Connect with us

Sign up our newsletter

Get more inspiration, tips and exclusive itineraries

+
Le grafiche di Mara Damiani sui cubi di cemento
1 Settembre 2022

Le grafiche di Mara Damiani sui cubi di cemento


Mara Damiani designer e artista fa un’operazione di personalizzazione grafica su quattro dei cubi di cemento che ARST, azienda regionale sarda trasporti, ha disseminato per la città; sono enormi blocchi grigi, necessari agli interventi strutturali per i lavori della Metropolitana leggera che ora, ricoperti dalle colorate immagini di Mara Damiani, parlano di identità e di Sardegna nel gioioso linguaggio della grafica di chi si è formata all’Accademia Disney di Milano.


Accademia di belle arti di Brera, Mara Damiani, cagliaritana, dall’università di Firenze si sposta a Milano. La sua è una vita di sperimentazione e creazione da quando Brera era l’accademia in cui ancora design e digitalizzazione non erano materie contemplate. A ridosso dell’ultimo anno conosce Matteo De Benedittis, è il primo colorista della Marvel Italia, noto tra l’altro per le cover di Lazarus Ledd e Hammer, diventerà anche il padre del suo primo figlio, la lascerà a causa di un incidente stradale. Ma prima la induce a frequentare l’accademia Disney creata in quegli anni a Milano, nell’ateneo avveniristico di via Turati l’unico obiettivo è dar corpo al team che tra colorazione digitale, inchiostrazione, creazione di testi e sceneggiature cambierà il destino della Disney in Italia. Spera di poter accedere al corso per disegnatori ma è già al completo, si iscrive così a quello di colorazione digitale, acquista un rudimentale Mecintosh sperimentandone il sistema operativo come strumento per il suo disegno. Diventa una colorista digitale, imparare la pittura col computer, flettersi a una tecnica nuova, e diametralmente opposta alla propria estrazione, col tempo diverrà un’enorme opportunità.



«Mentre formavano illustratori al computer l’evoluzione dei programmi rendeva possibile la trasformazione del prodotto Disney; chiaroscuro e acquarelli sono molto distanti dal programma  Illustrator - spiega Mara - io ho dovuto arrancare parecchio per scoprire come far funzionare la mia tecnica pittorica e, per un iperrealista come sono sempre stata, manipolare il computer in una direzione che poi diventa la mia carta vincente, non è operazione dal successo così scontato; col tempo imparai ad usare alla perfezione Illustrator, un programma vettoriale che permette stampe in grandi dimensioni e viene usato per lavorare con grafiche da applicare ai prodotti. Così dopo la morte di Matteo sono stata in grado di portare a termine l’assurda mole dei suoi lavori già iniziati. Da Disney è stato come apprendere e raccogliere un metodo ma non riesco a smettere di sentire il bisogno di tirare fuori la mia voce».


Parla di Daimon, l’art director che lascia collaborazioni con Milan calcio, Mattel o Bormioli per trasferirsi sull’isola e perfezionare una ricerca che ha a che vedere con la propria identità. Se ciò che siamo destinati ad essere risiede a metà tra la nostra natura umana e quella divina, come afferma Platone nel mito di Er, ognuno di noi ha la responsabilità di essere ciò che ha scelto di essere: non è colpa della divinità se non lo è. Poi, negli anni, gli fa eco l’allievo di Jung, James Hillman, riprendendo il concetto nel suo libro Il Codice dell’Anima definisce il Daimon come una creatura divina, ciò che ci conduce nel compimento del disegno della nostra anima, ci accompagna fedele stimolandoci alla grandezza e alla potenza.



Nel lavoro di Mara Damiani appare un allenamento a uno story telling ossessivo e, tra immagini, cromie, composizioni grafiche che diventano emozionali, lascia la Disney che da tempo si è fusa con Pixar e lavora anche per quella parte dell’editoria che l’ha sempre pagata, bene e puntualmente. «Ormai però principesse e cuoricini mi uscivano dagli occhi, avevo bisogno di dar corpo a un processo di ricerca e di analisi sulla mia terra che ho lasciato a 17 anni - spiega l’artista - da giovane se vuoi partire parti e basta e non ne sai granché delle sub regioni della Sardegna, intorno a dove sono nata credevo esistessero solo bidda, cioè paesi. Smetto di lavorare per Disney per un desiderio di narrare l’isola con lo strumento grafico di cui Disney mi ha dotato. Così eccomi qua, su social ho fatto un piccolo sondaggio su cosa ne pensassero i miei concittadini di un’operazione di affissione sui cubi grigi di cemento ed è stata un’ovazione. Qui le cose sono semplici e accadono semplicemente. Ho chiesto all’amministrazione che si è fatta carico dei costi. Nel mio progetto prevedo il coinvolgimento di altri artisti».   


Si sente fortunata ad avere due mariti che l’hanno appoggiata, Matteo prima e Giorgio oggi, una famiglia, dei genitori e due figli che la supportano. Di fatto c’è un mare di gente che trova appassionante la sua storia mentre una comunità l’incoraggia a raccontarla.


Studia le processioni sacre, quelle del folklore, i diversi tipi di pane, l’archeologia e il carnevale, tutto quello che la attrae è un universo che va scoperto, analizzato e divulgato. I diversi carnevali sparsi per l’isola, con il loro nucleo costitutivo omogeneo si declinano in tradizioni e maschere differenti che vengono raccolti con lo strumento della grafica nel suo libro Carrasecare Design edito da Arkadia, con testi curati dal fratello Luca M. Damiani.


«Del resto Picasso che dall’iperrealismo decide di dipingere tutto storto forse riesce a dirci qualcosa. - prova a spiegare l’art design - Raccontare la nostra vita con il linguaggio del design sento che la valorizza e insieme tende a tradurla. L’importante è che non lo si faccia copiando. Devi studiare in maniera dettagliata, è l’unico modo che io vedo, l’ho fatto ad esempio per il Pozzo di Santa Cristina domandandomi il perché di ogni maledetto dettaglio; come un bronzetto, per esempio, che ridisegnato ha bisogno di analisi e rispetto, amo estrapolare un dettaglio e renderlo grafico». Poi la soddisfazione di aver ricevuto la gratitudine di Gavino Sanna che, dopo aver acquistato il suo libro, elogia la forma di accurata precisione che Mara Damiani sa imprimere ai suoi lavori.


Vale anche per questi blocchi giganti di 2 metri e 10 per 1 metro e 60 con al centro un palo di traverso, sono oggetti che dall’aeroporto accolgono i turisti e gli abitanti di Cagliari e che ora parlano di Sardegna, in un sottotesto che induce all’attesa di nuove nascite in città e spiega della provvisorietà di un intervento d’arte realizzato su carta, senza alcuna azione pittorica. Ricoprirli è un gesto effimero eppure concreto. Rapido. «L’ho deciso di getto – spiega Mara Damiani - con l’eccitazione che mi assale sulla pelle ogni volta che devo conoscere un posto, o che sento raccontare una storia».   


Uno dei blocchi rappresenta i gioielli della tradizione: fortuna, fertilità e amore appaiono in uno straordinario taglio fotografico. Antichissimi e solenni campeggiano svelati dalla precisione dei suoi segni. Si tratta, per esempio, del bottone sardo, quello che sembra un pendente bianco, evocazione del capezzolo della dea Tanit, che nella cultura fenicia è dea della fertilità e della rinascita. È un elemento di buon auspicio che ricorre oltre che come bottone anche come gemello, come ciondolo o declinato in orecchini. Poi abbiamo su Coccu: è un talismano che serve a proteggere dal malocchio, spesso ha il significato di tutelare anche il territorio; il Rosario è invece il monile sacro, dedicato al credo; SaGancera è l’ornamento che si snoda con un gancio a doppio cuore, serve per chiudere il corpetto della donna nella parte anteriore o gli estremi di su Muccadore che è il copricapo femminile, è la catena dell’amore, in questo caso è anche simbolo dell’amore per il territorio; ed infine abbiamo S’Arrecada con Lantionis, ovvero l’ orecchino con la barca e il lampione: preziosità che veniva regalata dall’uomo alla futura sposa quando il loro amore era ancora celato alle famiglie, la barca ha il significato di trasportare il loro amore e il lampione di illuminarlo in eterno.



«L’altro blocco, accanto al palazzo dell’ENEL, è dedicato a quattro abiti della tradizione isolana, retaggio del periodo spagnolo aragonese. Ogni comune ha un suo abito ed ogni donna ne ha più di uno in funzione all’età, alla circostanza e alla posizione sociale. Perciò se in Sardegna ci sono 377 comuni, vuol dire che abbiamo più di 377 abiti tradizionali con annessi accessori e gioielli.


I quattro abiti indicati sono storici: SaPanettera, che io definisco la rejnas, cioè regina, di Cagliari, ogni donna porta l’abito della tradizione, ricco o umile che sia, in maniera regale. SaDesulesa è la donna di Desulo, poi vi è quella di Quartu Sant’Elena, con il cappello ed i fiori, e infine la regina di Oristano.   


Il blocco che guarda alla salita della processione di Sant’Efisio, - continua Mara Damiani - è dedicato allo scioglimento del voto che la comunità svolge ogni anno dal primo maggio di ormai 366 anni.


Le due facciate che guardano verso Largo Carlo Felice sono dedicate alla Municipalità, hanno i colori e i simboli che rappresentano il Comune e il simulacro con una rappresentazione del santo, le facciate rivolte alla strada da cui scende tutta la processione sono un tripudio di bellezza e amore in un grande gesto collettivo e devozionale.


Solenni ed eleganti tutti i fedeli scendono come un fiume di colori tra tintinnii e profumi, il tutto è reso nelle due facciate del solido che mostrano uomini e donne in processione. Un ultimo blocco in cemento è posizionato accanto alla sede dell’ARST da dove partono gli autobus, qui si rappresenta SaRamadura, il rito di lanciare petali di rosa in onore del santo proprio quando passa nella strada che fiancheggia il Municipio, esplodono colori e profumi mentre la strada si trasforma in un dipinto impressionista. Man mano che il simulacro si sposta, uscendo dalla chiesa di Sant’Efisio di Cagliari per arrivare alla chiesa gemella di Sant’Efisio di Pula, i petali vengono sostituiti da piante della macchia mediterranea con elicriso, lavanda e rosmarino».


Un’avventura che inizia con un libro e apre le pareti di cemento come porte di un’immaginazione collettiva.


Così come Mamoiada, Orani, Orotelli dimostrano che ogni paese ha un suo carnevale con un diverso incanto mentre le maschere sono connessioni empatiche legate a più rimbalzi a tradizioni, allo stesso modo lo stile di Mara Damiani si riconosce in questi rivestimenti in un processo di studi che la rende inattaccabile in un’uniformità che parla di una terra in cui possono trovare spazio infinito altri artisti.



Anna Maria Turra


Inspiration

Connect with