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Porceddu sardo (ph. Dario Garofalo)

text Antonella Brianda

29 Luglio 2024

La tradizione del Porceddu sardo allo spiedo

Tutto quello che non sai su uno dei piatti più tipici dell'Isola

Quando si dice Sardegna, si pensa subito alle sue incantevoli spiagge dalla sabbia candida e l’acqua cristallina. Ma a venire in mente subito è anche il suo piatto tipico, quello che rappresenta al meglio il Made in Sardinia, ossia il maialino arrosto, o “porceddu”. Ricetta classica della cucina sarda, quasi un simbolo di questa isola di pastori, agricoltori, di terre incontaminate, vento di maestrale e coste selvagge, il “porceddu” è la spina dorsale su cui si basa tutta la tradizione gastronomica dell’isola.

Le sue origini sono antiche: l’allevamento del maiale in Sardegna risale all’epoca preistorica e sono state trovate rappresentazioni, statuine e reperti di ossa di maiale risalenti al 5.000 A.C. Durante il periodo dell’impero Romano il maiale sardo veniva anche esportato nella penisola, a Roma. Alla sua diffusione contribuì in larga misura la colonizzazione spagnola, che dominò per circa due secoli la terra sarda, tanto che ancora ai giorni nostri, nella regione della Castiglia, il maialino è così diffuso da essere diventato un piatto tipico, nonostante sia preparato in maniera diversa rispetto a quello sardo, poiché la cottura avviene al forno invece che allo spiedo, come nella tradizione dell’isola.

Porceddu sardo (ph. Dario Garofalo)

Questa succulenta pietanza veniva preparata dai pastori solo in occasioni speciali, come il periodo pasquale, o nel periodo delle festività natalizie. Considerato un alimento pregiato che non poteva di certo essere consumato tutti i giorni, la cottura del “porceddu” assumeva quasi la funzione di un rito, e consumarlo in famiglia o con ospiti era una vera è propria festa.

Normalmente infatti si aveva l’esigenza di far crescere il maiale e macellarlo quando il suo peso aveva raggiunto una consistenza tale da poterci ricavare più pietanze e preparazioni. Era infatti un alimento davvero prezioso, poiché le famiglie potevano ottenere dalle sue carni molti altri prodotti e insaccati tradizionali, tra cui il sanguinaccio ricavato dal sangue, lo strutto estratto dal grasso, il prosciutto e le salsicce che venivano essiccate e conservate per lunghi periodi e utilizzate nei mesi successivi. Ecco perché macellare un maialino da latte era insieme un sacrificio e una festa. Per cucinarlo al meglio è importante scegliere bene la carne, ossia quella appunto di un maialino che ancora mangia latte materno, e cuocerla su una buona brace, in maniera che si formi la crosticina croccante in superficie ma che all’interno la sua carne rimanga tenera e invitante. Anche se molti marinano la carne o la farciscono con erbe e aromi, il gustoso maialino della cucina sarda cotto in questo modo non ha bisogno di grandi aggiunte durante la fase di cottura: saranno i suoi succhi interni a rendere la carne saporita, e si può poi condirlo a fine cottura con i caratteristici rametti di mirto che ne regalano un aroma inconfondibile.

Si tratta di una vera ricchezza gastronomica sarda che vale la pena gustare se si visita l’isola.

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