La fortezza punica del Monte Sirai
Le rovine di un’intera città giacciono oggi tanto silenziose quanto portentose su una collina che ha permesso ai suoi abitanti di osservare per millenni tutto ciò che li circondava, dominando quel territorio fino al mare vicino. È questo il Monte Sirai, un punto di incontro che nell’arco di migliaia di anni ha ospitato civiltà diverse che tra queste campagne si sono a volte succedute, altre scontrate, lasciando tracce del loro passaggio ancora oggi evidenti. Qui la terra ha iniziato a svelare le loro storie dal 1962, quando un ragazzo della vicina cittadina di Carbonia trovò una delle tante steli di tophet recante la statua in miniatura di una dea femminile. Dall’anno successivo l\'Istituto di Studi del Vicino Oriente dell\'Università La Sapienza comincia gli scavi che, nel corso del tempo, porteranno alla luce il grande complesso che si può ammirare oggi.
I resti delle mura delle diverse abitazioni che hanno composto questa città ti accoglieranno fin dal tuo arrivo. Proprio le rovine che ti ritroverai ad ammirare, insieme ai tanti utensili e oggetti di culto rinvenuti tra gli edifici, hanno permesso agli archeologi e agli storici di ricostruire la città, restituendo così al mondo una visione completamente nuova dell’insediamento.
Sebbene la sua storia inizi dall’VIII secolo a.C. con l’arrivo dei fenici della vicina Sulky (oggi Sant’Antioco), ciò che oggi vediamo sono le dimore di età tardo-punica e romano-repubblicana risalenti al IV - II secolo a.C. È il momento in cui l’insediamento raggiunge la sua massima espansione anche grazie ai romani che lo modellano e dividono in nuclei chiamati insulae, continuando l’opera di consolidamento iniziata dai punici prima di loro.
La città a quel punto si arricchisce di strade e piazze in mezzo alle quali potrai passeggiare ancora adesso. Mentre osserverai le antiche fondamenta, immagina le basse case squadrate dal fascino medio-orientale e i bambini che si rincorrevano tra queste vie, animando l’insediamento insieme ai commercianti delle piazze e al resto degli abitanti.
Tra queste, tre dimore sono state sottoposte a studi più dettagliati che ci raccontano qualcosa di più sul tenore di vita degli abitanti. si tratta della Casa di Fantar e della Casa del lucernario di talco. La prima deve il suo nome agli archeologi che la portarono alla luce, Dalila e Mohamed Fantar: si tratta di una casa forse signorile, dotata di un cortile interno dove veniva raccolta l’acqua piovana e diversi ambienti.
La seconda invece prende l’appellativo da un lucernario di un materiale simile al talco, levigato perché potesse far filtrare la luce nella dimora.
Poco distante dall’ingresso alla cittadina si trovava il tempio, divenuto tale solo nel III secolo a.C. e prima utilizzato come mastio difensivo. Il ritrovamento dei resti di un nuraghe sotto quest’ultimo e di alcune statue fenicie con influssi nuragici racconta di un periodo di coesistenza pacifica tra questi due popoli.
Appena fuori dal centro abitato troverai il tophet, un cimitero risalente a questo stesso periodo e dedicato esclusivamente alle sepolture infantili dove delle piccole anfore con le ceneri di ogni ospite venivano riposte insieme a sacrifici animali e steli di pietra. Altre necropoli sono state trovate nelle vicinanze, appartenenti ai periodi fenicio e cartaginese: ne scorgerai delle tracce nella zona all’ingresso dell’insediamento.
La comunità di Monte Sirai fu attiva fino al I secolo a.C., quando la cittadina subì un progressivo abbandono per poi essere scoperta nuovamente tra il VI e il VII secolo d.C.
Benedetta Piras
Fonti: dal portale web Sardegna VirtualArchaeology