerca, fondamentale per trovare delle soluzioni immediate e nel lungo periodo, c’è bisogno anche di una condivisione rapida dei risultati. Ed è per questo che sono stati subito coinvolti 12 aziende sarde che si occupano dell’allevamento della bottarga.
Tecnomugilag, di cosa si tratta
Il progetto Tecnomugilag unisce tutto questo. La professionalità delle istituzioni di ricerca locali, a cominciare dalla Fondazione IMC, il Centro Marino Internazionale con sede a Oristano; l’Agris Sardegna, che si occupa di innovazione nel settore primario controllata dalla Regione; fino al dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente dell’Università degli Studi di Cagliari, e a quello di Architettura, Design ed Urbanistica dell’Università di Sassari. Tutto ciò è servito per concentrarsi su uno dei valori che permettono lo sviluppo del territorio dell’isola. La bottarga è uno dei prodotti tipici sardi, dalle origini antiche (alcuni parlano della sua comparsa ben 3 mila anni fa, con i fenici), e può essere sia di tonno che di muggine. La Sardegna (si pensi alla zona di Cabras) è perfetta per alcune specie di pesci, come il Mugil cephalus. Il clima, così come l’area geografica e la presenza del vento di maestrale, influisce sulle caratteristiche di questo prodotto, a partire dal suo sapore inconfondibile.
Eppure, in questi anni si è vista una diminuzione significativa di Mugil cephalus nelle lagune dell’isola. Un problema che di fatto è andato a incidere sul mercato locale, ma che ha portato tutti a dover trovare un modo, come di fatto è accaduto con il progetto Tecnomugilag, per riportare nuova linfa a questo settore in crisi.
Il laboratorio
L’obiettivo di questo programma è di trasferire tutte le competenze (tecnologiche e non solo) ai responsabili delle singole aziende che hanno aderito all’iniziativa. Un processo che riguarda i metodi di allevamento di pesci allo stato primordiale, gli avannotti, e che deve tenere conto del monitoraggio di ogni singolo passaggio, grazie alle nuove tecnologie a disposizione. Il primo passo è partito dalla Fondazione IMC, con i suoi laboratori presenti a Oristano. La ricerca si è concentrata sulla creazione di un protocollo da condividere insieme alle 12 imprese partecipanti.
L’avannotteria del centro permette di compiere la sperimentazione in un ambiente controllato. Da un lato, una zona con due fotobioreattori anulari che riescono a coltivare, tra le varie cose, lo zooplancton, l’alimento per i pesci allo stato larvale. Dall’altro, un’area per la stabulazione, con filtri, lampade UV e un sistema di areazione che garantiscono la circolazione dell’aria. Dalle due vasche per la riproduzione confluiscono poi le uova in un’altra vasca, tramite dei sifoni, mentre le altre quattro servono per l’allevamento delle singole larve.
Le aziende
Dopodiché, la seconda fase ha previsto il rilascio in laguna e l’implementazione del protocollo sempre in collaborazione con le aziende. Gli operatori, al termine del progetto Tecnomugilag, avranno acquisito tutte le conoscenze necessarie per far crescere i cefali nelle lagune della Sardegna. Utile se si vuole avere tutto il controllo sulla produzione, soprattutto nelle prime fasi, come l’allevamento degli avannotti, il monitoraggio e lo spostamento dei pesci. E, allo stesso tempo, un ottimo sistema per il ripopolamento di questa specie nelle acque sarde.
Riccardo Lo Re
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