L’Occhio dell’Osservatore di Nicola Camoglio
Non ha non ancora trent’anni il regista cagliaritano di Sinnai Nicola Camoglio ma ha già scritto e diretto The eye of the beholder ovvero “l\'occhio dell\'osservatore”. Uscito a dicembre è il suo primo lungometraggio e rappresenta la scommessa vinta di un ambizioso progetto.
Nicola comincia le superiori a Cagliari, al liceo scientifico Michelangelo, dove ha continui scontri con i professori, è rappresentante di classe e a stare nell’ombra proprio non ci sta: «Sentivo di non essere simpatico ad alcuni professori - precisa Nicola - Decido di lasciare l’Italia e di finire la scuola all’interno di un corso internazionale. In seguito a uno scambio culturale con una scolaresca di Göteborg, mi diplomo con l’intenzione precisa di alimentare la mia passione per il cinema, la Svezia è una terra di grande fermento nella cinematografia.»
Ne nasce un lungometraggio, che rappresenta un’intuizione estetica dalla vocazione internazionale e che diviene un modo di ricollegarsi al lavoro e al piacere di rappresentare il proprio mondo: estrazioni geografiche, desideri e talenti sono tutti lì a portata di mano. Inevitabilmente nelle sue amicizie entrano a far parte altri giovani specialisti in materia e presto ci si rende conto di avere il potenziale adatto per lavorare su quella che sembra essere, più che un’ambizione, una scommessa. Con una campagna di crowdfunding chiede di essere sostenuto unicamente per l’ultimo passaggio della chiusura di un film che è già interamente autoprodotto. Con il lancio della campagna su Indiegogo intende raccogliere risorse per completare, a partire dal montaggio, l’ultima fase della post produzione che include il sound design, il mixing and mastering, il color grading e la registrazione della colonna sonora.
«Trovo che sia Cagliari sia Göteborg siano rappresentate inadeguatamente nel nostro cinema - sostiene Nicola Camoglio - per chi ha deciso di sostenerci proponiamo uno scambio regalando copie del film a tiratura limitata, inviti alle prime visioni e una versione dipinta a mano dall’artista Mariella Garcia del poster, il video è disponibile al noleggio e all’acquisto esclusivamente su Vimeo. Le musiche sono di Davide Totaro, compositore e amico da 15 anni, anche lui classe 91, siamo gemelli separati da due soli giorni, è di Napoli e produce musica Trap, è noto col nome di Dat Boi Dee e vince dischi d’oro come Loco di Lele Blade e Narcos di Geolier.»
Un lavoro della durata di 5 anni, perché se nel gennaio 2015 il giovane autore inizia a scrivere, nel 2017 inizia a girare, con l’uscita in dicembre ha dimostrato che sono stati impiegati pochissimi anni perché spesso, nel cinema indipendente, passare alla post produzione è un percorso della durata di almeno otto anni. «Noi siamo stati fortunati, abbiamo creato una troupe di giovanissimi addetti ai lavori animati da una grande energia e dalla forza della passione.»
Due settimane di riprese in Svezia e la giovanissima troupe, dove tutti sono al di sotto dei trent’anni, sbarca a Cagliari e, in collaborazione con Artevideo, si appresta a girare le scene ambientate nel capoluogo sardo. Il film si ispira al cinema europeo degli anni Sessanta e Settanta, in particolare ai gialli italiani e ai noir francesi, generi che il regista ha sempre ammirato. È un\'attività che ha assorbito parecchie energie psicofisiche ma è soprattutto una grandissima esperienza, durante le scene non manca qualche momento esilarante che consente preziosi attimi di distensione.
La trama ruota attorno a un assassinio alle prese con un incarico che lo riporterà a contatto con Cagliari; nel ruolo principale c\'è l\'attore Michele de Luca e Simeone Latini, attore e doppiatore sardo di fama internazionale che dichiara: «Prendere parte a un progetto tanto visionario, con una regia giovane ma di chiarissima ispirazione alle più alte scuole cinematografiche, come quella del neozelandese Peter Jackson, per me è stato un vero viaggio attraverso l’idea stessa di intendere il mio lavoro.»
La fotografa è Raquel Linde. Il cast e la troupe sono composti da giovani di differenti nazionalità e nel film si parlano cinque lingue diverse: «Odio il doppiaggio e ho fatto la scelta di prendere attori che parlassero davvero le lingue, - sostiene Nicola Camoglio - in un luogo di intercultura che ogni giorno vivo in prima persona. E anche in Sardegna sono diventato adulto in un ambiente multietnico, è naturale che creda fortemente nel potere del linguaggio; non doppiare il film significa non avere un grande ritorno economico ma, almeno per ora, non è l\'elemento più importante. Stiamo continuando presentare il nostro prodotto nello scenario cinematografico in Italia con una notevole difficoltà, la nostra è una produzione così piccola, eppure abbiamo una gran fiducia di scalare al più presto una maggiore visibilità che, per il mio lavoro, io ritengo nodale.»
Oggi divide il suo tempo tra Università e prestazioni professionali alla realizzazione di un nuovo cortometraggio: Dubium è un nuovo thriller e farà il giro dei festival di cinematografia e, finita questa fatica, ricomincerà nuovamente a scrivere.
«La preoccupazione più grande è stata quella di starci dentro - annuisce Nicola - realizzare quanto avevamo in mente è stata una grande soddisfazione. L’industria cinematografica in Sardegna a livello storico non è andata bene, dal 2006 col bando si sta muovendo qualcosa ma c’è ancora molta strada da fare. Manca un tipo di cinema diverso dal docu vérité, manca il thriller come questo o il fantasy a cui lo scenario paesaggistico si presterebbe parecchio, insomma c’è poco cinema di genere.»
Intanto Nicola Camogli, per accentuare la \'presa diretta\' del mezzo cinematografico sulla sua creatività, per ora resta a Göteborg, città che per il cinema è seconda solo a Stoccolma.
Anna Maria Turra