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Una Banda di eredi, Seui si mostra al Nord Italia
15 Settembre 2023

Una Banda di eredi, Seui si mostra al Nord Italia


Calata al nord Italia, come hanno fatto i Barbari, la SeuinStreetBand si infila, divertita e chiassosa, tra le più note manifestazioni, passando dal Gran Premio di Monza alla Mestre operosa che si appoggia sulla laguna di Venezia.


Arrivano dalla Sardegna e, se dal mare salpavano gli Shardana, loro raggiungono il Nord in aereo, portando in giro con un bus la prima banda di strada sarda.


Nata da una tradizione secolare, si parla di figli e nipoti di strumentisti che nel Sud Sardegna hanno fondato una straordinaria possibilità di aggregazione, un contesto dove scelte e rigore accompagnano la vita di una comunità. Nella sontuosità di una funzione religiosa, di una processione, nei matrimoni e nei funerali l’apporto musicale della banda è molto più che un fiore all’occhiello. Ha il valore di un incremento di stile quando la forma ha a che fare coi principi espressi e condivisi da un’intera comunità. Quella storica di Seui è la Banda Gioacchino Rossini, fondata ai primi del 900 dagli avi dell’attuale SeuiStreetBand che oggi, con quasi 40 elementi, attraversa il versante Nord da Monza Brianza a Bergamo, Brescia, Milano fino a Venezia e ritorno.


La divisa ufficiale sostituita dalle magliette gialle che accendono le vie dei centri storici, i jeans strappati, tra gli ottoni e le percussioni, avanzano al ritmo di casse e rullanti; si segna il passo ordalico mentre si accendono sempre nuove coreografie.


Il direttore ha soli 26 anni e si chiama Adriano Sarais, si avvale dell’apporto del percussionista Francesco Oppes: sono maestri che insegnano a un gran numero di maestri o aspiranti tali. La scommessa è alta in una puntata di gioco che per molti è il conservatorio.



I componenti hanno età diverse, Sergio Bonifanti per esempio suona con il figlio Samuele che ha poco meno di 17 anni, non voleva accompagnare il figlio piccolo a studiare musica per poi tornare a riprenderlo dopo la lezione così, racconta, decide di prendere lezioni di musica anche lui. Oggi suonano insieme nella banda e le trasferte sono per loro straordinari viaggi non solo al di fuori dell’isola ma anche da quell’isolamento che i ruoli molto spesso impongono. Sanno scherzare insieme sull’autorità in un posto dove solo uniti si ottiene il meglio e sanno che, per ogni performance, c’è sempre un margine di miglioramento. Ignazio Aresu classe 65, di professione tecnico della rete ferroviaria, il trenino verde della Sardegna, vecchia tratta delle ferrovie complementari, racconta che il nonno è un socio fondatore della Banda Gioacchino Rossini: «E’ stato proprio grazie ad uno dei nostri bambini se è nata la streetband quando, vedendo la straordinarietà delle bande invitate a Seui, ci ha chiesto perché non potessimo anche noi diventare così.»   



Molto del lavoro a monte dell’amministrazione dà i suoi veri frutti nel presente, ma il terreno è stato lungamente lavorato da personalità indomite, che hanno creduto che ad ogni traguardo corrispondesse una rete solida, fatta di cura e rispetto. Così nelle collaborazioni con Dario Cecchini, il leader della più famosa banda di strada al mondo, l Funk Off, la SeuiStreetBand ricalca un criterio.


Nell’incremento di energia generazionale si struttura l’intera attività della banda, uno dei primi obiettivi del giovane direttore è stato chiedere a tutti di separarsi dalle partiture scritte. Esperienza che ha permesso, oltre che un rapporto più fisico con lo strumento, il coinvolgimento su più livelli di ciascun musicista e ovviamente la possibilità di attuare coreografie più significative e complesse.


«Qui, grazie a Seui, ho realizzato un mio sogno. - dettaglia il maestro Adriano Sarais - C’è una grande differenza tra i diversi strumentisti e tra i loro approcci, ma io ho chiesto ad ognuno di abbandonare gli scritti alla ricerca di un personale modo di vivere la musica, in un progetto che supera la sola esecuzione.»   


E tra le fila di questo risultato appare un gruppo che sembra aver introiettato quanto sia fondamentale vivere sul corpo l’emozione di una competenza acquisita. Così anche quel tatuaggio che il maestro ha addosso, una chiave di violino che avvolge una tromba, suggerisce che la formazione resta, imprescindibile, la regola base.


«Trovo giusto sottolineare che i nostri elementi sono tutti fondamentali ma non indispensabili,  - dice Stefano Gaviano, presidente della Banda Musicale Gioacchino Rossini e neo vicesindaco di Seui - non ci sono prigionieri né una gerarchia immutabile, chi insegna questo lo sa quanto chi impara. Non dimenticare questo dato credo che in fondo sia il segreto di ogni successo: divertirsi e mai derogare all’impegno.»   


Infatti la giovane clarinettista Irene Carboni sta svolgendo un corso di studi in Oklahoma e la banda, pur sentendone la mancanza, e facendo un tifo sfrenato per la sua esperienza di vita, non può certo saltare le date. Né le salta il padre di Irene che tallona la streetband come fotografo ufficiale, al suono di più di trecento scatti all’ora; solo Irene lo chiama babbo, gli altri Carbo, ma è noto come Kimbe, nome d’arte di Salvatore Carboni: di professione architetto, di fatto un artista polimaterico.


Tutto nell’esibizione bandistica si ricompone. E’ un contagio inarrestabile fin dai primi attacchi, le note si alleano in un repertorio che si intuisce scelto dalla passione. In evocazioni che diventano film sulla strada, tra pezzi classici e dello sconfinamento rock, funk, pop o jazz mondi interi vengono trasportati tra regioni distanti da generazioni che si stanno accanto. Raccolti consensi e contatti, suonare sulla strada è il simbolo di una messa in gioco, arrivare è lasciarsi accogliere. E Seui diventa lo strabiliante veicolo propagandistico della regione Sardegna. Mai nessuno tra loro sembra sottovalutare il percorso dalla grande banda Rossini alla neonata SeuiStreetBand: è in un processo che riporta alla fatica di quella Seui delle miniere, in cui ciascuno procedeva con circospezione e disciplina, ricorda come i barbari conquistati diventavano cittadini romani.


Anna Maria Turra



Credits photo Salvatore Carboni


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