Titoli di coda, il campus di cinema a Rebeccu
Quando si arriva ai titoli di coda la gente sa che è la storia è giunta a una conclusione. Le luci si accendono, il momento più fastidioso di uno spettatore che si trova a dover tornare nella realtà che lo circonda. Certo, ci sono alcune eccezioni. Alcuni film ultimamente aggiungono delle brevi sequenze costringendo la gente a rimanere seduta fino alla fine, e la ragione è semplice. Il pubblico deve sapere che dietro a quel racconto c’è stato un lungo lavoro di produzione. Un processo in cui figure professionali si sono unite al fine di trasformare i sogni in qualcosa di reale. Non ci sono dunque i registi e gli attori, ma una squadra che, come tale, si serve di ogni singolo componente per raggiungere l’obiettivo. Il cinema è come un’orchestra, che in questi giorni andrà a popolare un piccolo borgo nel sassarese: Rebeccu.
Storia e realtà
Il paese (non è l’unico) si è andato via via spopolando diventando un villaggio quasi spettrale. Lo scenario perfetto per un film dell’orrore, potrà dire qualcuno. In verità ha tutte le carte in regola per rientrare nel genere, a cominciare dal mito che la popolazione ha ricamato attorno a questo paese. «Rebeccu è un luogo magico - afferma il sindaco Massimo D’Agostino all’ANSA - affacciato da un lato sulla pianura di Santa Lucia, dall\'altro sui vigneti del bonorvese, un tempo centro importante, è andato man mano svuotandosi fino a rendere realtà la leggenda-maledizione lanciata dalla principessa Donoria, figlia del Re Beccu: \'Rebeccu, Rebecchei da \'e trinta domos non movei\', tradotto \'Che Rebeccu non superi mai le trenta abitazioni».
La storia sembra scritta per il cinema. Una ragazza libera, bella, ma irrequieta. Una donna che per il popolo non portava nulla di buono. I suoi modi erano distanti dalle sorelle che lavoravano in casa e andavano in chiesa a pregare. Lei no. La sua vita era a contatto con la natura, i boschi e la sorgente di Su Lumarzu, dove passava giornate intere. In alcuni casi non tornava nemmeno a casa, trascorrendo la notte sugli alberi come Il barone rampante. La gente cominciava però a mormorare, ritenendo il suo comportamento indecoroso. Ed è qui che il padre, il feudatario di Rebeccu, decise di allontanarla.Una scelta fatale, considerando che quella maledizione ebbe i suoi effetti. La malaria colpì gli uomini, e le donne non ebbero più la capacità di avere figli. In poco tempo quel malaugurio si tradusse in una vera disgrazia, ma non tutto andò secondo il mito. Fortunatamente gli abitanti rimasti conservarono i resti di quel villaggio che ancora oggi mantiene la sua identità nei pressi del monte Cuccuru.
Il corso
Il borgo col tempo è stato ristrutturato, cercando di instaurare alcune imprese ricettive alberghiere attorno al paese. Per questa occasione, però, sarà il cinema a riempire le strade di Rebeccu, grazie a Titoli di coda, parte del festival itinerante MusaMadre-visioni|corpi|suoni curata da Enti locali per le attività Culturali e di Spettacolo. «L’obiettivo - sostiene la direttrice artistica Valeria Orani - di questa prima edizione è creare prima di tutto una comunità intendiamo riabitare un magnifico borgo antico e abbandonato e farne un luogo vivo di creazione».
L\'artista Tamara Bartolini si occuperà della gestione del campus insieme all\'attore e musicista Michele Baronio e alla squadra di Ostia Film Factory di Marco D\'Amelio. Per arrivare alla trasposizione filmica di una sceneggiatura gli studenti avranno modo di studiare il linguaggio cinematografico nel suo complesso, servendosi di telecamere, stabilizzatori portatili, droni e set audio. Al termine dei lavori seguirà l\'Aperitivo giornaliero con il regista Gianfranco Cabiddu, la producer Martina Rojas Chaigneau, l\'attrice Cristina Donadio e la costumista Stefania Grilli.
Riccardo Lo Re