Mogoro e Samugheo, la differenza tra i tappeti sardi
La realizzazione dei prodotti tessili in Sardegna ha un\'origine antica: un commercio dei tappeti e degli altri manufatti della tradizione sarda esisteva, secondo la ricostruzione storica e i ritrovamenti, fin dai tempi degli antichi Romani. La produzione è stata stimolata soprattutto dall\'abbondanza di una materia prima come la lana ovina, utilizzata come filato. Le fibre tessili di origine vegetale erano costituite dal lino, dalla canapa e dal cotone; lo sono tuttora.
La tecnica tradizionale utilizzata dai tessitori sardi per la creazione dei tappeti è la tessitura con telaio verticale. L\'attività è stata tramandata di generazione in generazione e alcune famiglie sarde vi si sono specializzate, dando vita a laboratori artigiani o aziende di più ampio respiro.
Il telaio verticale, costituito da due montanti verticali e due assi mobili fissati su di essi, consente limitate variazioni tecniche, motivo per cui, in passato, veniva utilizzato per la produzione di grandi coperte policrome e di un particolare tappeto tradizionale detto tapinu e mortu, parte del corredo funebre. La produzione del tapinu e mortu è cessata all\'inizio del Novecento ed è stata sostituita dalla fattura di tappeti moderni, creati sulla base della lavorazione delle antiche coperte colorate. La tecnica normalmente impiegata per la realizzazione dei tappeti sardi è la tessitura a fessure poi vi è quella utilizzata dagli artigiani sardi detta tessitura a grani. Si tratta di una lavorazione del tessuto, generalmente lana bianca o ecrù, che prevede la sovrapposizione di un filo più spesso (il tramone) su una trama di fondo. Il tramone viene fatto entrare nel passo, sollevato con le dita e disposto in modo da formare anelli in rilievo detti pibiones, i quali, disposti secondo uno schema, vanno a formare il disegno nel tessuto.
La parola pibione in sardo significa acino d\'uva ed è stata associata agli anellini di filato che costituiscono i grani in questa particolare tecnica di tessitura tradizionale.
I pibiones sporgono dal tessuto creando un\'alternanza tra tessuto in rilievo e tessuto in basso rilievo. Questa tecnica viene utilizzata per la produzione di tappeti, ma anche di tende, dei copriletto tradizionali detti fanugas, di cuscini e tovaglie. I tappeti a pibiones erano generalmente monocromatici ma oggi moltissimi innovatori si stanno cimentando nella manifattura di tappeti a grani moderni, sfruttando le opportunità offerte dagli effetti cromatici messi ancor più in evidenza dal disegno in rilievo.
È sicuramente Mogoro, il paese in provincia di Oristano, a detenere la maggiore tradizione tessile. In particolare, Mogoro si distingue per la produzione di tappeti e arazzi. I tappeti sono generalmente lavorati a pibiones e presentano motivi zoomorfi o vegetali, nel rispetto dei tipici motivi dell\'artigianato sardo. Ogni anno a Mogoro si svolge la Fiera dell’Artigianato artistico della Sardegna, un grande evento durante il quale moltissimi artisti del tappeto e non solo espongono i loro lavori.
Anche Samugheo, in provincia di Oristano e situato in una zona detta Porta della Barbagia, vanta un\'importante tradizione tessile relativa ai tappeti sardi. Qui si trova il MURATS, Museo unico regionale dell\'arte tessile sarda, nel quale è esposta una vasta collezione di tappeti samughesi, accompagnata da una altrettanto ampia esposizione di opere della tradizione tessile delle altre zone della Sardegna. Sarà al Murats che l’Aga Khan lascia nel 2015 la donazione di 500 mila euro per farsi perdonare l’impossibilità a partecipare, un telegramma di scuse raggiungerà il direttore del museo Baingio Cuccu.
Sartapp è l’azienda di tappeti che alla guida ha Fabrizio Sanna, il più giovane imprenditore sardo che dichiara: «È vero nel tappeto di Samugheo è maggiormente presente il pibiones ma oggi sostanzialmente la produzione si differenzia per il design aziendale, sia a Mogoro sia a Samugheo si sta lavorando molto sulla modernità. Tecnica e design sono una combinazione che fa funzionare la produzione regionale del tappeto rendendola appetibile anche a realtà internazionali.»
Mentre Marinella Staico, stilista moda sarda, che di realtà esterne se ne intende, dichiara: «Adoro partecipare con la mia collezione a Tessingiu a Samugheo dove acquisto i tessuti per i miei manufatti. Mi sento a mio agio anche alla fiera dell’artigianato artistico di Mogoro, quest’anno col record di 13mila visitatori, o al Narami una mostra antologica dei tappeti sardi che, tra l’altro, nella nostra lingua significa dimmi.»
Esempi di tappeti oltre che nella vetrina online della Regione Autonoma della Sardegna, sono esposti presso l’Isola Shop dell’aeroporto di Cagliari Elmas, in quello di Olbia: nell’air side o ad Arzachena nello spazio Insula del Cipness, a Cagliari al centro Isola Sardegna. Spesso accanto ai tappeti si espongono esemplari di artigianato in ceramica.
Wilda Scanu, la presidente della Su Trobasciu, un’impresa e una cooperativa che realizza broccati, composta da sette donne, spiega che “broccati” è anche il nome per indicare una tecnica, in sardo bagas, dove trame supplementari, che cioè determinano il disegno dell’arazzo, si stagliano colorate su un fondo di tela. «Noi a Mogoro non abbiamo mai utilizzato la tecnologia mentre Samugheo concentra la produzione con telai meccanici - dichiara Wilda Scanu - per certi versi potrà sembrare penalizzante. Tuttavia, concentrandoci sugli arazzi tradizionali o moderni, continuiamo ad essere riconosciuti per quegli elementi distintivi che ripercorrono la storia e si riconoscono anche nelle forme della filigrana dei maestri con nomi come Eugenio Tavolara. E oggi che a firmare la nostra produzione sono i nuovi designer, come ad esempio Carolina Melis, l’unicità dell’isola è percepita nelle collezioni intere che spaziano tra arazzi, tappeti e cuscini.» Solo donne compongono il team di Su Trobasciu, termine che significa ‘telaio’ in lingua sarda, procedendo in una trasmissione matrilineare di arti tessili: al telaio le donne mogoresi producevano i tessuti che componevano il corredo, da quelli utili come i tovagliati e le coperte, a quelli decorativi come gli arazzi, dando libera espressione ad una creatività che si tramanda da secoli grazie ad un legame indissolubile che lega tra loro diverse generazioni.
Mario Garau di Samugheo per la sua competenza viene definito il meccanico del telaio, a soli 10 anni impara la tessitura con la nonna ma vergognandosi di fare un lavoro femminile è decisissimo a cambiare strada. Rimanere accanto ai telai gli ha portato fortuna: non solo è in grado di ripararli ma è responsabile di molte tra le più audaci ispirazioni nel design del tappeto sardo e, utilizzando anche l’orbace, si orienta in altissimi livelli qualitativi nella filiera che va dalla pecora al tessuto; oggi Mario Garau è uno tra i più importanti intenditori che spazia tra i tessuti dei tappeti e quelli dei costumi tipici sardi.
«Abbiamo una presenza di oltre 2 milioni di pecore in Sardegna, il rischio è trasformare questa abbondanza di materia prima nella concezione di materia secondaria o peggio superflua, per questo l’obiettivo è custodire e valorizzare tutte le parti del vello delle nostre pecore, vado a prendere direttamente la lana negli ovili e, senza alcuno scarto, produco i diversi tessuti per le diverse destinazioni, per esempio con lana dell’agnello, più morbida, faccio le calze e così via.»
L’artigianato sardo si tramanda da secoli ed è tuttavia in grado con fierezza di raccontare ancora oggi la propria storia.
«Mogoro ha mantenuto una tradizione del tappeto sardo dal prestigio millenario - precisa Mario Garau - Samugheo si è orientato su una domanda del mercato con svariate tipologie e sfaccettature, proponendo le diversificazioni dettate dalla moda: tendaggi, tappeti e arazzi che possono essere indifferentemente posti sul pavimento o su di una parete.»
Anna Maria Turra