Salvatore Mereu: «Dalla periferia si può arrivare al mondo»
Alla notte degli Oscar come ai David di Donatello, l’amore tra il cinema e la Sardegna è celebrato in tutto il mondo. Se Hollywood ha applaudito a marzo La Sirenetta, il lungometraggio della Disney girato tra Golfo Aranci, Santa Teresa, Aglientu e Castelsardo, l’Accademia del Cinema Italiano ha omaggiato Bentu di Salvatore Mereu con la nomination per la Migliore sceneggiatura non originale. Durante la cerimonia dello scorso maggio il premio è andato a Le Otto Montagne, ma la soddisfazione per il 58enne regista dorgalese, già vincitore di un David nel 2004 come Miglior regista esordiente con Ballo a tre passi, e candidato anche nel 2021 per la Migliore sceneggiatura adattata con Assandira, è tanta. «Non mi aspettavo che un film piccolo, che trae ispirazione da un racconto di Antonio Cossu, realizzato con gli studenti dell’Università di Cagliari, senza grossi distributori e dai bassi costi, potesse ottenere un tale riconoscimento», spiega Mereu. «La conferenza stampa in cui annunciavano i fanalisti l’ho guardata distrattamente, così, quando ho sentito il mio nome, sono sobbalzato: contro pellicole come Le otto montagne era una lotta impari», aggiunge il cineasta barbaricino, «ma sono felice di essere tornato ai David».
Prodotto dalla società Via Col Vento, di Mereu e della moglie Elisabetta Soddu, Bentu nasce come cortometraggio per un corso di regia e sceneggiatura all’Università di Cagliari, e racconta la storia di un anziano contadino, vissuto a metà del Novecento, che prepara la sua terra per l’arrivo del vento (“bentu” in sardo), che permette di liberare il grano dalla paglia. Un rapporto forte tra l’uomo e la natura. Come lo è spesso in Sardegna. «Il gap fisico tra il mondo del cinema e la nostra terra è grande, ma stare qui, sull’Isola, mi consente di raccontarla dal mio vissuto. E se un film così ha ottenuto una candidatura ai David, significa che dalla periferia si può arrivare al mondo», osserva Mereu. «Fino a vent’anni fa si raccontava la Sardegna come un mondo distante, primigenio, in una dimensione esotica o, peggio, la nostra isola veniva usata come fondale, ma da qualche tempo viene proposta da diverse angolazioni».
Merito anche di Mereu. «La verità è che mi piace raccontare il luogo in cui sono nato e cresciuto, e in cui vivo ancora oggi: è una scelta naturale e, per quanto mi riguarda, felice, anche se non premia se l’obiettivo è raggiungere il grande pubblico. Ma alla fine - conclude, - non lavoriamo per i premi. Sebbene facciano piacere».
Ilenia Giagnoni