Terra e Oro
La Galleria Borghese di Roma ha di recente dedicato la mostra Terra e oro (a cura di Anna Coliva) a due produzioni specifiche di Lucio Fontana (1899-1968), quella della ceramica e quella dei dipinti, selezionate rispettivamente nel tema delle Crocifissioni e in quello dell’Oro.
Fontana è il primo artista italiano del Novecento esposto all’interno del Museo, dopo le rassegne dedicate a grandi figure quali Bacon, Giacometti, Picasso. Le opere erano circa cinquanta – realizzate principalmente nel decennio tra il 1958 e il 1968 –, allestite in un percorso che ha coinvolto due sale nel piano delle sculture e sei sale nella galleria delle pitture. La mostra si inserisce all’interno del progetto di ricerca sui concetti cardine della collezione e del luogo, Fontana, infatti, è stato invitato a relazionarsi con la Galleria come soggetto in sé, in quanto propria e specifica figura artistica. Gli spazi del Museo si rinnovano continuamente attraverso l’adattamento dell’ambiente alla statuaria, alle superfici dipinte, alle opere collezionistiche. Ad attirare l’attenzione dello spettatore sulla genialità del luogo in quanto spazio, e sull’importanza che esso assume in opere come Amor Sacro e Amor Profano di Tiziano, la Deposizione di Raffaello, la Madonna dei Palafrenieri di Caravaggio, il Ritratto d’uomo di Antonello da Messina o la Melissa di Dosso Dossi e le sculture di Gian Lorenzo Bernini, poteva essere chiamato solo il massimo innovatore dello spazio nell’arte moderna: Lucio Fontana.
© Fondazione Lucio Fontana by SIAE 2019
In un insieme straordinario di opere delle varie epoche della storia dell’arte, dove lo spazio – sommo problema dell’arte figurativa dalle sue origini – è “rappresentato” nella maniera più varia e innovativa, Fontana non lo rappresenta, ma lo crea. L’artista supera radicalmente le rappresentazioni che erano finzione e costruisce uno spazio nuovo. Il luogo concreto del reale, quello in cui noi tutti viviamo e interagiamo con le opere, il nostro ambiente fisico, non è più contrapposto allo spazio ideale, in sé definito e altro, che è quello dell’opera d’arte, ma si unisce con esso attraverso le fenditure sulle tele.
I dipinti d’oro di Fontana, che si fondono con la fisicità del luogo in cui si trova lo spettatore, acquisiscono ulteriore carattere metafisico: l’oro non è colore ma astrazione massima e antinaturalistica, ed è stato portato in un contesto, quello della Galleria Borghese, in cui la infinita varietà cromatica e la multiformità dei temi e dei soggetti penetra e informa di sé tutto l’ambiente. Oro dunque non più nell’accezione barocca di massima esaltazione dell’ornamento, bensì vertice strutturale della forma che racchiude nella sua materia visivo-compositiva la luce stessa, nella sua interpretazione sinteticamente fisica ed estetica. Oro come componente che, al pari di quanto accade nell’antichità classica, paleocristiana, medievale e rinascimentale, è sintesi di luce e spazio.
Per rafforzare la rivoluzionaria relazione estetica e concettuale che la Galleria ha innescato con i Concetti spaziali in oro di Fontana, sono state affiancate, dalla sua produzione di ceramiche, una serie di Crocifissioni, tutte fortemente scosse da un fremito scomposto di origine ancora barocca e dove infatti l’idea spaziale è trattata ancora come “rappresentazione”, come avviene nelle opere classiche, non con la soluzione dirompente che avrà nei “buchi” e nei “tagli”. Al fine di rendere evidente la grande diversità fra la trattazione dello spazio nell’arte antica e la portata esplosiva della dimensione altra conquistata da Fontana con tagli e buchi, i dipinti moderni sono stati mescolati nell’allestimento della collezione permanente nella galleria delle pitture, mentre le ceramiche sono state esposte nel piano dedicato alla scultura in una prospettiva visuale che le collocate sui fondali del salone, assieme ai mosaici e ai marmi antico-romani e barocchi. Il catalogo della mostra, edito da Silvana Editoriale, contiene un testo introduttivo di Anna Coliva e un saggio di Germano Celant.
Nathalie Anne Dodd
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