Multietnica e cosmopolita, ecco la collezione Dior Cruise 2020
“Con la cultura si impara a vivere insieme; si impara soprattutto che non siamo soli al mondo, che esistono altri popoli e altre tradizioni, altri modi di vivere che sono altrettanto validi dei nostri” (Tahar Ben Jelloun – ll razzismo spiegato a mia figlia).
Fra palme e mura antiche, nel cuore di Marrakech, si erge il sontuoso Palazzo El Badi, “l’Incomparabile”, un edificio ricco di storia e di arte che per una notte ha accolto l’incantevole Collezione Cruise 2020 di Dior.
Fiaccole e candele hanno illuminato la piscina al calar del sole, e con l’ipnotico sottofondo di musiche berbere, la nuova collezione di Dior si è rivelata un inno al multiculturalismo, grazie all’abilità della direttrice artistica Maria Grazia Chiuri di fondere tradizioni e culture lontane con il savoir-faire della Maison parigina.
Il Marocco, punto d’incontro tra Mediterraneo, Europa e Africa, è un prezioso crogiuolo di antichi saperi, di diversità etniche e di nuovi fermenti internazionali. Fu proprio a Marrakech che Yves Saint Laurent, prendendo le redini della Maison Dior dopo la morte del suo fondatore, ha vissuto e lavorato a lungo, e ancora oggi la città è un luogo fiabesco e inclusivo, di cui il defilè ha saputo restituire l’anima con un caleidoscopio di immagini, colori e contributi speciali.
Fulcro della collezione è il tessuto wax, perfetto testimone dell’incontro fra tradizioni: messo a punto dagli Olandesi, destinato agli indonesiani e poi approdato in Africa occidentale, questo batik industriale nato a metà del XIX secolo ha conquistato Maria Grazia Chiuri per la sua storia multietnica, sapientemente raccontata dall’antropologa Anne Grosfilley nel libro Wax & Co. Antologia dei tessuti stampati d’Africa. L’uso originale che Dior ha fatto del tessuto raggiunge l’obiettivo di armonizzare le diversità, innestando la sua trama nei codici della Maison.
Per realizzare il wax della sfilata, Maria Grazia Chiuri ha collaborato con la fabbrica e l’atelier di Uniwax in Costa d’Avorio, dando vita a un’edizione speciale “wax toile de Jouy”, ora rielaborando i paesaggi esplorati per le collezioni recenti, altrove reinterpretando le carte dei tarocchi, e declinando le stampe in mille colori e versioni.
Raffinate principesse africane e curiose esploratrici, cittadine del Nord Africa come del mondo, figlie della cultura marocchina e cosmopolita incedono sui tappeti ricamati indossando creazioni affascinanti, ora prendendo spunto dalla linea Jungle di Marc Bohan, ora dai colori e dal bestiario della savana. Le stampe, gli jacquard, i “fil coupé” e i foulard raccontano di quei paesaggi che hanno ispirato il lavoro di tanti scrittori e registi, come Albert Camus, Paul Bowles o Bernardo Bertolucci.
In questa dimensione multiculturale, Dior si confronta anche con la potenza della Natura, evocandola attraverso materiali come la garza di seta, la seta écru, lo shantung, e declinandoli in colori sabbiati, blu indaco, ocra, rossi bruciati, dando nuova vita a cappotti e tailleur, gonne a pieghe o pantaloni. I caftani ricamati rivisitano i motivi tradizionali, così come largo spazio viene lasciato a capi e linee intramontabili, a gonne di tulle, giacche militari, jeans, trasformando il classico lavoro di atelier e di bottega artigianale in una sorta di factory contemporanea. E così, i tarocchi incontrano le giacche più iconiche, i maxi dress si sposano alle borse logate, e i richiami tie-dye sono riletti in chiave moroccan. I sandali alla schiava sfoggiano tacchi medi, i mini dress ricamati e preziosi vestiti da sera sono indossati sotto caftani sagomati, e l’antivento camouflage protegge le sere più fredde con un originale effetto meltin’ pot.
Per questa splendida collezione Chiuri ha collaborato con stilisti e artisti di spicco di varie origine e cultura, evitando di proposito l’effetto “cartolina d’Africa”. Tra questi Pathé Ouédraogo, uno dei più importanti designer africani, che per la collezione ha realizzato una camicia omaggio a Nelson Mandela, e poi Grace Wales Bonner e Mickalene Thomas, che hanno reinterpretato l’iconica silhouette della giacca Bar abbinandola alla gonna; ma anche il celebre creatore di cappelli Stephen Jones, che ha collaborato con due professioniste specializzate nella confezione di turbanti e fasce di seta, Martine Henry e Daniella Osemadewa.
Per il set design dello show la Maison si è affidata a Sumano, un progetto di grande rilevanza sociale che ha l’obiettivo di recuperare la tradizione artigiana femminile delle tribù del Marocco.
Tradizioni, luoghi, culture, savoir-faire, tutto si mescola su una passerella che condensa realtà e sogno, sotto lo sguardo stregato delle tante celebrities presenti, fra queste Lupita Nyong’o, Shailene Woodley, Karlie Kloss, Emmanuelle Seigner e Jessica Alba. Come una regina Diana Ross alla fine dello show è salita sul palco e si è esibita in una performance a sorpresa. Il miraggio è servito.
Nathalie Anne DoddCredits
- Photo by Ali Pazani on Unsplash