L’arte interattiva grazie ad [AR]T
Un altro piccolo tassello è stato appena posto sul terreno dell’arte. Piccolo perché concettualmente non è nulla di nuovo. Il concetto di quarta dimensione è stato pienamente affrontato dal cubismo grazie a opere che pongono diversi punti di vista di fronte al pubblico, che può quindi osservare l’oggetto tenendo conto dell’infinità di prospettive create dall’autore.
Eppure in questi ultimi tempi tecnologie come la realtà aumentata stanno diventando sempre di più degli ottimi strumenti narrativi ed espressivi messi a disposizione del pubblico. T è uno di questi, un’esperienza immersiva e artistica nata dall’accordo di Apple e New Museum of Contemporary Art di New York.
Con questa collaborazione, il pubblico, iscrivendosi al nuovo progetto di Today at Apple, può quindi vivere questa esperienza attraverso tre diverse sessioni. La prima è un percorso interattivo previsto al momento su alcune città globali come San Francisco, New York, Londra, Parigi, Hong Kong e Tokyo. Seguendo un iter ben preciso, con il cellulare si posso osservare alcune opere create ex novo da alcuni degli artisti di spicco dell’arte contemporanea selezionati appositamente dal New Museum: Nick Cave, Nathalie Djurberg e Hans Berg, Cao Fei, John Giorno, Carsten Höller e Pipilotti Rist.
Per alcuni, questa rappresenta la prima esperienza nel campo della realtà aumentata, ma non per questo la forza creativa di questi autori si è bloccata di fronte a questo piccolo ostacolo tecnologico.
La seconda è invece un vero e proprio laboratorio in programma in alcuni Apple Store cittadini, dove si spiegano tutte le basi sulla creazione di oggetti in AR grazie all’app Swift Playground. Il programma in questo caso è curato dall’artista Sarah Rothberg, che offre agli utenti l’opportunità di sperimentare con mano il software per una durata di 90 minuti.
La terza, ma non ultima, sessione è invece la fruizione dell’opera di Nick Cave denominata Amass, che magicamente compare una volta entrati negli store permettendo così al pubblico di partecipare a questa esperienza immersiva e positiva senza per forza essere in una delle metropoli citate.
I più critici potrebbero scontrarsi sull’esclusività del progetto. Dove sta la novità? La realtà virtuale (che, rispetto a quella aumentata, prevede l’utilizzo di un visore connesso a un computer o a uno smartphone) è già sul campo proponendo diverse creazioni che spaziano in diversi settori, come il cinema. In effetti non si può parlare di una rottura con le tradizioni, le regole classiche o con un linguaggio che si è protratto nel tempo.
Ci sono però due elementi interessanti che stanno dietro a programmi come T. Il primo, più astratto, riguarda l’aggiunta di un punto di vista mediato che va a integrare e ad amplificare quella che è ancora oggi un’esperienza individuale e diretta tra opera e fruitore e che non prevede, sino ad ora, un filtro in grado di veicolare il messaggio dell’artista. L’altro grande aspetto, in questo caso molto concreto, da tenere sicuramente presente è la partecipazione attiva di autori e istituzioni ufficiali che, anziché vedere questi strumenti negativamente, ritengono la tecnologia come una nuova frontiera dell’arte.
Grazie all’AR (Augmented Reality), la realtà viene rimodellata dall’autore e trasformata in un mondo dove poter trasmettere le proprie idee al pubblico, che può trovarsi improvvisamente a inseguire una forma scintillante e mutevole come nell’opera di Pipilotti Rist International Liquid Finger Prayer, a leggere alcune citazioni che compaiono nel cielo come in Now at the Dawn of My Life di John Giorno, o, perché no, vivere per un momento senza prospettiva, come in Through di Carsten Höller.
Riccardo Lo Re