I costumi nuragici di Angela Demontis
Sui costumi nuragici Angela Demontis è stata la prima a fare una sperimentazione e una ricostruzione fedele che finisce su Rete4 in Slow tour. A Geo&Geo le sue opere giungeranno da Sveva Sagramola: siamo nel 2013, la redazione Rai 3 vede arrivare le foto del suo progetto che viene subito selezionato dagli autori per una puntata sui popoli prenuragici.
Apparirà anche su Sky - canale Yacht&Sail nelle puntate su I popoli del mare, la trasmissione con Syusy Blady e Patrizio Roversi e oggi viene spesso citata in pubblicazioni nazionali e internazionali.
Figlia d’arte - la madre, Dolores Demurtas, è scultrice e ceramista, mentre il padre, Aurelio Demontis, è pittore e vignettista - nel 2005 pubblica il suo primo libro, Il popolo di bronzo, dove ricostruisce le fonti dei suoi studi, la sua ricerca che viaggia tra Iliade e siti di archeologia per approdare alla gamma di costumi e di profili dei suoi personaggi che sono per lo più guerrieri e capi tribù. Il libro è stato acquisito da numerose biblioteche di Università estere come Cambridge, Oxford, Harvard, Yale, Groningen, Heidelberg, forse perché meticolosamente lo studio parte dai bronzetti sardi: uomini e donne si distinguono chiaramente con caratteri che vanno dai segni del comando, bastoni o spade, agli indumenti e agli ornamenti rendendo la ricostruzione di quel tempo straordinaria e realistica.
Curiosa e inarrestabile Angela Demontis vaga tra le fonti storiche, i siti archeologici e i dipinti etruschi in grado di riconsegnare informazioni che aiutano a identificare le funzioni di ogni oggetto. L’osservazione degli affreschi, delle sculture e dei bassorilievi di altre civiltà mediterranee e non, così come lo studio della tradizione popolare sarda, sono stati gli strumenti fondamentali per individuare i possibili materiali e i colori che i popoli Nuragici potevano usare nel confezionamento d’armi, abiti e attrezzi. La produzione dei bronzetti nuragici è datata tra il X e VII sec. a.C, tra la fine dell’età del bronzo e l’inizio dell’età del ferro. L’opera di Angela Demontis accoglie un inedito e ricco lavoro di ricerca iconografica che porta alla luce tutti i particolari scolpiti sui bronzetti sardi che potrebbero, ad un’analisi veloce, passare inosservati. Se è vero che i Nuragici non conoscevano la scrittura, attraverso la scultura sono riusciti a tramandarci efficacemente le loro mode, usi e costumi. Ogni statuetta di bronzo riveste l’importanza iconografica di una moderna fotografia, in un’epoca in cui era importante lasciare una traccia di sé i mirabili artigiani Nuragici hanno prodotto delle opere di ritrattistica preziosissime che Angela Demontis ci consegna in particolari fedeli.
Fin da bambina i genitori, maestri d’arte, la portavano al museo archeologico; nasce quasi per gioco il suo progetto a Mandas, Cagliari, ispirato ai viaggiatori del mondo e a David Herbert Laurence. Diventerà una mostra itinerante che esordisce 10 anni fa nella sala dei bronzetti al museo archeologico naturale di Cagliari. In seguito, verrà esposta al museo delle scienze naturali di Torino: questa mostra consiste nella ricostruzione a dimensione reale dei costumi, delle armi e degli attrezzi di 10 personaggi scelti fra i più rappresentativi della bronzistica figurata nuragica.
Si diverte ben presto ad analizzare i fatti storici e a ricostruire i personaggi: come base di ricerca e studio sull’iconografia dell’abbigliamento delle antiche popolazioni, nel suo guerriero si evidenzia quanto il cuoio stratificato risulti resistente e protettivo. Alcuni personaggi le ricordano la maniera celtica, lei azzarda e procede con le ricerche; incontra leggende irlandesi a conferma degli elementi trovati in Sardegna e riconducibili alla sua storia. Come le else delle spadine fatte a forma di X, certe spirali ritrovate tra bastoni chiodati ed elmi con le corna pomellate. E infatti nella leggenda irlandese si descrive l’eroe di nome Setànta figlio del dio Lùg, il dio della luce che andava in battaglia con 4 strati di pelli in cerata.
La riproduzione dell’abbigliamento delle donne nuragiche presenta una linea di mantelli, cappelli come sombreri sopra il capo coperto dal velo a riparare dal sole, per mantenere l’antica condizione dell’incarnato chiaro assunto a simbolo di bellezza. L’orbace, utilizzata per ricostruire coi materiali le suggestioni della più arcaica provenienza sarda, porta ad investigare tra le piante tintoree per ottenere dalla natura gamme di colori ad imitazione delle pratiche etrusche, le cui informazioni arrivano intatte negli abiti tradizionali sardi.
La mostra ospitata nella Sala dei bronzetti nel museo di Cagliari, col patrocinio della Provincia di Cagliari, della Soprintendenza ai Beni Archeologici e del MIBACT, in 2 mesi di esposizione è stata visitata da oltre 20.500 persone. In seguito, la mostra è diventata itinerante e continua ad essere ospitata in numerosi comuni e musei archeologici dell’Isola e del nord Italia ad oggi in più 40 tappe.
Donatella Salvi, l’allora direttrice del museo archeologico di Cagliari con Carlo Tronchetti, archeologo, accolgono la mostra di Angela Demontis che dichiara apertamente entusiasmo e soddisfazione per il privilegio di poter accostare i suoi manichini ai bronzetti originali. Per tutti è un’ottima occasione per fare i confronti diretti tra i reperti e le ricostruzioni in scala reale, pensando a un mondo che non c’è ma che lascia immaginare come avrebbe potuto essere.
La mostra ora è di proprietà della Città Metropolitana di Cagliari che ne ha finanziato il progetto e l’intera realizzazione mentre lei rimane fedele ad un approccio filologico perché questo che le permette di entrare nei musei.
Angela Demontis è membro del CESIM di Sassari, il Centro studi identità e memoria, dove l’archeologa Giuseppa Tanda, nota per il suo lavoro sulle sepolture del neolitico, le domus de janas, fa una supervisione sui contenuti di ricerche e risultati.
«Non sgarro e sono severa nella ricerca per non scadere nella fanta archeologia e cerco di mantenere un’impostazione quanto più possibile scientifica, le cuciture dei miei abiti sono state viste e studiate proprio da me negli abiti dei musei del nord Europa, nel museo archeologico di Copenaghen dove i vestiti dell’età del bronzo sono in condizioni di perfetta conservazione.»
In un connubio tra archeologia sperimentale e arte contemporanea, Angela Demontis crea uno spaccato di realtà in cui vedere proprio come i nuragici vedevano se stessi.
Anna Maria Turra