Maria Lai. Di Terra e di cielo, la mostra a Ulassai
40 anni fa venne messo un tassello fondamentale nella storia dell’arte. Un frammento su un paese di 1300 abitanti nel nuorese, Ulassai. Non pensava di stare al centro del mondo. Ma lo sapeva perfettamente l’artista di Legarsi alla montagna, Maria Lai. Una figura con un talento smisurato, e fortemente legata alla sua terra. La sua mente però viaggiava, non aveva confini. Un tratto che accomuna la maggior parte dei creativi. Ma lei era davvero oltre. Guardava il futuro come se fosse a un passo dal presente. C’è solo un filo che li lega, di colore azzurro come quello usato in occasione della sua opera, la prima forma d’arte relazionale.
Le origini di Legarsi alla montagna
Legarsi alla montagna nacque da un’iniziativa del comune, che voleva rendere omaggio ai Caduti durante la Guerra. Lei però si rifiutò di creare qualcosa di stantio che non riusciva a trasmettere un messaggio forte ai cittadini del luogo. L’unico modo era di renderli partecipi dell’opera, diventandone i soggetti. Maria Lai si ricordò dunque di una leggenda che si respirava ancora per le vie del borgo. Sa Rutta de is’antigus, così veniva chiamata. Bisogna tornare indietro di molto tempo per immergersi in quel racconto. Una storia che può essere letta in vario modo. Per alcuni fu una catastrofe; per altri invece un vero miracolo. Ma andiamo con ordine. Era il 1861 quando una sporgenza rocciosa si staccò dalla montagna, arrivando a colpire un casolare che si trovava nei paraggi. Lì vivevano quattro bambine. Tre rimasero uccise; ma solo una sopravvisse. I residenti notarono però un particolare curioso. Un nastro azzurro che la piccola teneva stretta con se. Quel fenomeno naturale nascondeva dunque un episodio inaspettato, che generò un senso di meraviglia tra i residenti, che continuarono fino ad oggi a tramandarlo ai posteri.
La leggenda del filo celeste fu usato all’epoca come simbolo di Legarsi alla montagna, un installazione che doveva servirsi del singolo cittadino per funzionare. Maria Lai, bisogna dirlo, non ebbe vita facile vista la diffidenza dei residenti. Inoltre, non si deve mai sottovalutare gli screzi tra i vicini se si vuole creare un’opera corale. Ma alla fine un compromesso si trovò: dei pezzi di su pani pintau legati al nastro. Ma solo per le famiglie legate da un sentimento profondo.
L’inaugurazione di Casa Museo Cannas
40 anni dopo, il Comune di Ulassai e la Fondazione Stazione dell’Arte svelano l’ultima novità in città. Una nuova mostra dedicata all’artista dal titolo Maria Lai. Di Terra e di cielo. Non solo. Con questa esposizione apre per la prima volta il CAMUC - Casa Museo Cannas, acquistato 25 anni fa dall’amministrazione comunale per renderlo accessibile al pubblico. «Dopo un accurato lavoro di recupero architettonico e riqualificazione funzionale, - afferma all’ANSA il sindaco di Ulassai Gian Luigi Serra - possiamo restituire alla comunità un luogo significativo del nostro paese capace di incrementarne ulteriormente l\'offerta culturale e di attrarre nuovi flussi di visitatori».
Saranno due i percorsi espositivi della mostra di Maria Lai. Di Terra e di cielo. Il primo porterà il pubblico dritto verso gli spazi interni del Camuc, mentre c’è un altro che si trova nella zona esterna verso il centro storico.
L’esposizione, gestita da Davide Mariani e firmata dallo studio di architettura laiBE di Roma, metterà insieme oltre cento opere tra foto, filmati e bozzetti, insieme a delle recenti acquisizioni avvenute grazie alle donazioni ricevuti dai nipoti di Maria Lai alla Fondazione Stazione dell\'Arte nata nel 2004.
Riccardo Lo Re