Lu Brandali, il sito archeologico di Santa Teresa di Gallura
Per raggiungere il sito archeologico di Lu Brandali bastano 55 chilometri. Una distanza è tutto sommato abbordabile per chi, dopo una sosta a Porto Cervo, avesse voglia di raggiungere Santa Teresa di Gallura. Lu Brandali è lì, a portata di mano, e chi ha cercato nel riposo una scusa per non spostarsi dovrà poi ricredersi una volta arrivati a destinazione. Il sito ha tutte le carte in regola per stupire i visitatori. Ci sono senza dubbio le tracce di una storia millenaria, ma la prima cosa che colpisce è la natura che la circonda. La vegetazione è un ornamento imprescindibile per questa terra, e lo è stato per le comunità dell’epoca nuragica. La ricchezza di risorse, la posizione non lontana dal mare. Sono elementi che hanno influito sulla scelta di posizionarsi in quell’area. E non sono stati gli unici, visti gli insediamenti anche nel periodo romano.
Il complesso
I primi resti di civiltà a Lu Brandali si aggirano attorno al 3000 a.C. Da qui si è ricostruito un mondo che è riaffiorato solo negli anni Sessanta, con i primi scavi. In questo pezzo di natura incontaminata sono stati ritrovati le basi di costruzioni megalitiche. Come per la maggior parte dei complessi nuragici in Sardegna, anche quello di Lu Brandali presenta un nuraghe misto, una tomba dei giganti e un villaggio nuragico che si trova intorno al sito. Il nuraghe, che al suo interno varia da uno stile più arcaico a corridoio alla forma classica a tholos, si trova all’estremità di una parte rocciosa. Attorno ad essa, sono stati costruiti due torri, di cui solo uno al momento visitabile. Grazie all’altezza e alla loro posizione rispetto alle altre costruzioni, offrivano un’ottima vista panoramica, tanto da essere usata anche durante la Seconda guerra mondiale.
La tomba dei giganti e il villaggio nuragico
Gli scavi sono poi continuati. E a riaffiorare sono stati i resti della tomba dei giganti, il monumento per eccellenza dell’età nuragica. Sono degli spazi di culto dove avvenivano i riti funerari.
Ma era soprattutto un edificio dove la tribù tornava a portare un saluto ai propri cari. Un rituale che non conosce tempo. Passando di epoca in epoca, si fa sempre più forte questo legame storico tra i popoli, che provano a mantenere intatto il ricordo con chi c’è stato. Con un gesto, o con un cerimoniale, come dimostra il ritrovamento negli anni Ottanta di cinquanta sepolture antiche. Fuori dalle mura sono stati poi ritrovati dei resti di un villaggio. Composto da delle capanne a forma circolare, al loro interno sono stati rinvenuti diversi reperti archeologici che vanno dalle ceramiche a dei materiali in bronzo.
La mostra di Lu Brandali, interattiva e multisensoriale
Il sito archeologico ospita un ottimo polo museale, dove si concentrano millenni di storia e di tradizioni. È uno dei lati più ricchi della Sardegna, che ha la fortuna di possedere un patrimonio culturale immenso e di grande valore. Ma Lu Brandali si è voluta contraddistinguere per un progetto di inclusione. Tanti non hanno la possibilità di conoscere la storia con lo sguardo, ma ciò non deve per forza escluderli. La tecnologia ha fatto passi da giganti, e può essere di grande supporto sfruttando altre sensibilità come il tatto. Ed è ciò che i responsabili della mostra hanno realizzato con il progetto Tooteko - Talking Tactile di Venezia, lasciando che tutti, attraverso delle superfici tattili, possano esplorare ogni zona della mostra. Il tocco verrà poi supportato da una parte audio, in modo da essere guidati lungo tutto il percorso senza problemi.
Per la parte visiva, la mostra a Lu Brandali si serve anche delle immagini in 3D creata da Imago Team, proponendo una costruzione fedele del nuraghe e un’esperienza immersiva grazie a dei visori in realtà virtuale.
Riccardo Lo Re
Credits
Foto pagina facebook Lu Brandali