Lunàdigas film e lunadigas.com
Lunàdigas nella lingua sarda indica la condizione delle donne senza figli ma è anche il titolo di un film di Marilisa Piga e Nicoletta Nesler, che debutta nel 2016 nell\'ambito del Festival internazionale del documentario Visioni dal mondo, immagini dalla realtà. Ma nasce diversi anni prima: siamo nel 2008 quando, per il documentario su Maria Lai, Inventata da un dio distratto, visionabile sulla piattaforma Streen, le due autrici si guadagnano il premio del pubblico procedendo a grandi passi tra la politica delle donne di un grande gruppo della Puglia.
L’incontro tra Marilisa Piga e Nicoletta Nesler è l’incanto di alcuni giri del destino. «A Cagliari nell’Ottanta collaboro con la sede Rai per programmi radio - racconta Marilisa Piga - Nicoletta Nesler nel ‘91 piomba nei nostri studi direttamente dall’Alto Adige, bella e vincitrice di concorso per programmista e regista, comunica da subito la sua fibra: lei non ha tutte le risposte ma ha una smisurata volontà di conoscere. Con lei mi sono sentita sicura e parte subito un progetto pilota decisamente azzardato: sarà un gruppo di giovani down a trasmettere davanti ai microfoni della radio».
Ne nasce un percorso che, più che una trasmissione radiofonica, diventa un programma sulla disabilità dove le due autrici frugheranno con lo strumento della competenza nell’avanguardia di una comunicazione creativa che raggiunge il cuore, nel centro. Tre appuntamenti a settimana in cui per la prima volta in Sardegna i protagonisti di una condizione disagiata parlano di barriere architettoniche da superare anche per l’ufficio al primo piano da dove stanno trasmettendo. E’ un vento che sale. Non c’è noia né retorica ma la leggerezza disinvolta che in breve dà vita a un fortunato docufilm che, per Storie vere nella Rai di Angelo Guglielmi, autore con Anna Amendola di Telefono giallo e di Chi l’ha visto, porterà il titolo e la cifra divertente di quel loro programma radiofonico del ‘92: A nostro gradimento.
«La radio è un mezzo straordinariamente potente che non fa la guerra alla televisione - precisa Marilisa Piga - ricordo che al microfono i ragazzi parlavano con grande tranquillità, in tv questo non sarebbe stato possibile. Insieme, tra le cose di cui andiamo più fiere, c’è sicuramente il docufilm Visione di gioco: sono le riprese di un campionato di calcetto per non vedenti. Un interessante esperimento realizzato con portieri vedenti e con giocatori ipovedenti, in cui venivano bendati i giocatori con un livello di vista superiore a quella dei loro compagni di gioco».
Quando parte il progetto Lunàdigas, inizia una raccolta di testimonianze proprio tra le loro più vicine conoscenze: tutte declinano. Non sembrano interessate a rilasciare pezzi di un’esperienza così personale né ad essere parte narrante davanti a una macchina da presa e, in una società ancora troppo carica di pregiudizio, il progetto non sembra affatto percorribile. Servirà tempo per uscire allo scoperto.
«Ma con la partecipazione al film di Veronica Pivetti si ha la svolta, anche noi cambiamo approccio - spiega Marilisa Piga - e credo che la scelta del titolo abbia fatto il resto per l’incremento del numero delle narrazioni dei vissuti in questa nostra opera. Trovo che l’assenza di un vocabolo che rappresenti la condizione della donna senza figli sia una vera mancanza nella nostra lingua, noi l’abbiamo cercato a lungo perché non volevamo che contenesse negazioni di sorta e poi l’abbiamo trovato in lunàdigas».
A parte i primi errori di accento questo vocabolo è stato un vero e proprio ritrovamento. Lo usa per una sua opera l’artista Monica Lugas, pittrice e scultrice. E’ un termine presente nella lingua sarda, si riferisce per lo più agli animali, soprattutto alle pecore, da indagini condotte con gli esperti di lingua sta a significare “che non si riproducono per qualche motivo” e può essere riferito anche alle piante.
Mentre la scienza trova il termine infertili per identificare quelle donne che non possono avere figli, l’altro gruppo di donne, quelle che non procreano per scelta o per altre ragioni, resta senza definizione. Altri aggettivi appaiono, spaziando tra cattive o imperfette o addirittura egoiste, classificazioni che scendono come esecuzioni sommarie, spesso ancora ricorrenti tra la superficialità di alcuni luoghi comuni, per descrivere un’esperienza che non trova un nome se non l’espressione avventata di un giudizio, un di meno che decreta in fretta un’assenza di requisiti, l’aderenza a una sottrazione o al negativo. Ma le voci in Lunàdigas raccontano un’altra storia, spiegano le ragioni di una scelta privata che, pur nelle diverse e soggettive declinazioni culturali, economiche e sociali, tratteggia una condizione universale ricca di sfumature e vissuta in modo simile a tutte le latitudini. Parole che conducono attraverso un secolo di vita italiana fino ai giorni nostri, senza che l\'emancipazione abbia davvero modificato lo stigma attribuito a questa scelta.
E infatti Sbagliate diventerà il titolo di un documentario uscito proprio contemporaneamente al progetto.
“Rami secchi” è un’altra tra le definizioni che circolavano negli anni incandescenti nell’integralismo dei circoli femministi di Roma che presiedono la commissione cultura.
«Io e Nicoletta non ci arrendiamo ed ecco che appare una piccola produzione di Bologna: la Pierrot e la rosa. In due o tre anni realizziamo il tutto, snobbate da personaggi come Dacia Maraini che, allora ancora sconosciuta, declina il nostro invito, così come pure Raffaella Carrà. Ma altrettante sono le donne che hanno accettato e che si sono affidate: Margherita Hack si lascia scoprire col quel suo tratto che dischiude a una vivacità intellettuale del tutto toscana, così come Lea Melandri che d’estate per due mesi l’anno, sta a Carloforte. La più anziana delle interpreti, che ora ha più di 90 anni, è Lidia Menapace che sul finale dichiara: “Non capivo perché tutti i miei parenti, dopo essermi sposata, guardandomi la pancia continuassero a chiedermi ‘novità?’. Ho vinto il concorso e ho fatto la Resistenza, davvero non capivo”. Sono più di 300 in totale le donne intervistate, non compaiono tutte nel film, alcune hanno parlato per oltre 40 minuti».
Difficile stabilire con precisione la mole di ore di girato ma qualcosa che supera le 600 ore viene pubblicato nel sito lunadigas.com, un progetto multimediale che parte nel ‘91, un archivio vivo a cui accedono atenei e studi di genere. Nel 2015 il lavoro di ricerca intorno al tema è stato presentato come webdoc. Alcune tesi di laurea sono state realizzate sul documento Lunàdigas, l’Università Cattolica di Milano ha istituito un corso di studi e ricercatori dell’indirizzo marketing sono stati impegnati a lanciare il progetto.
L’intenzione attuale è quella di dar seguito al teaser internazionale che vede il film in giro per i festival di cinematografia. Nicoletta Nesler, autrice cinematografica e regista, sostiene: «Ostinatissime, io e Marilisa continuiamo a credere che questo lavoro cresca nel contenuto che l’ha immaginato. E’ vero, noi siamo partite da noi e da una cosa che conoscevamo davvero bene, con l’idea di voler dire tutto tranne “non madre è bello” ma oggi la risposta continua ad essere “finalmente se ne parla” - dettaglia Nicoletta Nesler - la persistenza di quel bisogno di parola è maggiore della ricerca di senso da cui forse noi due siamo partite. Si esprime tecnicamente in quel che dice Marilisa quando afferma che ognuna delle testimonianze ha l’unicità di un’impronta digitale, io aggiungo che ognuna è un enzima».
Lunàdigas film e lunadigas.com sono lo stesso percorso che finisce per interrogare uomini e donne. Spostandosi tra i vari contenuti ognuno può contribuire con la propria storia e diventare regista di sé. Un luogo d’incontro antico come la parola, per un altro modo di nominare, tra fertilità e continuità, ciò che con precisione millimetrica coincide col verbo “generare”.
Anna Maria Turra