Solitudine e anziani: la nuova sfida tra le rughe
Gli anziani di questo preciso momento storico sperimentano una nuova forma di solitudine e come se, meglio di ogni altra fascia sociale, fossero in grado di insegnare un altro approccio all’intimità tra simili, si cimentano in questa attuale sottrazione mettendo in campo straordinarie risorse. Vivono la solitudine e il distanziamento sociale da una parte come una nuova carenza e dall’altra dimostrando quanto questa condizione, che a prima vista appare una ferita da colmare, possa per molti versi divenire un’apertura sulla quale sostare.
La solitudine secondo James Hillman
«Vivere la solitudine e conoscersi sembrano essere due processi che si snodano lungo la medesima traiettoria» dice Aldo Carotenuto. Ed effettivamente avremmo un mondo interiore più povero se non avessimo della solitudine da donarci. La chiave sembra essere proprio nella capacità di stare con se stessi, incontrarsi nella condizione di isolamento come in una sorta di ritrovamento. Questo concetto è stato ripreso da James Hillman secondo il quale il fine di invecchiare non è quello di morire, ma di svelare il nostro carattere che ha bisogno di una lunga gestazione per apparire, a noi stessi prima che agli altri, in tutta la sua peculiarità.
La storia di Gemma
Gemma Sacco, 79 anni, vedova e imprenditrice in pensione, con un compagno la cui madre è centenaria, dichiara: «Trascorrere la Pasqua da sola e accorgermi che, superato il Natale, questa segregazione appare ancora invalicabile, è un’esperienza davvero innaturale; la nostra mente è biologicamente predisposta ad avere una necessità di legami. Mai avrei pensato di trovarmi in una simile emergenza, eppure per fortuna alla fine la ragione trova una strada.»
Lo scenario internazionale di una pandemia è il gioco che si fa duro per quella schiera di uomini e donne numericamente preponderante della nostra società. Gli anziani, straordinariamente colpiti da una nuova vulnerabilità, costretti a cimentarsi e a dare lezioni di stile sempre più complesse, ci consegnano ancora una volta la misura esatta della loro fibra. Nella possibilità di starci accanto resistendo o in quella di andarsene, soli e senza alcun conforto perché vittime del Covid, ecco che in questa generazione si manifesta una forza particolare. In fondo forse è proprio questa contingenza a determinare un carattere d’immortalità degli individui che passeranno alla storia per aver perso o mantenuto la loro immunità a un virus.
Il codice dell’anima di Hillman
Occorre l’altro per sentirsi soli, la presenza e il bisogno di un altro legame è il dato che riesce a far sentire isolamento, distanza, incomprensione e abbandono. Hillman, nel suo testo Il codice dell’anima, già agli inizi del secolo scorso, individua l’elemento tempo come la chiave di rivelazione del destino, inteso proprio come la realizzazione di ognuno; nell’intero saggio, che indaga su genio e vocazione, non dimentica di passare in rassegna anche le condizioni storico ambientali che influenzano tale percorso.
«Sbarazzarsi della solitudine è una pratica inefficace, un assunto sbagliato anche nei periodi di normalità - continua Gemma - Non è isolamento o clausura la fatica che oggi ci viene richiesta ma l’espressione di una stoffa esistenziale che proprio noi possiamo esibire e, ancora una volta, con maggior forza rispetto alle generazioni più giovani, quelle alle quali siamo maggiormente legati. A loro riusciremo a spiegare, forse proprio ricongiungendoci con la nostra solitudine, ciò di cui l’essere umano è più capace. Credo che ogni anziano abbia un dono che in molti chiamano esperienza. Ma credo sia la semplice accoglienza dei propri limiti. Pacificati dal tempo che ha avuto la meglio sulle nostre forze, guardiamo le cose da un altro punto di osservazione. Il che è di per sé il privilegio che quelli di noi che se ne sono andati non hanno avuto. Questo ci consegna una distanza, che per alcuni è vera e propria eleganza spirituale, con la stessa inconsapevole naturalezza con cui guadagniamo la simpatia dei bimbi.»
Il libro di Luca Pollini
Luca Pollini, scrittore e giornalista che si è addentrato in biografie di personaggi iconici e trasgressivi, è autore di Immortali edito da Morellini, e riferisce la riflessione della madre, la cui lucidità da sempre è fonte di ispirazione della sua vasta produzione letteraria. «Per noi anziani è inevitabile fare i conti con l’abbandono. L’attenzione di figli e nipoti rischia di diventare il pericoloso termometro del nostro valore. È una trappola da evitare oggi che l’emergenza globale dimostra ancor più chiaramente la fragilità della nostra specie; accontentarsi di una videochiamata non è un eroismo che ci viene chiesto ma una reciproca forma di protezione; un nuovo modo di prendersi cura l’uno dell’altro.»
A ogni età sentirsi soli o esserlo può fare una differenza netta, così come l’individuare l’incessante lavoro che sta dietro alla forza che i nostri capi branco sanno esprimere, può davvero coincidere con l’accettazione delle parzialità di ciascuno.
Anna Maria Turra
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