Riva: «Après moi le déluge»
Muore a 85 anni l’artista della moda particolarmente amato per i suoi abiti da sposa. Nel tempo aveva sviluppato un linguaggio personale, una carriera longeva costellata di successi e riconoscimenti. Caratterizzato dalla tensione, da un’energia in potenziale ben rappresentata da tutte le sue opere, ambasciatore dello stile italiano nel mondo, Lorenzo Riva, apprezzato da star internazionali, inizia la sua carriera da giovanissimo. È figlio di una modella appassionata di alta sartoria e già i suoi primi lavori gli faranno guadagnare il prestigio di accostamenti con lo stile di Yves Saint Laurent.
Il mondo comincia a definirlo come “il sarto delle spose” e, il fatto che il suo primo abito nuziale fosse stato creato all’età di 11 anni per la sorella, mostra che la sua è una vera e propria vocazione, mentre il fatto che fosse gay, lo fa muovere come in una tra le innumerevoli banalità di cui non dar conto. «Ho capito la mia natura a 6 anni quando mi sono innamorato di mio cognato: era bellissimo... Per fare moda ci vuole sensibilità, chi mi conosce dice che ho una visuale maschile unita a una sensibilità femminile»
Un atelier a soli 18 anni ed è al ‘72 che risale il debutto in passerella della sua prima collezione di Palazzo Pitti a Firenze; anche gli anni successivi sono scanditi da tappe che raccontano di un crescendo creativo e imprenditoriale: due nuovi atelier in società con Luigi Valietti; il debutto sulle passerelle romane dell’alta moda; le sue linee di prêt-à-porter sulle passerelle milanesi che dagli anni Novanta rivoluzioneranno un pensiero rendendo Riva l’imprescindibile protagonista negli anni a venire di Alta Roma.
Resta nella leggenda l’esordio da direttore artistico di Balenciaga all’inizio degli Anni Ottanta. Ed è proprio il Museo Balenciaga di Getaria a tributargli, lo scorso marzo, una mostra con oltre 9 mila disegni provenienti da una collezione inedita: “Disegni dalla Maison Balenciaga (1943-1964). La collezione Riva. Archivio Storico dei Paesi Baschi.”
«Ogni disegno è un progetto - spiegava nel 2022 Lorenzo Riva, orgoglioso di sottolineare che alcuni suoi abiti erano presenti in mostra. - Contiene il seme di un’idea destinata a diventare il sogno di un’intera generazione di donne. Sono disegni capaci di farci scivolare dietro le quinte di un atelier leggendario, dove sono stati creati gli abiti che negli anni Cinquanta hanno fatto la storia della moda»
A Como, città d’elezione, risale la sua ultima apparizione pubblica per l’eterno ragazzo che, nato a Monza, morirà proprio al San Gerardo della città natale, per complicazioni legate al Covid.
Al Museo della Seta ha luogo la prima mostra allestita sulla sua carriera a cura di Paolo Aquilini, è un’esposizione straordinariamente suggestiva che racconta 50 anni di luminosa attività, le relazioni umane e professionali intessute dallo stilista tra pezzi iconici e rassegne stampa internazionali; svettano gli schizzi e l’anima palpitante di un uomo la cui creatività è stata accesa dai più grandi artisti del Secondo Dopoguerra italiano.
Lorenzo Riva annovera, tra le personalità celebri che si sono a lui affidate, nomi che vanno da Isabella Rossellini, Penelope Cruz, Jerry Hall a Emmanuelle Seigner, Carmen Maura, Lana Marks, Whitney Houston, Chiara Mastroianni, Ivana Trump, Mafalda d’Aosta, la principessa Claude de France, Martina Stella e Manuela Arcuri. Per il cinema è stato tra i costumisti più ambiti: nel 1999 per Monicelli ne I panni sporchi, o per Tornatore ne La migliore offerta del 2015. Ed è davvero diifficile pensare ad uno stilista più in linea ascendente con l’arte di Lorenzo Riva: dedica una delle sue più note collezioni ai dipinti di Mimmo Rotella, i suoi vestiti sono dirette rielaborazioni di celebri opere di Fontana e Baj.
A chi gli chiedeva se ci fossero suoi eredi, Lorenzo Riva, rispondeva: «Après moi le déluge - dopo di me il diluvio - Nessuno può continuare la mia vita nel mondo della creatività. Non ho mai amato fare proseliti e non lascerò a nessuno».
Mentre a chi gli chiedeva: «Ha paura di qualcosa?», rispondeva: «Solo di morire, perché ho ancora tanto da dire».
Anna Maria Turra
Credits:
-Bruno Cordioli