La Primavera dei comuni
La Primavera dei comuni voluta dall’Anci. L’associazione concentrata sullo sviluppo che rappresenta gli uomini di buona volontà che amministrano il territorio è l’Anci, Associazione nazionale Comuni italiani. La Sardegna, con poco meno di 380 Comuni e i suoi 1,6 milioni di abitanti, dimostra tecnicamente che, esclusa qualche decina di esempi, amministrare un comune nell’isola è un dispendioso atto di amore per la propria comunità.
Per la sezione Sardegna da poco l’Anci ha presentato la Proposta di legge quadro per il progresso, la tutela, la valorizzazione dei paesi e delle aree rurali e azioni di salvaguardia della pastorizia e di tutto il sistema agropastorale della Sardegna.
Nel quadro complesso che, da ogni punto di vista sociale e collettivo si guardi la regione oggi, registra criticità e affaticamento, la proiezione è quella di una dinamica demografica che può portare, nell’arco di qualche secolo, all’estinzione dei sardi. Di questo passo la terra sarda verrà abitata da altri. Nel 2065 la popolazione sarda passerà da 1,65 milioni di abitanti a 1,1. Secondo la Caritas già oggi 300mila persone di quel 1,65 milioni sono formalmente residenti in Sardegna ma domiciliati in Italia o all’estero. I piccoli Comuni e i Comuni non costieri, sempre più vecchi e disabitati, sono le principali vittime di questi fenomeni anche se non le uniche.
La proposta dell’Anci è di rottura ma anche di speranza, è l’asserzione pervicace di chi amministra comunità che ogni giorno registrano pericolose fluttuazioni. “La primavera dei paesi” è la proposta di un insieme organico di riforme e politiche che riguardano il lavoro, l’abitare, il produrre, l’ambiente, la salute, le nuove tecnologie, i trasporti e un nuovo modo di vivere la comunità.
I temi distillati che parlano del fitto programma sono i seguenti: dal “maestro di strada” alle “comunità della salute”, dai “paesi del benessere” agli “infermieri di comunità”, dalla abolizione del “non finito sardo” alla “banca della terra”. E ancora si prosegue dalla “Agenzia per le famiglie” alla “Università della Pastorizia”, dal “telelavoro” al “lavoro diffuso”.
La proposta poi si fa portavoce di importanti temi che scottano a livello di diritto internazionale come il diritto di poter decidere liberamente dove vivere: bisogno e diritto che dovrebbe essere di ogni essere umano e che oggi in Sardegna sembra venir meno.
Dal piano teorico alla pratica potrà incontrare ostacoli ma è chiaro che La primavera dei paesi è una sfida all’Italia, all’Europa e a un modello di vita che pare davvero superato.
La Sardegna dimostra la sua fibra volendo sfuggire a uno stereotipo logoro che la vede svuotata nell’entroterra, senza valore economico nelle aree interne, senza paesi se non villaggi vacanze estivi sulle coste, con i suoi abitanti che ci abitano d’inverno per accogliere turisti d’estate. Quella che si profila oggi non è più una Sardegna che pretende sopravvivenza ma una nuova integra pluralità che chiede di svoltare e non accetta le sottrazioni. E’ una regione che affronta lucidamente il tema urbano, i ruoli e le vocazioni delle città sarde, le loro specializzazioni e responsabilità. Nella proposta dell’Anci Sardegna vi è tutto questo e un’antica solida attitudine alla continuità che va sostenuta, approfondita, rilanciata, se serve adeguata.
Nel new deal si apre inevitabilmente per la Sardegna un nuovo quesito, così come ogni area del sud dell’Europa, il problema finanziario, che in realtà è politico: quale rapporto con l’Italia e l’Europa?
Con l’unico obiettivo della fecondità, perché quello della libertà è già contenuto tra le linee guida di un popolo fortemente allenato alle nuove stagioni.
Anna Maria Turra