Roberto Giacobbo a Siliqua, verso il castello di Acquafredda
Natura. Scienza. E ora, a Siliqua, il conduttore Roberto Giacobbo è pronto a cimentarsi nella storia. Una scalata ripida, tortuosa, alla scoperta di una delle figure più emblematiche del periodo medioevale, il Conte Ugolino. Tutto ciò è stato compiuto seguendo, però, un percorso lineare, senza mai cadere con entrambi i piedi nella trappola del mito, che ha visto in Dante uno dei maggiori interpreti. In questa puntata di Fredoom, dopo la Capo Caccia e il Sardinia Radio Telescope, Giacobbo si sposta a metà strada tra Cagliari e Iglesias. Molti avrebbero pensato che la sede più adatta per raccontarlo fosse Pisa, la sua città natale. E invece il conduttore ha optato per un posto che portò molta fortuna a Ugolino della Gherardesca. Una roccaforte costruita attorno a un paesaggio dominato dalla natura.
Conte Ugolino, una figura nel mezzo tra storia e natura
Il conte si è sempre posto nel mezzo. Nato a Pisa nel 1210, si trovò al centro di uno scontro tra due acerrime fazioni. Da un lato, chi appoggiava il potere papale, i guelfi; e dall’altro, i sostenitori del Sacro Romano Impero, i ghibellini. Un contrasto acceso che andava oltre le idee politiche, di cui Ugolino divenne uno dei protagonisti durante la prima parte del Medioevo. Ad accendere la miccia fu la sua collocazione in un palcoscenico dove in gioco c’era il potere sulla città di Pisa. Il sangue lo avrebbe portato dalla parte ghibellina, ma il cambio di casacca fece piuttosto trambusto. E gli effetti non tardarono ad arrivare. Come spiega Roberto Giacobbo in Freedom, c’è chi lo marchiò come traditore, e chi, come i guelfi, lo ritenne un uomo affidabile. Eppure, il Conte Ugolino ce la mise tutta a creare più nemici di quanto non fosse necessario. Del resto, era in mezzo a una guerra. A lui non interessò nulla se non accumulare potere (divenne podestà nel 1284), usando la strategia come arma. Poco importa se questo comportò lo scontento sia della nobiltà che del popolo, in un momento di forte crisi economica per Pisa.
Verso il castello
Il castello di Acquafredda, situato sopra un colle di oltre 200 metri, è di certo l’emblema della forza del Conte. Anche qui, si trova nel mezzo tra due città, Cagliari e Iglesias, all’epoca conosciuta come Villa di Chiesa. Fu scelta quest’altura non solo per motivi strategici, ma anche per un discorso economico. Roberto Giacobbo pone l’accento sulla ricchezza mineraria della Sardegna, una fonte di guadagno e di potere per qualunque repubblica marinara. Pisa ebbe dunque l’occasione si sfruttare i giacimenti di zinco, piombo, ferro e argento, assumendo un controllo su oltre 500 chilometri quadrati e portandosi sull’isola le migliori menti toscane per l’estrazione dei minerali. Il risultato di questo processo risiede tutto nelle mura di questo castello, che sembra mimetizzarsi con la natura stessa.
La leggenda del Conte Ugolino, raccontata da Dante
E invece, è merito dell’uomo. O meglio, di uno solo. Ma del Conte Ugolino della Gherardesca si ricordano i passi della Divina Commedia di Dante, il quale, nel canto XXXIII dell’Inferno, lo inserì in uno dei gironi più nefasti. La sua avversione verso l’arcivescovo ghibellino Ruggeri, unita al vociferare degli eventi accaduti durante la sua prigionia, incisero sul suo contrappasso dantesco. In pratica, fu immerso in un lago di ghiaccio e costretto a mangiare la testa di un suo acerrimo nemico. Un’immagine agghiacciante, ma il motivo, come spiega Roberto Giacobbo nella trasmissione, è dovuto proprio alla leggenda ricamata sulla figura del conte, accusato di essersi cibato della carne dei figli e dei nipoti durante i suoi ultimi anni di vita. “Poscia, più che \'l dolor poté \'l digiuno”, scrive Dante nel verso 75. Di questo sono sorte due interpretazioni. La prima, a sostegno del mito, conferma il dominio dell’istinto di sopravvivenza, portandolo verso degli atti atroci nei confronti della sua stessa famiglia. La seconda parla invece di una morte sofferta dopo aver visto con i propri occhi la scomparsa dei propri figli e nipoti.
La parola alle pietre
Nel frattempo, il racconto si alterna con delle inquadrature attorno al colle, con dei colori vivi a sottolineare l’energia che si respira ancora in questi luoghi. E si vede anche nelle riprese a pochi passi dal conduttore, che guida lo spettatore verso l’entrata della fortezza. Qui, le leggende passano in secondo piano, di fronte a ciò che l’uomo negli anni è riuscito a realizzare. «Le pietre parlano. Sono testimonianze che rimangono nel tempo». E in effetti, la forma a spina di pesce delle mura del castello, tipiche delle costruzioni a Pisa, conferma la presenza del Conte Ugolino a Siliqua.
Nel corso della puntata di Freedom vengono offerte anche delle ricostruzioni in castello di Acquafredda in 3D, anche se il vero fulcro dell’intero racconto sta in ogni passaggio che dall’entrata della fortezza porta poi al Mastio, la residenza del castellano. Da qui, le parole sono superflue. Passando tra le fortificazioni e la torre di guardia, si arriva alla vetta del castello Acquafredda, dove le immagini, la panoramica del drone, e i colori della natura, descrivono con precisione quanto l’ingegno dell’uomo non abbia davvero confine, al di là dei suoi difetti rimasti immutati.
Riccardo Lo Re
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