Le janas: fate e streghe della mitologia sarda
Non c’è popolo oggi che non conosca le fate. Da un capo all’altro del mondo il piccolo popolo ha sempre fatto parlare di sé nel bene o nel male grazie ai miti e alle leggende che ne hanno tramandato il ricordo fino ad oggi e che continuano ad affascinare tanti lettori e appassionati. Anche in Sardegna le fate hanno da sempre fatto parte del folklore locale, ricoprendo il ruolo di benefattrici o streghe malvagie a seconda del racconto e della località. Le chiamano ancora oggi Janas e, a seconda della zona in cui ci si trova, su di loro si raccontano fiabe sorprendenti o racconti di paura.
Stando ai racconti popolari queste creature femminili devono il loro nome alla dea Diana generalmente associata alla verginità e dalla quale a loro volta sembra abbiano preso un altro nome: le Virghines. Le leggende che raccontano delle janas lo fanno attribuendo loro un aspetto che varia di volta in volta, così da una parte si tratterà di donne dalla bellezza ultraterrena, di vere e proprie fate alte appena un metro o di maghe dalla grande saggezza.
Al contrario, in altre zone dell’isola come Tempio Pausania o Isili, le janas sono figure associate ai malefici e all’inganno. Spesso dall’aspetto mostruoso, sono tentatrici di uomini o esseri dispettosi e per questo chiamate anche Mala Janas o “fate malvagie” che mettono alla prova i viaggiatori e si vendicano aspramente con chiunque faccia loro un torto o le tragga in inganno. A Tonara e in altri luoghi della Sardegna invece le janas sono molto simili ai vampiri, al punto da adescare gli uomini e prosciugare gli sventurati dal loro sangue.
Anche le usanze delle janas sono conosciute al popolo sardo: queste fate vivrebbero infatti in luoghi segreti e al riparo dalla luce del sole, spesso associati alle antiche sepolture chiamate appunto domus de janas, e uscirebbero soltanto di notte per evitare di scottarsi. Sono anche solite danzare in cerchio nei boschi e tessere sui loro bellissimi telai d’oro, una delle tante ricchezze che si dice le janas accumulino.
Benedetta Piras
Crediti foto
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