Nivola, un viaggio artistico on the road
Costantino Nivola, nato a Orani, è stato uno degli esponenti di punta dell’arte del Novecento. Un uomo legato alla sua terra, la Sardegna, ma che allo stesso tempo ha accolto ogni evoluzione del suo tempo. Il suo dinamismo è stato al centro di diverse iniziative in occasione della mostra Nivola: Sandscapes al Magazzino Italian Art. Il volume TINO, Nivola in America è una collezione fotografica attraverso la quale Marco Anelli è riuscito a coniugare la tecnica con una narrazione completa dei soggetti immortalati, utilizzando sapientemente il bilanciamento tra luci e ombre.
In quello stesso periodo Cristian Chironi, cresciuto nello stesso paese di Nivola, con New York Drive si è messo letteralmente in moto a bordo di una camaleontica Fiat 127, traendo ispirazione dal suo stile e dal percorso compiuto dal nipote Daniele verso Orani per riportare alcune opere rimaste nella sua vecchia abitazione toscana.
Com’è stato per lei vivere l’emozione di quel viaggio?
«New York Drive è stato un viaggio epico. Partire da Orani a bordo di una Fiat 127 e ritrovarsi a guidare per le strade di New York è stato sorprendente e allo stesso tempo normale, un mix di sentimenti speciali eppur quotidiani. Con questi viaggi intreccio una serie di riflessioni sui temi della mobilità, dell’attraversamento delle frontiere, dell’abitare e delle trasformazioni sociali, analizzando la distinzione tra vita nomade e vita sedentaria e combinando insieme performance, architettura, urbanistica, design».
Che cosa ricorda di ciascuna tappa?
«A New York ho guidato da Cold Spring, fiancheggiando il fiume Hudson sino a Yonkers, entrando nel Bronx per spingermi dentro Manhattan e poi Brooklyn, Queens e Long Island. La tappa a Springs è stata significativa perché fatta tra le case che hanno formato la comunità artistica locale, tra cui Pollock, de Kooning, Steinberg e Nivola. A Manhattan, partendo dal garage del Consolato italiano, ho percorso il Midtown passando dalla sede delle Nazioni Unite, progettata anche da Le Corbusier, che mi interessava come luogo di deterritorializzazione».
Può spiegarci il significato che cela dietro a questo modello?
«La Fiat 127 Special è stata ribattezzata Camaleonte per la sua capacità di mutare colore della carrozzeria a seconda dei contesti in cui si presenta. Una ‘macchina per abitare’, personalizzata seguendo gli accostamenti cromatici tipici delle case di Le Corbusier. Accanto all’auto si sviluppa una tastiera “architettonica” che contiene le associazioni di 43 tonalità, ognuna delle quali produce un effetto atmosferico. Combinando i diversi accordi di colore sulla carrozzeria dell’auto, concepisco fino a 288 variazioni».
Come ha reagito la comunità di fronte a questa iniziativa?
«Con grande partecipazione. La performance ha invitato il pubblico a fare un giro sulla Camaleonte creando una piattaforma itinerante per conversazioni informali, incontri, riflessioni condivise e intime sulle nozioni di “casa”, alloggio, viaggio e ospitalità. C’è chi è stato più aperto al dialogo e chi all’ascolto delle composizioni sonore create per il progetto, in collaborazione con musicisti diversi, tra cui Paolo Fresu. Quando i passanti vedevano la Fiat 127 Special girare per la città, un sorriso si stampava sui loro volti e il loro stato d’animo cambiava così come l’umore della città».
A bordo sono salite svariate persone, da operatori artistici, galleristi, fino a giornalisti e studenti. Che cosa le è rimasto di quegli incontri?
«Tra i momenti più belli ricordo quello a Springs con Amy Oppenheim, moglie dell’artista Dennis, che mi guidava nei posti dove loro trascorrevano le giornate e in quel momento Oppenheim era in auto con noi, perché la Fiat 127 Special è anche una macchina del tempo, dove passato presente e futuro convivono talvolta nello stesso momento. Ricordo anche quando si è rotto il cambio e il copilota Brett Littman, direttore del Noguchi Museum, ha spinto l’auto sino al garage o quando ho ceduto la guida a Jess Frost, direttrice dell’Arts Center at Duck Creek a East Hampton, regalandole un momento che anche lei non dimenticherà facilmente».
Riccardo Lo Re