Le meraviglie dei coltelli di Pattada
Pattada, nella provincia di Sassari, è il centro identificato a livello internazionale con la tipica produzione di coltelli.
Leppa o resolza? Stiamo parlando di coltelli sardi. Questo tipo di manufatto ha origini antiche ed è un arnese che fa parte della quotidianità di contadini, artigiani, cacciatori, pastori, ma anche di appassionati di oggetti tipici. Facile e quasi inevitabile tornare dalla Sardegna con uno di questi oggetti artigianali, alcuni dei quali anche molto particolari e impreziositi da lavorazioni e materiali.
Coltelli sardi artigianali, le caratteristiche
Ma vediamo la differenza. La resolza è un antico coltello sardo a serramanico legato alla cultura locale che faceva addirittura parte dell’equipaggiamento della Brigata Sassari durante la Prima Guerra Mondiale, viene considerato il prolungamento della mano del pastore ed usato anche dai contadini nelle loro attività quotidiane; la leppa è più simile a una sciabola di 50/60 centimetri con la punta ricurva verso l’alto che si usava portare attaccata alla cintura. La particolarità della leppa è la forgiatura della lama: un modello simile a oggetti del genere presenti solo in Medio Oriente e in alcune tribù berbere del Nord Africa.
I coltelli di Pattada, gli originali
È Pattada e il luogo dove la tradizione dei coltelli è considerata culto, tanto che la resolza è conosciuta anche come il Pattada o, in sardo sa pattadessa. Sono anche altri i luoghi in Sardegna che creano e propongono questo coltello a serramanico ognuno con la propria specificità.
Ricevere una leppa è nella cultura sarda vedersi riconosciuto un merito. “Ti regalo una pattadese” è anche promessa di accoglienza e diventa espressione di una profonda forma di ospitalità e di inclusione nella cerchia degli intimi.
Veri e propri oggetti di culto, devono avere alcune caratteristiche che appunto distinguono il ‘vero’ coltello sardo dalle molte imitazioni. Come prima cosa il coltello deve essere firmato con il nome del coltellinaio che l’ha prodotto, con un simbolo o un marchio riconducibili. Inoltre, nessun blocco di sicurezza viene previsto per la resolza che ha un manico, nella versione più tradizionale, in corno di montone, ma può anche essere in corno di bue o radica, ma mai in plastica o resina.
La differenza con i coltelli di Arbus
A far da concorrenza a Pattata è Arbus e tra i due coltelli esiste qualche differenza. Il primo ha una lama in acciaio e in damasco a forma di foglia di mirto, di differente lunghezza a seconda dell’uso, è a serramanico e il manico di corno di muflone; il modello arburese è un coltello cosiddetto monolitico, con lama a forma panciuta a foglia larga e il manico, spesso impreziosito con sculture, viene intagliato appositamente per creare l’alloggio della lama. È considerato il miglior coltello per scuoiare gli animali.
Il coltello guspinese
Il coltello guspinese invece ha una storia particolare: nel 1908 a seguito della legge Giolitti che vietava di portare con sé strumenti appuntiti atti a offendere, fu “decapitato”, gli fu cioè mozzata la punta e da allora divenne il coltello utilizzato dai minatori.
Come dicevamo, esistono infinite varietà di coltelli a seconda delle zone di produzioni, delle botteghe di lavorazione e dell’uso che se ne fa. Sono anche molti i coltelli sardi da collezione a seconda delle diversificazioni delle lame (damascate o cesellate ad esempio) e per i manici che, oltre ad essere di corni di animali diversi come muflone, montone, cinghiale, hanno arricchimenti preziosi, oltre che colori e venature particolari.
Il Museo Culter a Pattada
Per conoscere questi oggetti, i loro creatori e la loro storia nasce il Museo Culter a Pattada, prima esposizione permanente in Italia che propone un percorso per seguire dal vivo l’intero processo della complessa lavorazione di un attrezzo tanto importante nella cultura dell’Isola.
I coniugi Salvatore Giagu e Maria Rosaria Deroma sono specializzati nella produzione della resolza alla quale affiancano la creazione di coltelli artigianali a lama fissa e a serramanico e, grazie anche alla nuova generazione formata dai loro quattro figli, portano avanti il lavoro con competenza, tecnica e idee innovative.
Anna Maria Turra