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La Sardegna vista da Simone Sabbieti
5 Dicembre 2022

La Sardegna vista da Simone Sabbieti


Con sequenze che parlano di paradiso in un’isola, e con un titolo così, da più parti è stata tirata in ballo la Sardegna, reale o incantata. Ma, come Sabbieti ha più volte ricordato, questo libro fotografico è un reportage nato nella sua mente già nel 2019. «Per me le immagini sono le riprese di una narrazione, un reportage di vita analizzato a comunicare un’idea, enfatizzando le emozioni e le azioni. Come la genesi di un film.»


A chi gli chiede che effetto gli abbia fatto l’incontro con una popolazione come quella sarda, e se si senta capace di predizioni, il fotografo toscano, non esita «Un effetto bruttissimo: è l’obbiettivo che dovrebbe investire la realtà, non il contrario. Ero all’opera con i miei strumenti quando la Sardegna mi ha aggredito alle spalle, sono stato travolto da un’intensità e non ho più potuto essere io a governare il mio lavoro.»


Entrare nell’isola è uscire dal resto. Ovattato in una lingua che imposta la vita in un altro modo, ogni scatto è per il fotografo Simone Sabbieti uno shock che trasforma l’uomo nell’esperienza di un esproprio, il fotografo nello strumento di un’entità chiamata Isola.


«Niente somigliava più a ciò che conoscevo: dopo una giornata di caldo torrido ho sentito pronunciare questa frase “oggi ha piovuto fuoco”, la Sardegna trova parole diverse che poco hanno a che fare con quel che conosciamo già, è come se in quel discorrere potessero starci molte più cose di quelle che sappiamo, forse perché è un luogo che è come fuso con la luce.»


Qui, per il Sabbieti uomo, anche il futuro è di capriole all’indietro e parla del mondo, non della natura selvaggia. Parla non dell\'attualità, ma del presente, un presente dominato da quel millenario senso d\'appartenenza del genere umano alla radice-terra che non lascia spazio che per un riscatto, dovuto, disciolto nel piacere di un agire buono, elegante. Efficace.



Nella prefazione di Luca Facchini questo lavoro tra immagini e letteratura si apre così: “Non osserviamo foto di tradizioni artefatte, che spostano semplicemente gli anni indietro per un’occasione, ma vediamo un presente e intuiamo un linguaggio e un atteggiamento che il popolo sardo ha imparato per coesistere con la propria terra. Non vediamo una natura in posa, molto al contrario, un ambiente strabiliante e duro, indomabile.


E il libro si serve dell’intermediazione di uno dei più riconosciuti scrittori italiani, Salvatore Niffoi che delle foto di Simone Sabbieti sospetta si tratti di un contagio, di una febbre di Sardegna a temperature tali che nessun fotografo autoctono avrebbe mai potuto sostenere.


Risolta nell’arguzia di una frase lo scrittore insinua la verità che un demone abbia investito la sua macchina fotografica scaricando, nell’entroterra o contro l’arenile, l’intero eccitante sarcasmo dell’uomo che osa prendere a sberle la luce, nello stesso modo democratico in cui lo farebbe a qualsiasi latitudine del mondo.


«È stato mentre scattavo tra le grandi e potenti rocce galluresi di Capo Testa e tra le terre crude della Barbagia che ho sentivo l’esigenza di una sceneggiatura in grado di guidare ed esaltare soggetti e situazioni. - spiega Sabbieti - Sentivo la necessità di raccontare in modo che ogni immagine vivesse di luce propria, di una propria anima. Per questo scopo mi fu suggerito lo scrittore sardo Salvatore Niffoi. Mi accorsi subito di quanto il suo stile narrativo fosse, più che adatto, necessario a questo reportage. Così gli telefonai e, dopo una breve presentazione del progetto, lo incontrai a casa sua.»



Lo stile narrativo dell’intellettuale di Orani è commistione di italiano e sardo, lascia che il lettore entri nelle atmosfere del luogo, percepisca i movimenti e la particolarità delle scene. Le sue descrizioni hanno il potere di restituire colori, odori e suoni, sollecitando i sensi. «Una narrazione visionaria e onirica che ha finito per guidare le mie scelte, ispirando molte delle fotografie di questo libro. - spiega Simone Sabbieti - Le mie foto sono racconti, senza sovrastrutture in post, senza mai mentire. Ho sempre avuto uno sguardo attento, pulito, disincantato. Ho sempre creduto che il migliore sistema narrativo potesse essere la verità e ho sempre lavorato in “direzione ostinata e contraria” raccontando persone, facce, sorrisi, urla di dolore. Parlano di vita vera, di persone vere. Sono oneste e immediate e sanno essere molto più creative della fantasia.»


Nelle trame di Cristolu, o de Il sogno dello scorpione, in quelle de Il venditore di metafore o de La vedova scalza Salvatore Niffoi incide l’infinito stupore di un immaginario collettivo: quell’enormità che fa della Sardegna un posto universale ed insondabile. Le storie di vita vera, tradizioni, tragedie e costumi si lasciano intercettare dalle immagini di una terra che, in questo libro di Paolo Sorba Editore, celebra l’autunno nel rituale di pazienza e l’estate nello scendere a patti del mare in trasparenze di cielo. Le facce e i corpi sono sculture di ologrammi, ricordano che il tempo scorre e, che sì, le cose cambiano, ma non dimenticano da dove vengono.



Anna Maria Turra


Inspiration

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