Le noir et le blanc - Chanel Haute Couture P/E 2020
Un ritorno alle origini, un’immersione nei ricordi di infanzia di Gabrielle Chanel, un tributo alle fonti di ispirazione che ne hanno forgiato il carattere e l’hanno formata a livello personale e artistico, rendendola ciò che è diventata, l’immensa Coco.
Ecco che la nuova direttrice artistica di Chanel, Virginie Viard, alla seconda prova nell’Haute Couture dopo la morte di Karl Lagerfeld, celebra le origini della Maison con una collezione sorprendente per il suo rigore, l’essenzialità delle linee e la purezza dello stile. Ne nasce un omaggio al passato trascorso in collegio dove Coco è cresciuta tra lavoro e preghiera, fra panni stesi al sole e passeggiate nel giardino aromatico dell’Abbazia Cistercense di Aubazine.
La ricostruzione fedele della location francese ci proietta in uno scenario cristallizzato, lontano dai riflettori, che nell’interno del Grand Palais parigino ritrova l’ispirazione primaria della grande stilista francese. La meditazione monastica sembra dominare i pensieri delle modelle che sfilano nella splendido cortile quadripartito popolato di piante aromatiche, con i panni bianchi stesi al sole che fungono da quinta e nascondono il backstage. Emerge un savoir faire impeccabile, fatto di tessuti preziosi, ricami sapienti, bottoni gioiello, colli oversize da educanda, e sotto tutto le calze bianche immacolate, per una seduzione sull’orlo dell’austerità, pacata e raffinatissima, ben lontana dal sex appeal strillato.
Libere dagli orpelli e dagli ammiccamenti maliziosi, le candide collegiali incedono silenziose, riflessive e ispirate da qualcosa di più grande. Sotto le volte in ferro e vetro del Grand Palais sfilano nel chiostro fra piante selvatiche e un’idilliaca fontana, castigate presenze che indossano i temi più cari alla Maison: lane bouclè impreziosite da fili metallici, organze a fantasia vichy, gonne vaporose in tulle, e su tutto trionfa l’iconico bianco e nero.
Mocassini neri, scarpette stile Novecento, stivaletti stringati, tutto evoca la disciplina, il lavoro e la preghiera. Le silhouette precise e affusolate si alternano ad abiti ricamati con motivi floreali, alcuni ispirati al giardino e agli erbari, altri ai motivi geometrici delle vetrate e delle inferriate del collegio, ma impreziositi da micropaillettes.
I codici estetici di Chanel si rivelano tra lane bicolori e tweed, pieghe piatte, cinture con fibbia, gonne a ruota con tasche a grembiule, concedendo pochissimo anche al famoso logo. Unica nota di colore sono i motivi grafici ispirati alle vetrate colorate, con tocchi di rosa, azzurro e gialli pallidi, e alle pietre della pavimentazione, suggerite dai motivi ricamati con paillettes. La purezza delle linee è sublimata dai lunghi cappotti in tweed e crêpe, e tra tanta raffinata austerità trova spazio un leggero e grande mantello in taffetà avorio poggiato su un abito in taffetà blu.
Se gli abiti a colonna plissettati lasciano intendere una serata sobria e ricca di emozioni, l’abito corto da sposa, realizzato in georgette di crêpe, impreziosito da un triplo colletto in tulle e velo ricamato con rami di glicine, è una vera sorpresa... D’altronde Coco Chanel amava sorprendere, essere all’avanguardia e audace in mille modi, anche andando oltre il prevedibile e l’esibizione, cercando in ogni donna un’unicità che superasse il voler piacere a tutti i costi.
Questo è il fascino senza tempo, questa è l’eredità di Coco che Virginie Viard sta raccogliendo e trasformando, perché come diceva Jean Cocteau: “Mademoiselle Chanel ha imposto l’invisibile: la nobiltà del silenzio sul rumore dell’alta società”.
Nathalie Anne Dodd